Una cassetta degli attrezzi per i lettori. Sono queste le parole scelte da Francesco Petronella per definire il suo Atlante delle bugie, libro della collana “Sartoria editoriale” di Paesi Edizioni. L’autore, giornalista della redazione dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI), cerca di fornire al lettore pochi ma decisivi strumenti per barcamenarsi nel mondo dell’informazione, soprattutto per quello che riguarda le notizie sugli esteri, con particolare riferimento alle guerre che si stanno combattendo in Ucraina e in Medio Oriente, nelle quali una parte del conflitto si gioca proprio sulla comunicazione e sulla propaganda che cerca di diffondere una narrazione dei fatti che sposti il modo di sentire dell’opinione pubblica. Le grandi crisi internazionali, ci dice l’autore, creano grandi momenti di interesse pubblico, preceduti e seguiti tuttavia da una quasi totale disattenzione. Per comprenderli meglio bisogna approfondire le notizie, cominciando dalla individuazione delle fonti e cercando le necessarie conferme.
C’era bisogno di un libro sulle fonti?
Assolutamente sì. E la crisi in Medio Oriente mi ha convinto ancora di più di questa necessità, perché la guerra a Gaza e in Israele fa parte di un conflitto che non è solo il più lungo e grave della storia contemporanea, ma quello che crea più polarizzazione negli osservatori esterni, compresi i fruitori italiani delle notizie. Con l’avvento dell’informazione digitale, infatti, si è rafforzata la tendenza a cercare non i fatti in quanto tali, ma le narrazioni dei fatti che confermano la nostra prospettiva di partenza. In taluni casi, mi è capitato di constatare nella vita di tutti i giorni, i lettori non hanno davvero idea di cosa sia effettivamente una fonte, confondendo l’organo di stampa che si sta leggendo con la vera origine della notizia.
In che senso?
Mi è capitato, ad esempio, di mandare il link di un’agenzia di stampa palestinese sul bilancio di un attacco, ma un interlocutore mi contraddiceva dicendo che è una fonte di parte a favore dei palestinesi. Peccato che l’agenzia citasse un comunicato delle Forze israeliane, che erano la fonte primaria. Ecco di cosa parlo: bisogna ripartire dalle basi, altrimenti è impossibile capire come valutare la veridicità di una notizia o l’attendibilità di una fonte, che può essere di parte o di propaganda.
Non pensa sia un tema da addetti ai lavori?
Decisamente no. Il controllo delle fonti dovrebbe far parte del patrimonio di ogni giornalista, ma anche il lettore è chiamato a fare la sua parte. Io, nel mio libro, mi occupo di esteri, ma il discorso si può applicare anche all’informazione che riguarda la politica interna, l’economia, la cronaca etc. Valutare correttamente le notizie può contribuire a creare cittadini più consapevoli, oltre che più abili nel destreggiarsi nella vita quotidiana. Io penso che tutto questo possa contribuire anche ad alleviare il conflitto tra lettori e giornali.
Quale conflitto?
Sono anni ormai che la fiducia del pubblico nei media cala su base regolare e a farne le spese sono soprattutto i giornali, online e cartacei. Parallelamente, i giornali si vedono “costretti” a ricorrere a strategie di clickbait – titoli sensazionalistici, allusioni, etc. – che portano a quello stesso calo di qualità che innesca la sfiducia dei lettori. Insomma: è il classico caso del cane che si morde la coda.
E come se ne esce?
Io penso che, se il pubblico conoscesse meglio il modo in cui “nascono e crescono” le notizie, capirebbe perché a volte si verificano certe distorsioni, che talvolta sono frutto di umana debolezza e non necessariamente di malafede o di propaganda. E questo ciò che cerco di fare nel mio Atlante delle bugie. In altre parole: i lettori dovrebbero essere un po’ più giornalisti e i giornalisti un po’ più lettori.
Nel suo libro usa come “caso di studio” le guerre in Siria e Ucraina. Cosa hanno in comune?
Le guerre, come quelle in Siria e in Ucraina, creano grande attenzione mediatica su luoghi e scenari del mondo di cui solitamente ci occupiamo poco. Questo provoca un duplice effetto: da una parte inizia un vero e proprio bombardamento mediatico, in cui notizie iniziano a rincorrersi a tamburo battente come è successo dopo il 7 ottobre scorso; dall’altra quasi sempre ci si è persi “le puntate precedenti” e non si hanno gli strumenti necessari a comprendere gli ultimi avvenimenti. In questa tempesta, infine, si inseriscono poi le propagande di guerra, con gli attori coinvolti che cercano di portare avanti non solo le vittorie sul campo, ma anche la propria narrazione. Ed ecco quindi che torna la domanda iniziale, a cui cerco di rispondere nel mio libro: come si fa a valutare una fonte?
(Max Ferrario)
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