Già il titolo può suonare come uno schiaffo: “Illuminismo economico – Sapere Aude: il risveglio della ragione per uscire dalla crisi”. Lo svolgimento non tradisce le aspettative ed è così servito un nuovo atto di accusa e proposta che cade nel pieno di un’emergenza sanitaria economica e istituzionale che di sapore illuminista ha ben poco da offrire.
Economista anticonformista, professore emerito di Politica economica, già direttore generale di Confindustria, due volte ministro, presidente della Consob, Paolo Savona scende in campo con un nuovo libro, per i tipi di Rubbettino, che chiude idealmente il ciclo aperto con “La fine del laissez-faire e della liberal-democrazia” e proseguito con “Memoralia e moralia di mezzo secolo di storia”.
Un racconto ininterrotto per avvertire una volta di più il suo pubblico di riferimento, un ceto dirigente sempre più evanescente, dei rischi che si corrono mettendo in sonno la ragione mentre i tempi straordinari richiederebbero straordinarie risposte che possono incanalarsi nel solco delle soluzioni non convenzionali grazie alle quali l’Europa sta recuperando vigore.
Insomma, di fronte all’opportunità monstre di accedere ai finanziamenti stanziati dall’Unione sotto il mantello del Next Generation Eu non basta infilare un progetto dietro l’altro – e questo è un concetto che sembra essere stato largamente assimilato – perché se non si procede nel Paese a una robusta revisione dell’architettura istituzionale tutto resterà sulla carta.
Con la conseguenza, che il dibattito attuale sembra aver dimenticato, d’incassare l’anticipo previsto senza poter accedere alle ulteriori tranche del fondo comunitario – frutto di un coraggioso indebitamento collettivo – perché a negarcele sarebbero i nostri stessi partner in forza della cosiddetta clausola del freno a mano: stop alla corsa di chi non sa dove e come andare.
Nel frastornante tentativo di definire rinnovati equilibri politici e di potere, con conseguente possibilità di avere voce in capitolo su nomine e spese, ci si sta dimenticando di avviare quelle riforme sempre invocate e mai attuate – giustizia, burocrazia, tempi – che possono e devono avvicinare le parole ai fatti. Non basta dimostrare di avere buone idee, occorre saperle metterle in pratica.
Nel merito, Savona ricorda come i due propulsori che l’Italia può vantare sono le esportazioni e i risparmi. Le prime merito di una nutrita schiera di piccoli e medi imprenditori che hanno imparato a competere nel mondo; i secondi, un vero e proprio serbatoio di energia che occorre indirizzare verso l’economia reale perché possa crescere e creare benessere diffuso.
Accanto a questi due punti forza se ne scorgono altrettanti che funzionano come lo zucchero nella benzina con il risultato di imballare i motori: una sfrenata voglia di assistenzialismo, in parte incoraggiata da un Governo e una maggioranza inclini a un anomalo allargamento della sfera pubblica, e la tendenza a non rispettare i contratti che mina la fondamentale certezza del diritto.
Pesi e contrappesi, vizi e virtù, miseria e nobiltà, che fanno del nostro un Paese esageratamente imprevedibile perfino per chi si atteggia a giocare da attore protagonista e mostra di conoscere la parte che interpreta. Tutto è impalpabile e scivoloso, difficile da afferrare e foriero di rovinose cadute. È facile capire che affidarsi alla benevolenza dello Stellone non può bastare più.