Nei mesi scorsi è stato pubblicato un testo che raccoglie una corrispondenza di varia natura tra due grandi protagonisti delle vicende politiche della “prima repubblica”, Aldo Moro e Pietro Nenni (Il carteggio ritrovato, Arcadia Edizioni, 2024).

Il libro presenta diversi motivi di interesse dal punto di vista storico, politico, culturale e umano. La corrispondenza tra i due politici è stata tratta soprattutto dall’Archivio Centrale dello Stato, e concerne il periodo tra il 1957 e il 1978. In realtà, il cuore dell’opera è il carteggio che riguarda gli anni che vanno dal 1963 al 1968, il quinquennio del “centro-sinistra”, in cui Aldo Moro era presidente del Consiglio del ministri e Pietro Nenni il suo vice.



Per questo, come afferma nella prefazione Renato Moro (nipote del politico democristiano ma anche autorevole storico), questo carteggio è interessante innanzitutto perché ci permette di entrare nel merito di un periodo delicato e importante della nostra storia recente, quello appunto dei governi di centro-sinistra, il tentativo cioè di allargare la maggioranza coinvolgendo il PSI dopo circa 15 anni di governi centristi. E ci permette di farlo dal punto di vista più importante e autorevole, quello cioè di Moro e Nenni, i grandi protagonisti di una stagione politica spesso criticata, che però va approfondita, conosciuta meglio e inserita nel giusto contesto storico per riconoscerne anche gli indubbi effetti positivi.



I due politici non erano coetanei, anzi il democristiano era un quarto di secolo più giovane del collega socialista. Colpisce quando, agli inizi del carteggio, è Nenni a prendere (doverosamente) l’iniziativa ed invitare Moro ad abbandonare il “lei” nelle loro conversazioni, per far posto al “tu” che permette di accorciare le distanze.

Dal punto di vista politico l’avvicinamento tra i due si era verificato intorno al 1960, successivamente alle drammatiche vicende connesse alla costituzione del governo Tambroni, con l’appoggio esterno del MSI. Dopo le proteste, gli scontri e le vittime si chiuse l’esperienza breve e fallimentare di Tambroni e nella DC si cominciò ad affermare l’esigenza di guardare a sinistra per ampliare la base della propria maggioranza. Siamo agli inizi degli anni 60 e il boom economico comincia a rallentare, un dato importante per capire gli eventi di quegli anni.



L’avvicinamento tra la DC e il PSI fu naturalmente graduale: inizialmente l’appoggio del PSI era esterno, mentre fu proprio con il primo governo Moro, varato alla fine del 1963, che i socialisti entrarono a far parte in maniera organica della maggioranza. Questo avvenne in maniera tutt’altro che pacifica: non pochi furono infatti gli oppositori (interni ai due partiti, oltre che esterni) a questo tentativo politico. In una lettera del settembre 1963, infatti, Moro si dice vicino a Nenni per la sua battaglia: “A questo successo è legato, ne siamo convinti in molti, l’avvenire della democrazia in Italia”. La battaglia di Nenni risulta vincente fino ad un certo punto: la maggioranza del partito decide di entrare a far parte del governo Moro, la minoranza tuttavia dà vita ad una dolorosa scissione con la fondazione del PSIUP.

Moro non dovette fronteggiare una divisione interna, tuttavia un’opposizione al centro-sinistra vi fu anche tra le file della DC, con in testa l’allora presidente della Repubblica Antonio Segni, che riuscì a rallentare la portata riformatrice dell’azione del governo.

Gli oppositori esterni furono innanzitutto il PCI, ma anche la destra conservatrice. Emblematico in tal senso il caso del “Piano Solo” che emerse proprio in quegli anni e di cui si trova traccia nel carteggio verso la fine della legislatura (1967) in concomitanza con i processi e le inchieste parlamentari. Ad oggi si è ridimensionato il valore di “colpo di Stato” del Piano Solo; tuttavia, questi fatti consentono di capire la sfida che venne posta al governo da destra.

Fin dall’inizio del carteggio, in ogni caso, si può notare come il centro-sinistra sia stato un tentativo che ha avuto una elaborata progettazione, e non un mero calcolo politico dovuto alle circostanze. Lunghe lettere e appunti soprattutto di Nenni fanno intendere quanto i due politici si confrontassero su temi e punti del programma concordati all’inizio, come ad esempio le riforme economiche o gli interventi sulla scuola.

Non solo tuttavia punti programmatici: dalle lettere emerge che il centro-sinistra fu intrapreso anche con un afflato ideale: un governo che potesse dunque non solo lavorare per il bene del Paese, ma anche in difesa della democrazia. È Nenni che nel ‘63 afferma che l’instabilità politica avrebbe attratto quelle che lui chiama le “forze disgregatrici dello Stato”. Una dimensione ideale possibile anche per una certa comunanza di valori che Moro e Nenni manifestarono, pur venendo da due culture politiche differenti. Interessante quando il politico socialista nel ’63 cita l’importanza della Pacem in Terris di Papa Giovanni XXIII.

I due politici non mancarono certamente di manifestare posizioni diverse, su tutte la politica estera. Siamo nel pieno della Guerra in Vietnam e Nenni chiede più volte a Moro di tenere conto anche delle sue posizioni (pacifiste). Non venne mai meno tuttavia un confronto politico “alto”, in cui si riconosceva il punto di vista altrui anche se diverso dal proprio, e si cercavano (o valorizzavano) i punti di incontro, senza che si perdesse mai la stima e la fiducia reciproca (la maggior parte della corrispondenza termina con “credimi” o “tuo affettuoso”).

Ed è qui che occorre sottolineare anche l’interesse umano di questa pubblicazione. Il rapporto tra Moro e Nenni non rimase solo politico, ma diventò anche intimamente personale. Molto toccanti gli scambi che vi furono nel 1966 quando morì la moglie di Nenni. Moro afferma di essere “vivamente colpito” dalla scomparsa della consorte del politico socialista e si dice “fraternamente vicino” al collega e amico, mentre Nenni risponde con una confidenza personale che ci dice molto sul loro rapporto: “è una piaga la mia che continuerà a sanguinare finché nella tomba raggiungerò la compagna della mia vita”.

Colpiscono anche le parole di vicinanza che Moro esprime a Nenni dopo le elezioni del 1968 in cui il PSI perse molti consensi. Fu questa la conclusione dell’esperienza del centro-sinistra. Dalla corrispondenza tra Moro e Nenni emerge la fatica per un percorso difficile e osteggiato non solo per le opposizioni ma anche per i cambiamenti sociali che il Governo dovette fronteggiare e rispetto ai quali forse anche i due politici avrebbero volute fare di più. Nel volume, ad esempio, si possono trovare tracce delle prime discussioni sul divorzio, nonchè degli albori delle contestazioni studentesche (1967). Emerge altresì la consapevolezza della bontà del lavoro svolto. Mentre Moro afferma che è più facile raccogliere il malcontento che far capire ed apprezzare quello che si tenta di fare, la chiosa definitiva è di Nenni che afferma: “L’esperienza a cui abbiamo assieme lavorato andava tentava ed andrebbe continuata”, e in un’altra lettera: “la storia ci darà ragione”.

È così? Sicuramente l’esperienza di centro-sinistra va considerata nel giusto modo, senza dimenticare le ombre ma valorizzandone anche l’importanza per l’Italia per il benessere economico che seppe mantenere (i salari alti), per la difesa della democrazia e per lo slancio riformista che, seppur depotenziato, non venne mai meno.

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