Le Edizioni Ares inaugurano una nuova collana intitolata “Un santo per amico”. Volumi agili, biografie vivaci per la divulgazione della vita dei santi della storia della Chiesa, dalle origini al presente.
La prima uscita è Giuseppe Moscati. Il santo medico di Paolo Gulisano, autore di diverse biografie di letterati quali Tolkien, Lewis, Chesterton, e di santi come Newman, Colombano e Malachia, che questa volta si cimenta – lui, medico scrittore – con una figura di santo medico vissuta nel secolo scorso, Giuseppe Moscati (1880-1927).
Nel corso della storia troviamo molti santi medici: dall’evangelista Luca a Cosma e Damiano, da Ildegarda di Bingen a Nicola Stenone, e ciò che colpisce, nelle vicende personali e professionali di questi santi “sanitari”, è il fatto che spesero le loro vite per lenire i mali del corpo senza dimenticare le esigenze dell’anima. Molti di loro vissero le loro virtù umilmente, nel nascondimento, così come per secoli molti medici e infermieri sconosciuti hanno dedicato silenziosamente e umilmente la loro vita al bene del prossimo, ovunque, in ogni angolo del mondo. Non ebbero paura di dedicare a questo scopo la loro vita, affrontando il tanto male che c’è nel mondo, valorizzando il tanto bene che vi è ancora.
Tra le varie figure di santi medici, spicca quella di Giuseppe Moscati. Medico, scienziato e benefattore dell’umanità, primario dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli. Giuseppe Moscati fu sempre orientato a Dio e al bene supremo dell’essere umano.
Sin dall’inizio della sua carriera fu considerato un medico controcorrente nell’ambiente sanitario del suo tempo, così pervaso di positivismo scientifico e di idealismo filosofico. Non si poneva pertanto di fronte al semplice corpo del malato, ma era sempre davanti a esso nell’interezza della sua vocazione umana e cristiana. Si prendeva cioè cura della salute integrale del paziente, e quindi non solo della salute del corpo, bensì anche quella dello spirito. Si dedicava soprattutto alla cura dei poveri e dei bisognosi.
Ogni mattina, prima di recarsi in ospedale, si alzava presto per visitare gratuitamente a domicilio la povera gente. Nel suo studio privato, come onorario, vi era un cestino con la scritta: “Chi può, metta qualcosa. Chi ha bisogno, prenda”. Fu un medico eccellente e caritatevole, insigne ricercatore e docente, uomo di grande dirittura morale e di fede profonda, che giunse alla santità incarnando nell’ordinaria concretezza dell’esistenza quotidiana l’ideale del laico cristiano.
Gulisano dipinge a tutto tondo la figura di Moscati in questo agile e avvincente saggio, che ci descrive l’umanità profonda di questo medico, e alla fine è evidente perché la Chiesa ne ha riconosciuto la santità: proprio per aver saputo lenire nei suoi pazienti i mali del corpo senza dimenticarne le esigenze dello spirito. Con il riconoscere sempre in ogni uomo una meraviglia unica e irripetibile, di fronte alla grande fragilità e alle malattie del fisico e del cuore, egli è venuto incontro alle sofferenze e ai bisogni di bene che sono di tutti, trovando rimedi e risposte nella medicina e nel cristianesimo.
“Beati noi medici”, asseriva Moscati, “tanto spesso incapaci ad allontanare una malattia, beati noi se ci ricordiamo che oltre i corpi abbiamo di fronte delle anime immortali, per le quali urge il precetto evangelico di amarle come noi stesse”. E illuminato da questi princìpi si è dimostrato medico e cristiano veramente fuori dal comune.
Fu un medico che fece della professione una palestra di apostolato, una missione di carità, uno strumento di elevazione di sé, e di conquista degli altri a Cristo salvatore. Fu un docente che lasciò tra i suoi alunni una scia di profonda ammirazione non solo per l’altissima dottrina, ma anche e specialmente per l’esempio di dirittura morale, di limpidezza interiore, di dedizione assoluta data dal suo ruolo. Fu uno scienziato d’alta scuola, noto per i suoi contributi scientifici di livello internazionale, per le pubblicazioni e i viaggi, per le diagnosi illuminate e sicure, per gli interventi arditi e precorritori.
La sua esistenza, descritta in modo spesso commosso dall’autore del libro, trascorse facendo del bene, a imitazione del Medico divino delle anime. Il suo percorso fu di sacrificare tutto agli altri – se stesso, gli affetti familiari, il proprio tempo, il proprio denaro – nel solo desiderio di compiere il proprio dovere e di rispondere fedelmente alla propria vocazione.
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