Mai come ora si sente il bisogno di una luce in grado di squarciare il buio della guerra. La mente va a chi ha attraversato due guerre mondiali con uno sguardo tutto teso al vero e alla luce: Max Josef Metzger (1887-1944). La sua testimonianza ci riporta al significato profondo del Natale in un tempo drammatico come quello attuale.
Metzger è stato beatificato il 17 novembre 2024 a Freiburg im Breisgau. Sulla sua tomba c’è una scritta che costituisce il suo testamento: “Ho offerto la mia vita a Dio per la pace nel mondo e l’unità della Chiesa”. Durante la cerimonia di beatificazione il cardinale Kurt Koch ha detto: “Anche noi oggi viviamo come Metzger in un mondo profondamente lacerato e siamo chiamati a essere testimoni di Cristo anche in contraddizione con le ideologie che imperversano nella società”.
Parliamo del pensiero del filosofo tedesco, pertinente con il tempo del Natale, con il suo massimo studioso: Lubomir Žák, teologo slovacco, studioso di fama internazionale, autore di numerosi saggi e pubblicazioni sulla teologia russa.
In varie zone del fronte occidentale durante il primo anno della Grande Guerra si verificarono episodi di fraternizzazione tra truppe nemiche. Uno di questi è la famosa tregua di Natale del 1914. Quale fu la posizione di Metzger durante il primo conflitto mondiale?
Metzger salutò lo scoppio della Grande guerra come molti altri in quell’epoca: aveva ventisette anni e da convinto patriota si schierò incondizionatamente con il suo Paese, la Germania, desiderando una rapida vittoria. Non solo: chiese di essere mandato al fronte come cappellano militare. Volle stare accanto ai soldati tedeschi, per sostenerli moralmente e spiritualmente nella lotta contro il nemico. Questo suo ingenuo idealismo della “guerra giusta” si scontrò, però, con la cruda realtà dei combattimenti nelle trincee del fronte franco-tedesco in Alsazia, proprio là dove la guerra iniziò a mietere un gran numero di morti: sulla collina Hartmannswillerkopf soprannominata Montagna della Morte o Moloch. C’erano dei giorni in cui dovette celebrare funerali di un centinaio di compagni uccisi, assistendo ogni giorno numerosi feriti e moribondi. Dal fronte fu liberato nel 1915 per una grave malattia contratta nelle trincee. Tuttavia la sua vera liberazione accadde nel cuore e nella mente.
Come si spiega questo cambiamento nelle sue convinzioni?
L’orrore suscitato dalla diabolica macchina bellica lo liberò per sempre dalla convinzione che la guerra potesse essere una via verso la soluzione delle contese tra Stati e nazioni. A partire dal 1915 iniziò a sostenere e a diffondere un pensiero pacifista, basato sui valori di reciproco rispetto e di stima e amicizia tra le nazioni, chiamando le guide degli Stati a fare un esame di coscienza e a rigettare l’idea di guerra come strumento di politica internazionale. Ne parlò spesso e pubblicamente, da abile giornalista e conferenziere. Non solo. In quegli anni maturò in Metzger anche un altro pensiero: secondo lui, al di là degli intrighi politici ed economici, la Grande guerra era una manifestazione della crisi della cristianità europea. Infatti, il mondo cristiano si era sgretolato e non era riuscito a rimanere unito in mezzo alle dilaganti divisioni: non aveva saputo offrire altro che preghiere per i propri combattenti e i propri morti, rinunciando a credere nelle parole delle Beatitudini.
Nel suo saggio L’alternativa dell’azione cristiana di Max Josef Metzger al messianismo hitleriano lei ha parlato dell’opposizione del sacerdote cattolico all’idolatria nazista: qual era la sua spinta ideale? Quale la sua diversità rispetto ad altri dissidenti cattolici e di altre confessioni?
Dopo aver sentito parlare alla radio il neo-cancelliere Adolf Hitler, Metzger capì di aver ascoltato un fanatico che avrebbe trascinato la Germania, anzi, tutta l’Europa in una nuova terribile guerra. Per questo confidò agli amici di essere pronto a eliminarlo, volendo così risparmiare milioni di vite umane. Alla fine non imboccò la strada di opposizione violenta al Führer e al nazismo, non sentendo come suo tale tipo di resistenza al potere, abbracciato invece da altri intellettuali cristiani, tra cui Dietrich Bonhoeffer. Infatti, già a partire dagli albori della nascita dell’ideologia nazista, Metzger era impegnato nel diffondere l’ideale della costruzione di ponti tra i popoli europei, insistendo sulla necessità di un’educazione dei giovani, libera dall’ideologia nazista e dal disprezzo delle minoranze religiose e nazionali. Era convinto che se ci fossero state persone rinnovate nel cuore, formate nell’animo secondo l’ideale dell’Ut omnes unum sint (affinché tutti siano uno) di Gesù Cristo, non avrebbero potuto crescere le fila dei nazisti né dei soldati pronti a invadere i Paesi vicini. Ne parlò in tutte le occasioni, invitando tutte le persone di buona volontà a compiere tale Innere Mission, “missione interiore”. Ne scrisse spesso nei giornali, insistendo sulla necessità per i cristiani di abbandonare le vecchie diatribe confessionali, unendosi da veri fratelli e sorelle in questa importantissima missione storica, cercando di proteggere la fragile pace in Europa. Alla fine fu fermato dalla mano della Gestapo.
Metzger trascorse il Natale del 1943 nelle carceri naziste, prima di essere ghigliottinato: che cosa attendeva durante la terribile prigionia e come visse quei momenti tremendi?
