Chissà se Claudio Mercandelli apprezza le canzoni di Angelo Branduardi. C’è infatti nella sua scrittura la stessa delicatezza fiabesca del musicista, quella capacità apparentemente infantile di far vivere fiori, farfalle, addirittura molluschi e sassi in contesti non umani, ma che in realtà incarnano tutte le nostre caratteristiche di “esseri pensanti” per comunicare attraverso loro metafore, sogni, speranze del nostro essere uomini e donne.



Mercandelli opera lontano dal contesto artistico di Branduardi, ma la loro capacità di stupore per la bellezza che spesso si nasconde dietro una realtà deturpata li accomuna. Giunto al suo esordio letterario, con Mi illumino di immerso. Appunti di speleologia di un’anima (Il Settenario, 2022) dopo una carriera come insegnante, Mercandelli ha raccolto in questo volume tre di quelle che lui stesso definisce “fiabe”.



Ci siamo dimenticati che questa formula narrativa da sempre considerata per bambini o adolescenti, in realtà ha sempre contenuto “un intento formativo o di crescita morale”. Lo dice lo stesso autore nella sua introduzione, citando lo psicanalista Bruno Bettelheim a proposito di cosa le fiabe propongano al lettore: “Un’educazione morale che sottilmente e solo per induzione gli indichi i vantaggi del comportamento morale, non mediante concetti etici ma mediante quanto gli appare tangibilmente giusto e quindi di significato riconoscibile”.

Forse è per questo che in un’epoca storica dove nessuno è più in grado di comunicare “intenti formativi” e “morali”, affogati come siamo nel nichilismo, nella delusione, nell’impotenza, nel crollo di credo religiosi o politici, nessuno ne scrive più. A parte Mercandelli, ovviamente.



Il suo intento è prima di tutto il recupero della forma “parola” anche questa andata perduta, oggi che non siamo quasi più in grado di reggere una penna o una matita, abituati come siamo a tastiere di computer o smartphone, tanto da aver perso il gusto di comporla, preferendo sciocche abbreviazioni, slogan preconfezionati, meme da chat di Whatsapp. Per Mercandelli c’è il ricordo di quando “capitava che a pulsare, grondare di energia, fossero le stesse parole che la didattica aveva avvicinato, sterilizzandole, rendendole cose asettiche, cosa morta”. Occorre perciò – aggiunge – “ritrovare quelle parole non ancora logorate dal linguaggio scarnificante degli adulti”.

Questa è la missione che si è posto l’autore e dobbiamo dire che ci è riuscito benissimo. I suoi racconti infatti ci portano a un mondo lontano, antico, ma vivissimo, perché parlano di noi attraverso deliziose metafore, che sia una margherita che si innamora di una farfalla o un mollusco che vive rinchiuso nel proprio guscio. Ci dicono di noi con una tenerezza incontenibile e ci affascinano per la sapiente capacità dell’autore di descrivere mondi fatati, miti, leggende. Insomma quei sogni che hanno reso irripetibile la nostra adolescenza. E ci porta per mano a recuperare il nostro stesso Io (non è un caso che la farfalla protagonista del primo racconto si chiami “Io”). Leggendolo, tanta è l’urgenza e il fascino che Mercandelli ci comunica, che difficilmente riusciamo a sospendere la lettura e andiamo avanti senza sosta, pieni di curiosità e stupore per vedere come la storia si sviluppi e vada a finire.

Mercandelli ha tantissime cose da dirci a proposito dell’amore, ad esempio: “Aver amato così tanto da accettare di perdere l’amata”. O a proposito di un falso concetto educativo: “Che la distinzione tra ciò che è vero e ciò che è falso sia appannaggio degli adulti e non dei più piccoli è una convenzione molto radicata, negli adulti ovviamente”.

Come suggeriscono titolo e sotto titolo, questo libro è una indagine psicologica del proprio Io, scoprendo dimensioni accantonate o mai appariscenti, soffocati come siamo dalla banalizzazione dei sentimenti e del cuore. Impossibile non riconoscersi nel mollusco che si rinchiude nel proprio guscio: “Sopravvivere era l’unico obbiettivo da perseguire, l’unica velleità, la sola ambizione”. C’è infine una urgenza particolare che si manifesta riga dopo riga: l’altro. Il prossimo senza il quale, ci fa capire l’autore, il nostro Io non si completa, perché siamo creature bisognose di una alterità a cui apparteniamo.

Scritto in modo accattivante, ricco di stimoli, è un libro caldamente consigliato agli adulti che vogliano scoprire il proprio sé dimenticato per comunicarlo ai più piccoli, che, ne siamo certi, rimarranno innamorati di questi racconti.

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