Un’Europa che tutti vogliono riformare, migliorare, comunque cambiare. La campagna elettorale per le elezioni del nuovo Parlamento ha portato in primo piano tanti slogan, tante accuse e altrettante rivendicazioni. In apparenza con due visioni che si confrontano e si scontrano. Da una parte, gli europeisti, sostenitori di un consolidamento delle istituzioni comunitarie, magari affrontando con maggiore determinazione gli squilibri e le difficoltà di alcune aree. Dall’altra, i cosiddetti sovranisti, decisi a depotenziare la solidarietà europea e a recuperare autonomia decisionale per i singoli Paesi, senza più vincoli, limitazioni e procedure d’infrazione.
I rischi di quest’ultima posizione sono evidenti, soprattutto per un Paese come l’Italia: per esempio, solo la politica monetaria comune ha tenuto bassi i tassi d’interesse e ha permesso di continuare a mantenere sostenibile il debito pubblico, a garantire i risparmi, a evitare crisi rilevanti nel sistema bancario.
Ma c’è molto di più: dai fondi europei che hanno contribuito allo sviluppo di molte regioni alla pur limitata presenza internazionale che comunque ha permesso al Vecchio continente di non finire schiacciato dagli interessi di colossi come Usa, Russia e Cina. La stessa idea di Europa, tuttavia, appare in crisi, con potenzialità nascoste e identità negate.
Questo perché gli europei hanno dimostrato in questi mesi di soffrire di un deficit di memoria, di una mancanza di prospettiva storica nel giudicare il presente e soprattutto per delineare il futuro. Colpa di una politica fatta di gesti plateali e di proclami tuonanti. Colpa di una scuola che continua a insegnare i fatti separati dai valori. Colpa di una comunicazione in cui non si riescono più a distinguere realtà e finzione.
Dario Antiseri, uno dei più importanti filosofi contemporanei, prova in un agile libro (L’Europa di Papa Francesco, Libreria Editrice Vaticana, 2019) a rimettere ordine nelle priorità personali e sociali. E allora al primo posto si pone la dignità della persona, una dignità che passa attraverso la libertà, con la possibilità di soddisfare i propri bisogni e di esprimere le proprie idee, con un lavoro che diventi espressione delle proprie potenzialità ed elemento di partecipazione alla crescita comune.
Tutte dimensioni che derivano direttamente ed esplicitamente da quelle radici cristiane che tanto danno fastidio ai benpensanti del politicamente corretto. Ma la storia non si può declinare a piacimento. “È una storia millenaria – scrive Antiseri – quella che lega l’Europa al cristianesimo”. Perché il cristianesimo era nell’anima dei padri fondatori e si sviluppa con il cristianesimo l’idea di persona: “sacra, inviolabile, libera, creatrice, responsabile, aperta alla trascendenza, tollerante e solidale verso il prossimo, sebbene fallibile e proprio perché libera non esente dal peccato”.
Il confronto con la fede diventa, allora, un elemento indispensabile per ritrovare i valori per un cammino comunque difficile. E’ il richiamo continuo e forte di papa Francesco: investire sulla persona per costruire lo sviluppo e la pace. “L’Europa – scrive il Papa – ritrova speranza quando si apre al futuro, quando si apre ai giovani, offrendo loro prospettive serie di educazione, reali possibilità di inserimento nel mondo del lavoro, quando investe sulla famiglia, che è la prima e fondamentale cellula della società, quando rispetta la coscienza dei cittadini, quando garantisce la possibilità di fare figli senza la paura di non poterli mantenere, quando difende la vita in tutta la sua sacralità”.
Non teorie, ma il ritorno all’essenziale. Perché nella complessità del mondo contemporaneo è necessario rimettere in primo piano i fondamentali della convivenza.