Il Natale di Dio irrompe, incanta, stupisce quando meno te lo aspetti. A New York, a Times Square e sulla Fifth Avenue, le solite insegne pubblicitarie sono state temporaneamente oscurate per dar rilievo a un messaggio diverso, teso a evocare la luminosa bellezza della nascita di Gesù. È accaduto all’inizio dell’Avvento, la notte del 27 novembre: il contesto scintillante e caotico del consumismo più pervasivo è stato improvvisamente sovrastato, o meglio, avvolto da un’atmosfera carica di meraviglia e di attesa prodotta da ventisette display digitali raffiguranti la nascita del bambino Gesù annunciata da angeli sfolgoranti sullo sfondo blu della notte. Le scene del presepe si susseguivano secondo un’iconografia familiare e stupefacente, riflessa negli occhi di innumerevoli persone di ogni età, visibilmente toccate da commozione, sorpresa, gioiosa gratitudine.



Il messaggio affiorato senza ambiguità secondo l’intento di Light the World 2023, iniziativa nata nell’ambito della chiesa mormone per annunciare in tutto il mondo la novità del Natale legata all’evento dell’incarnazione di Dio e alla fede cristiana, si è diffuso creando fra la gente un’ondata di serenità imprevista e controcorrente.



È in effetti sempre più frequente che il Natale subisca un appannamento della sua origine, una declinazione di valori e suggestioni varie che non necessariamente oscurano la festa e lo sfavillio di iniziative che alimentano proposte commerciali o improntate al risveglio di buoni sentimenti e espressioni di solidarietà, ma resta marginale se non persino boicottata la memoria dell’evento unico e straordinario che lega il Cielo alla terra.

Già Romano Guardini, negli anni Cinquanta del secolo scorso, avvertiva l’affievolirsi della consapevolezza cristiana nel clima generato attorno alla ricorrenza del 25 dicembre: “Non si può certo dire che in queste settimane siamo circondati da un vero spettacolo natalizio…Che cosa vedranno allora nel Natale quanti, al di là dei sentimentalismi e delle chances commerciali, vi avvertono un senso più serio?” si chiedeva il teologo nel suo “Natale e Capodanno” (Morcelliana), dove articola una riflessione proprio sulla novità di Dio che irrompe nella storia.



Eppure di fronte a un’alterità totale, al Mistero che osa compromettersi con la materialità delle sue creature rivelandosi ai loro occhi, l’essere umano sembra provare impaccio, rischia di opporre una resistenza basata sul dissidio insanabile fra il Dio infinito che può essere soltanto l’Assoluto e l’idea che possa al tempo stesso assumere il limite e la debolezza della carne umana. “Così sembra che siamo posti di fronte a una difficile decisione: quella di eliminare l’Incarnazione, per preservare la sovranità di Dio”. Ma in realtà i nostri pensieri, i nostri criteri restano sempre imbrigliati nella misura, incapaci di cogliere l’Infinito che pure desidereremmo abbracciare: “Egli è sé stesso, e respinge qualsiasi subordinazione ai nostri concetti” chiarisce Guardini spostando il peso su una scelta che riguarda noi stessi, la nostra attesa, la nostra libertà di accogliere un accadimento esuberante rispetto a qualsiasi prefigurazione.

In “quell’intento per il quale Dio attua l’inaudito fatto dell’Incarnazione” scopriamo la Rivelazione come l’esprimersi del suo amore che non è un concetto, ma un evento che coinvolge chi se ne lascia sorprendere. Solo uno sguardo stupito incontra e riconosce la rivelazione di Dio, il suo intendimento di venire nel mondo, di nascere per noi. Lo stupore acceso in tanti sguardi incantati a Time Square di fronte alla scena della Natività suggerisce una svolta, una novità desiderabile, un nuovo inizio. Così la riflessione che dischiude la meraviglia del Natale prosegue proiettando nuova luce anche sullo scorrere del tempo che nel Capodanno registra il passaggio da una fine a un nuovo inizio.

“Non potremmo sussistere se non iniziassimo a ogni istante… Ciò che ci rende possibile continuare a vivere è il costante inizio: il fatto che con ogni mattino, con ogni incontro, con ogni dolore e ogni gioia ci venga incontro il nuovo”. Il tempo del nostro esistere, spesso attraversato nel susseguirsi di istanti casuali e sfuggenti, avvertito nella sua insufficienza, incrinato da una dolorosa o noiosa incompiutezza, in realtà è abitato da una grazia, da una novità operante, inesauribile, da attendere e da sorprendere nel suo persistente e continuo rivelarsi.

 

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