“Frociaggine”, gergalismo d’attualità che non avrà forse l’onore di rientrare tra i lemmi recensiti dall’Accademia della Crusca, ma di sicuro resterà nella memoria e nel fraseggio quotidiano di molti, per un bel po’. Del contenuto espresso da questo termine inconsueto, usato da Papa Bergoglio in contesto non ufficiale, ce ne sarebbe in circolazione fin troppo. Non troppo poco. Non sarebbe quindi un quid che ricade nella fattispecie del “melius abundare…”. Gaffe, comunicazione riservata o spifferata di membri superficiali o ostili al Papa, in seno all’assise dei vescovi, non è granché rilevante. Le scuse ufficiali sono di pubblico dominio e sono subito seguite alla divulgazione. Quel che invece rileva è il fatto, e le parole lo sono e al pari di altri fatti. Se per “sbaglio” un paziente in seduta con lo psicoanalista se ne uscisse con un termine così curioso, certamente si sentirebbe rivolgere la domanda: “a cosa la fa pensare quella parola?”. E non sarebbe di alcun aiuto rifugiarsi in qualche razionalizzazione a buon mercato: adducendo un errore, una svista, o un’intenzione differente da quel che può sembrare. I fatti sono fatti.



In rete si trovano facilmente varie ipotesi sull’etimo della parola “frocio”: dai più colti la genesi viene ricondotta a storpiature di parole dal francese, dallo spagnolo o ad etimi che pescano nella lingua inglese. Lascio il rebus agli appassionati. La parola nasce come offensiva e tale rimane. Pure il suo significato non è mutato, senza ombra di dubbio significa “omosessuale”, ma in senso spregiativo. Sollevando Bergoglio da sospetti infondati di omofobia (Papa Francesco è stato il primo Papa a memoria d’uomo a pronunciare la frase “chi sono io per giudicare un gay?”), resta solo da cogliere l’idea (non maliziosa, né offensiva) che la parola pur volgare, cioè del volgo (popolo), contiene e veicola.



Per questo ci vuole orecchio, come suggerisce Iannacci in ottima compagnia di Shakespeare: “il successo di una battuta sta nell’orecchio di chi ascolta” (da Pene d’amor perdute). Il sottoscritto di orecchio non può metterci che il proprio, e altrettanto personali sono le suggestioni che seguono. Il prefisso omo- si applica al simile e il simile di sesso è solo un caso tra i molti. Un pregiudizio filosofico millenario afferma che solo “il simile conosce il simile”, affermazione falsa fattualmente, almeno per quanto riguarda l’essere umano, per il quale il fenomeno della conoscenza riguarda l’assimilazione dell’altro da sé: del diverso.



Se fosse questa l’idea di troppo in circolazione si chiarirebbe per contrasto che l’idea minoritaria, sempre meno in circolazione, o per dirla in altro modo, l’idea che storicamente fatica a “tirare”, è quella etero. Etero è il contrario semantico di omo. Anche nel caso di etero, che significa appunto altro, diverso, l’eterosessualità è un caso tra i molti casi di etero qualcosa. L’eterosessualità non è semplicemente un dato, è piuttosto una conquista, che, come tale, può andar persa. Giacomo B. Contri amava la metafora dell’uva e del vino, ritenendo il rapporto uomo & donna un prodotto dal dato di natura “maschio e femmina”, come lo è il vino rispetto all’uva.

Prodotto anche nel senso di profitto reciproco. Giuseppe Panza, il rinomato collezionista di arte contemporanea, è un esempio tra non molti, esempi biblici compresi, di cosa si può intendere come prodotto. Nel libro Giuseppe e Giovanna Panza collezionisti (2018) scrive della moglie Giovanna: “L’intera collezione è un affare di coppia…”. La mia sottolineatura va sulla parola “affare”, business, perché anche quelli di cuore sono affari. Buoni o cattivi, ma pur sempre affari. La crisi del rapporto uomo & donna è all’ordine del giorno da tempo, con buona pace dei naturalisti d’ogni genere. L’esempio della Corea del Sud, uno degli Stati tecnologicamente più evoluti del pianeta, lo esplicita in modo clamoroso. Nel volume di The Passenger del marzo 2023 l’articolo di Anna Louie Sussman mette in evidenza che la frattura principale del Paese è quella di genere, dove forme attardate di patriarcato inserite in un contesto sociale turbo-competitivo stanno producendo una spaccatura del Paese in due parti omo contrapposte. Scissione non meno preoccupante della spaccatura della Corea in Nord e in Sud.

Sarà, dunque, questa la preoccupazione a cui il neologismo bergogliano ha inteso dar voce? Lascio “ai posteri l’ardua sentenza”. Ma ora che la citazione ha scomodato il Manzoni, e considerato che la querelle è nata tutta in ambito “confessionale”, mi sorge la domanda se il rapporto con Dio (una volta ammessa la sua esistenza) sia di tipo omo o etero. Per il filosofo Horkheimer, autore de La nostalgia del totalmente altro, sarebbe stato – a rigor di logica – di tipo etero. Horkheimer? “Chi era costui?”.

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