Metzger fu imprigionato tre volte. Quell’ultima, terza volta trascorse nella prigione alcuni mesi per essere interrogato e dopo la condanna a morte, il 14 ottobre 1943, vi dovette attendere altri sei mesi per essere poi ghigliottinato. Furono lunghi mesi di umiliazione, fame e solitudine, tuttavia egli continuò a pensare e a scrivere. Grazie alla complicità del cappellano del carcere riuscì a redigere e a far uscire dalla prigione molte lettere, ma anche poesie, riflessioni spirituali e teologiche e persino composizioni musicali, in cui volle esprimere le sue convinzioni umane e cristiane.
E che cosa emerge da questo materiale?
Da una lettera privata del 30 dicembre sappiamo che quell’anno visse un Natale triste, tuttavia alla Vigilia cantò ad alta voce parole di speranza, trovando in sé la gioia per la nascita di Gesù Bambino. In quei giorni compose una poesia in cui accennò alla sua abitudine di arrampicarsi alla finestra della cella per guardare la lontana fermata dei tram. Parlò di sé come di un naufrago natalizio che sull’isola d’Elba scruta l’orizzonte per vedere se in lontananza non vedrà una “nave”, cioè un tram, dal quale ricevere un desiderato segnale di amicizia e di amore. Metzger si riferiva alla scelta, rischiosa e perciò rara, di alcuni suoi amici di soffermarsi alla fermata dei tram e fissare a lungo la finestra della sua cella, creando un contatto visivo, senza proferire una parola o fare un qualche gesto. Per lui si trattava di momenti attesi con grande impazienza, in quanto alleggerivano almeno un po’ la solitudine, alla quale non riusciva ad abituarsi, lui che amava così tanto stare in mezzo alla gente per stringere nuove amicizie.
Che cosa può insegnare al mondo d’oggi lo sguardo di Metzger segnato dalla Natività?
Desidero rispondere con la citazione delle parole di una lettera che Metzger, stando in libertà, scrisse a pochi giorni dal Natale del 1936. In quel periodo il governo di Hitler era impegnato a dipingere i Paesi confinanti del Terzo Reich come nemici, investendo tutte le risorse nella creazione dell’industria bellica e del potente esercito. Preoccupato per tali sviluppi e per l’incapacità dell’Europa di leggere questi allarmanti segnali, Metzger parla nella lettera di un Natale che, sì, è la manifestazione dell’amore di Dio verso ogni uomo e ogni nazione, ignorata però dalla cecità degli uomini che non vedono come alta e pericolosa è ormai la Torre di Babele. E scrive: “Qual è l’obiettivo dell’umanità di oggi? Tutte le menti sono concentrate su come distruggere le opere e le vite umane in modo più rapido e completo tramite sempre nuove invenzioni tecniche, su come ingannare le nazioni vicine con una sofisticata diplomazia, ricorrendo alla demoniaca arte di seduzione per entusiasmare il proprio popolo a sventolare la bandiera della terribile danza della morte”. Tutto questo era come costruire un “monumento all’orgoglio umano del XX secolo, che arriva fino alle nuvole”. Ma Metzger avverte: “Molto presto crollerà questo gigantesco edificio, ai piedi del quale tutte le nazioni del mondo stanno deponendo, con delirante celerità, dinamite su dinamite…! Secondo il giudizio umano, passeranno solo pochi mesi prima e l’Europa sarà sottoposta al giudizio di Dio”.
Sembrano parole senza speranza.
Tuttavia l’autore della lettera non si rassegnò alla disperazione. Al contrario, pensando a tutti i cristiani e agli uomini e alle donne di buona volontà, parlò dell’urgenza di bussare insieme alla porta del Regno di pace, per destare la Misericordia di Dio. Bussare con preghiere, certo, ma altresì con la propria presa di posizione cristiana a favore di ogni uomo e ogni donna, indipendentemente dalla loro estrazione sociale o nazionalità. Solo un amore concreto e universale potrebbe portare al miracolo della pace. La lettera si conclude con una preghiera che non posso non considerare attuale anche per i nostri tempi:
“Padre nostro che sei nei cieli! Il tuo unico ed eterno Figlio si è fatto a Natale fratello di tutti noi, per instaurare il Tuo regno di pace e di amore. Con profonda vergogna confessiamo che nessuno di noi è riuscito a manifestare la benevolenza che Tu esigi come condizione essenziale per la felicità e la pace sulla terra. Per questo motivo soffriamo tutte le avversità e siamo quotidianamente minacciati dalla guerra e dalla morte crudele. Infatti, abbiamo dimenticato il messaggio del Santo Natale. Perciò Ti supplichiamo: rinnova in noi e in tutta l’umanità la buona volontà, la disponibilità e la determinazione a realizzare tra noi la verità, la giustizia e l’amore su cui si fonda il tuo Regno di pace! Tu, che nella Tua grazia e misericordia fai splendere il sole sui buoni e sui cattivi e mandi, nonostante la nostra malvagità, una pioggia vivificante su tutta la terra, mantieni la Tua mano paterna sugli uomini di tutte le nazioni e di tutte le lingue, e concedi che nel Tuo Figlio possiamo essere tutti uniti come fratelli che hanno profondo rispetto e amore gli uni per gli altri. Sì, concedici – Ti preghiamo con i cuori contriti – la pace che il mondo non potrà mai ottenere con la violenza e la menzogna. Donaci la pace, in tutto il mondo, la pace del Figlio Tuo Gesù Cristo, che regna con Te e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen”.
(Vincenzo Rizzo)
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