“Dio nostro Padre, mi fiderò sempre di te (…) Tu non fai nulla invano, e sai quello che fai”. Così invoca dal carcere il cardinale George Pell. Il suo Diario di prigionia contiene profonde pagine di meditazione.

Le parole citate, riprese da una preghiera di un altro cardinale, l’inglese poi proclamato santo John Henry Newman, il porporato australiano ingiustamente condannato per pedofilia le scrive in cella il 23 aprile 2019, martedì di Pasqua.



“In ogni situazione e ovunque mi trovi, so che non sarò mai abbandonato”, aggiunge. Il volume edito da Cantagalli che raccoglie pensieri e meditazioni del suo primo periodo di detenzione (dal 27 febbraio al 13 luglio 2019) non è solo il racconto appassionato di episodi e incontri della sua vita, oltre che un diario ricco di riferimenti colti, da Teresa d’Avila a T.S. Eliot, da Shakespeare a Tolstoj, e di osservazioni puntuali sull’attualità, dagli avvenimenti sportivi alle tormentate vicende della Casa reale britannica fino ai cambiamenti causati dall’intelligenza artificiale. Pell ci offre innanzitutto una testimonianza di fede netta, vissuta, concreta. Che si esprime in particolar modo nelle brevi preghiere da lui composte che pone alla fine della descrizione di ogni giornata trascorsa tra le sbarre. Al centro delle sue riflessioni-invocazioni c’è la dura condizione in cui si trova, con la partecipazione al dolore degli altri detenuti e il perdono per i suoi persecutori, ma ci sono anche l’esigenza che trionfi la giustizia, l’amore per la Chiesa e per la sua patria, l’Australia, e l’amaro giudizio su una società sempre più scristianizzata e lontana da Dio.



“Dio nostro Padre, concedimi la forza di superare tutto questo”. Così il cardinale Pell scrive nella prima pagina di diario il primo giorno trascorso in prigione, a Melbourne, il 27 febbraio 2019, dopo il verdetto di colpevolezza emanato dai giudici l’11 dicembre 2018. E poi: “Possa la mia sofferenza essere associata alla redenzione del tuo Figlio Gesù per la venuta del Regno” e “per la riparazione di tutti coloro che sono stati vittime della piaga della pedofilia, per la fede e per il bene della nostra Chiesa”. Accetta la prova, e il 19 giugno 2019  scrive: “Concedimi, Signore, di sopportare le tribolazioni, e di conformare in ogni cosa la mia volontà alla tua”. E il 5 luglio 2019, nei giorni dell’attesa del ricorso in appello (che verrà respinto il 21 agosto successivo): “Dio d’amore, tu sei la nostra forza. Sostienici nella nostra debolezza, illuminaci e donaci sapienza, serenità di cuore e pazienza”.



“Dio nostro Padre, prego (…) per tutti i detenuti di questa prigione, alcuni di loro disperatamente infelici, altri senza fede e speranza”. È in cella di isolamento da soli tre giorni quando – accorgendosi di quale terribile luogo di sofferenza sia per tutti il carcere – comincia a pregare per i suoi compagni di sventura, ma anche per tutti coloro che lavorano nell’istituto penitenziario, a cui chiede di essere clementi. “Prego anche per tutto il personale della prigione, che la gentilezza e la dignità dimostratami possano essere la norma e che non si ricorra mai alla violenza, alla rabbia e al disprezzo nemmeno per il peggiore dei detenuti”. Due giorni dopo, il 3 marzo 2019: “Dio nostro Padre, prego per tutti i miei compagni detenuti (…) Dona a tutti loro un po’ di pace interiore”. E il 7 marzo 2019: “Dio nostro Padre (…) aiuta i miei compagni detenuti, soprattutto quelli che stanno male”.

“Dio, padre nostro amorevole, aiutami a tenere l’odio lontano dal mio cuore”. Così scrive il 5 marzo 2019, vigilia del Mercoledì delle Ceneri e dell’inizio della Quaresima. Più avanti, il 29 maggio 2019, festa dell’Ascensione, Pell riprende alcuni versi di una lunga preghiera scritta da San Thomas More nella Torre di Londra: “Concedimi Signore (…) di considerare i miei più accaniti nemici come i miei migliori amici”. Ma la scelta di perdonare si accompagna a una forte richiesta di giustizia. Il 19 marzo 2019: “ Prego per il nostro sistema giudiziario qui in Australia, che tutti i professionisti che vi operano siano attenti nel loro lavoro in difesa della giustizia”. Ci tornerà su il successivo 21 maggio: “Dio onnipotente ed eterno, ti preghiamo, tieni lo sguardo sui tuoi servi incaricati di amministrare la giustizia secondo la legge, condannando il colpevole e dando soddisfazione all’innocente”.

“Dio nostro Padre, ti ringrazio per tutti coloro che si sono eroicamente prodigati (…) per far germogliare la fede in Australia”. Il futuro cardinale Pell – sarà arcivescovo di Melbourne e poi di Sidney, prima di approdare in Vaticano come prefetto della Segreteria per l’economia – è figlio dell’emigrazione. Nasce infatti 80 anni fa (l’8 giugno 1941) a Ballarat, nella punta meridionale dello stato di Victoria, da un anglicano non praticante di origini inglesi campione di pugilato dei pesi massimi e da una fervente cattolica di origini irlandesi. Dal padre eredita la stazza fisica e il piglio da lottatore, dalla madre una fede autentica e decisa. Che lo spinge a difendere le radici cristiane della sua terra e a chiedere con forza un cambio di rotta in campo politico e culturale. Scrive in cella il 18 marzo 2019: “Signore Gesù, mandaci qui in Australia dei leader che possano portare avanti la battaglia in difesa dell’amore, della giustizia e dell’ordine naturale”. E tre giorni dopo, il 21 marzo: “Non vogliamo che il nostro Paese diventi un deserto arido e senza vigore, in cui c’è poco spazio per l’anelito al Trascendente”.

Ed ecco la bellissima preghiera a Maria Vergine inviata in carcere al cardinale da un anonimo amico americano (Pell ha ricevuto durante la prigionia migliaia di lettere di vicinanza e solidarietà) e riportata nella pagina di diario del 15 aprile 2019, lunedì della Settimana Santa: “Maria, madre della Chiesa e madre del romitaggio, prega per noi, perché possiamo diventare strumenti dello Spirito. Prega per noi, perché impariamo a riconoscere quando è il momento di agire e quando di attendere, quando il momento di parlare e quando di tacere. Insegnaci ad ascoltare e a riconoscere la voce di Dio nei nostri cuori”. Il 13 luglio 2019, a conclusione e a suggello del suo primo volume di “memorie dal carcere” (ne seguiranno altri due, fino a coprire l’intero periodo di detenzione, terminato il 7 aprile 2020 dopo la sentenza di piena assoluzione da parte dell’Alta Corte), Pell prega affinché quanto accaduto a lui “non accada mai più a nessun altro australiano innocente”.

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