A Bratislava, il 12 settembre del 2021, chiacchierando con i suoi confratelli, Francesco ammise fuori dai denti quello che tutti sussurravano, ma nessuno aveva il coraggio di dire a voce alta. “Sono ancora vivo – disse con una certa punta di compiacimento a chi gli chiedeva del suo stato di salute –, nonostante alcuni mi volessero morto”. E poi ruppe un tabù: parlare dei panni sporchi, che dalla sua elezione non è più necessario lavare in casa. “So che ci sono stati persino incontri tra prelati, i quali pensavano che il papa fosse più grave di quel che veniva detto. Preparavano il conclave. Pazienza! Grazie a Dio, sto bene”.



È l’episodio da cui prende il via l’analisi di Gavino Pala sulle resistenze esterne, ma soprattutto interne, al governo della Chiesa di Jorge Maria Bergoglio. Mi volevano morto. Papa Francesco alle prese con i suoi detrattori (San Paolo, 2023) è il titolo ad effetto del volume che traccia i confini dell’opposizione dottrinale, pastorale e teologica a Papa Francesco in una fase del suo pontificato in cui abbondano le criticità.



Nella prefazione il presidente della Comunità di sant’Egidio, Marco Impagliazzo, parla di “processo di “ingrigimento della Chiesa”, le cui radici sono lontane. Processo che non è stato arrestato né tanto meno frenato dalla innegabile “primavera” portata dal pontefice arrivato dalla fine del mondo.

La fotografia che viene fatta dello stato del cattolicesimo è imparziale e spietata: incoraggiato dall’estrema franchezza con cui Francesco parla dei suoi oppositori, Gavino Pala offre una lettura preziosa dei passaggi cruciali del pontificato, riportando temi, discussioni, polemiche, tentazioni scismatiche e scandali con puntualità. Il suo lavoro è utile a mettere in fila quanto accaduto negli ultimi anni, quella che viene definita una “riforma” della curia “né rapida né brillante”, le resistenze alla visione di “Chiesa in uscita”, il dinamismo dialogante di Francesco reputato eccessivo e vagamente protestante, i piani e le strategie per orientare un prossimo futuro conclave, lo schema, forse un po’ troppo rigido, tra conservatori e progressisti nella Chiesa.



Lontano dall’essere un’opera apologetica, il volume ha casomai il difetto di essere fin troppo fedele nel registrare una certa narrazione, molto orizzontale, decisamente politica, delle diverse anime della comunità cattolica. Preoccupato di riportare giudizi di vaticanisti e osservatori, Gavino Pala forse perde di vista proprio il fine ultimo, quello di tracciare le linee del pontificato di Francesco, rimanendo abbagliato dai riverberi del suo governo sull’opinione pubblica, frutto della grande esposizione mediatica degli ultimi anni. Insomma manca proprio l’elemento profetico che ha segnato e segna il magistero del pontefice regnante. Che il Papa sia consapevole di non accontentare tutti è un dato di fatto, ma che questo non gli impedisca di “parlare” a tutti è ancora un dato incontrovertibile.

Uno degli elementi di conforto, in questa analisi per certi venti drammatica, è che Francesco è dotato di sano e robusto umorismo, è ancora il miglior provocatore e, certamente, il più feroce critico di sé stesso. In questo sta la sua forza. I suoi detrattori devono farci i conti.

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