Il volume Confini – Musica tra visioni e follia (pp.184 Varese, Zecchini Editore 2020, € 25) di Adele Boghetich, musicologa e germanista di rango, è una raccolta di saggi che hanno come filo conduttore il nesso “tra visioni e follia”, come indica il sottotitolo del libro. I saggi sono quattordici. Dieci riguardano musica e letteratura del periodo romantico e post romantico tedesco, il campo principe di studio e di riflessione dell’autrice. I primi tre concernono Hildegard von Bingen, monaca benedettina del dodicesimo secolo i cui numerosi canti sono una visione profetica e mistica. Il secondo riguarda una rarità di Bach, la cantata Gotten Zeist meglio conosciuta come Actus tragicus. Il terzo è una lettura etico-spirituale del mozartiano Die Zauberflöte. Il saggio conclusivo è un omaggio a Francesco d’Avalos (1930-2014), grande intellettuale, compositore, direttore d’orchestra e didatta.
Uno sguardo d’insieme iniziale dell’autrice mette in risalto come “nella sfera dell’arte e della cultura tedesca del XIX secolo poesia, pittura e musica espandono spesso i propri territori su zone di confine per rivelare visioni oniriche di mondi lontani, dai cromatismi trasparenti e surreali”.
Seguendo questa traccia, il saggio iniziale analizza “l’arcobaleno mistico delle visioni di Hildegard, nelle quali il suo spirito supera i confini del reale”. Il lavoro su Bach analizza il rapporto dialettico tra musica e teologia, tra dolore e speranza, tra passato e futuro nonché “il duplice confine vita-morte-vita”. Su binari più consueti, la disanima su Die Zauberflöte, opera pluridimensionale aperta ad una molteplicità di chiavi di lettura: la Boghelich si sofferma sui nessi con la massoneria cattolica allora molto presente in Austria e Baviera, terreno trattato ma in modo differente da Lidia Bramani circa quindici anni fa.
Il saggio sulla nona sinfonia di Beethoven svela non solo l’afflato etico ma la forza vitale della natura ed il culto della libertà, nonché” un mondo interiore vasto e visionario che supera i confini disegnati dalla tradizione accademica per celebrare la suprema sintesi di sentimenti e valori etici”. Beethoven fa “rivivere ancora una volta lo spirito colto degli antichi artisti tedeschi”.
Si entra nel romanticismo vero e proprio con il Winterreise di Schubert letto come “inquieto aggirarsi” in un viaggio “marcato a passi leggeri, irrazionale ed irreversibile”, un viaggio di angoscia, di lacerazione dell’anima verso un’impervia meta. A Wagner sono dedicati due saggi:”l’inno della notte” del secondo atto di Tristan und Isolde e “l’ultimo rito” del terzo atto di Parsifal. In breve, il rito del sacro mistero dell’amore viene giustapposto al rito della ieratica mistica esperienza (“apoteosi musicale di sonorità pure, rarefatte, traslucide, dilatate fino agli estremi confini del suono”). Tre saggi riguardano Richard Strauss: il primo è dedicato alle “azzurre solitudini della terza sinfonia” (di cui mette acutamente in rilievo la tensione non risolta), il secondo agli “universi sonori” dell’ottava sinfonia (di cui si sottolinea la solennità maestosa), il terzo agli “orizzonti perduti” del Das Lied von der Erde (in cui si mette in rilievo il tema della vita come sogno, come incantamento onirico, nonché i passaggi esotici). Gli ultimi due saggi, prima dell’omaggio a Francesco d’Avalos, riguardano ancora il tardo romanticismo tedesco, letto attraverso le lenti di Richard Strauss. Di Also sprach Zarathustra Adele Boghetich mostra l’aspirazione dell’anima ad unirsi alla grande Anima del mondo. Di Methamorphosen esplora il contingente alla composizione: ossia la distruzione della Germania nel 1945 e l’aspirazione ad un mondo nuovo.
Pur non condividendo tutte la analisi di Adele Boghetich (ad esempio, a proposito di Das Lied von der Erde e di Methamorphosen), i saggi sono stimolanti ed aiutano all’ascolto prima di entrare in una sala di concerto o di far girare un CD.
Un libro bello ed utile.