Cesare Cavalleri, direttore di Studi cattolici dal 1966 al 2022, è stato sempre felicemente imprevedibile; lo è stato fino all’ultimo tratto della sua vita, quando un anno fa annunciò su Avvenire che gli sarebbero rimaste nove settimane di vita (in realtà, ahinoi, furono soltanto sei, se ne andò infatti lo scorso 28 dicembre, festa dei Santi Innocenti).
La sua felice imprevedibilità si tocca con mano a ogni pagina di Letture, il suo ultimo, sconfinato (1.320 pagine) e bellissimo libro, che raccoglie i suoi interventi letterari dal 1967 al 2022 usciti sulle testate giornalistiche della sua vita, Avvenire, a cui collaborò dal primo numero, e Studi cattolici, mensile che ha diretto sino alla fine dei suoi giorni. In redazione, negli ultimi anni, avevo insistito a lungo con lui per pubblicare Letture, ma Cavalleri rimandava sempre la messa in opera dei lavori. Credo che in lui ci fosse il timore di essere “monumentalizzato”, e che il volume potesse avere qualcosa di vagamente funereo (è la paura dei poeti che stampano la loro opera omnia e si affrettano subito a pubblicare un inedito per ribadire di essere vivi…).
Ma in Letture, che Ares lancia per festeggiare i 60 anni della casa editrice, non c’è davvero nulla di funebre. È un libro vivacissimo e colorato, pieno di arguzia, con una scrittura di cristallo che va sempre e subito al cuore delle cose. È un libro pieno di curiosità dispiegato su 611 “voci” che spaziano dal dicembre 1962 al novembre 2022, da Elio Filippo Accrocca sino a Stefan Zweig. È un libro “specchio” in cui gli amici riconosceranno i mille interessi di Cavalleri, che con nonchalance alternava nel suo studio le opere di Ungaretti e Quasimodo a scaffali dedicati alla Sindone, alla moda, al galateo, all’estetica, al cinema, alla televisione (di cui fu per anni raffinato esegeta) e persino ai Ching e all’astrologia (sfogliando Personology. Il linguaggio segreto delle date di nascita ripeteva la formula di san Tommaso d’Aquino: Astra inclinant, non necessitant).
Letture è un libro che non stanca mai, una wunderkammer che restituisce la vita in ogni suo aspetto. Ci sono stroncature formidabili, ma in punta di fioretto, vedi alla voce Baricco o Mazzantini fino al “pluristroncato” Umberto Eco; ci sono tanti elogi inaspettati, dalla Neoavanguardia agli autori più giovani (basta vedere i 12 interventi su Davide Brullo, “lo scrittore più eccentrico che conosca”, o inoltrarsi nei 7 pezzi dedicati a Nicola Lecca, “scrittore dall’avvenire radioso”), riscoperte, dai romanzi “borbonici” di Carlo Alianello alle atmosfere crepuscolari di Ida Boni. Letture è un libro che apre orizzonti nuovi e persino profetici, si veda quanto scrisse nell’agosto del 1983, quando per primo raccontò Il Cavallo rosso che aveva voluto pubblicare (quasi) alla cieca e: “Mi guardo intorno, mi sforzo di ricordare: non vedo nessun altro autore italiano, in questo secolo, in grado di scrivere un romanzo di questa intensità, capace di compiere simili prodigi”.
Nel pantheon di Cavalleri la poesia ha un manto regale. Tra gli autori “decisivi”: Montale (di cui difese a spada tratta il contestato Diario postumo), Caproni (con cui intrattenne un vertiginoso carteggio sulla ricerca di Dio), Pound (che inseguì in una notte a Venezia e a cui dedicò un’intera collana Ares) e Rimbaud (di cui teneva una foto come un talismano). Come sottolinea Giuseppe Romano, che ha curato l’edizione di Letture con acribia certosina, i pezzi dedicati a questi big “sono veri e propri saggi scanditi, nei decenni e dinamizzati dalle acquisizioni critiche e bibliografiche, che brillano per profondità, serietà d’impianto, coerenza… Sono irrinunciabili a chiunque, a livello accademico, saggistico, giornalistico, voglia occuparsi seriamente di quegli autori”.
Tra gli autori mainstream, Cavalleri amava Ammaniti: di Io non ho paura, per esempio, scrisse: “un romanzo forte, inconsueto nel panorama contemporaneo, dall’angolazione narrativa perfetta”; ecco invece un passo dalla recensione a Per sempre di Susanna Tamaro: “Romanzo duro e ben scritto, con quella ‘semplicità’ di stile che, in Tamaro, lascia sempre intuire una stratificazione di scritture”. Così invece l’attacco della recensione alla Solitudine dei numeri primi di Paolo Giordano: “Possiamo affermare con sicurezza che questo clamoroso esordio segna la nascita di un grande scrittore”. Tra gli autori più amati (e studiati) c’è Dino Buzzati, basti leggere la recensione “innamorata” uscita nel gennaio del 1973 alle Cronache terrestri. Del resto, nella sua autobiografia sotto forma di intervista con Jacopo Guerriero, Cavalleri confidava: “Buzzati è il mio idolo. Fin da ragazzo ritagliavo i suoi articoli dal Corriere e li rilegavo in libretti di autoeditoria”. Entrando nella galassia di Letture si possono ritrovare i “maestri di stile” dell’esigentissimo Cavalleri: Ennio Flaiano, “osservatore implacabile del nostro mondo in sfacelo”, Cristina Campo e il dimenticato Alessandro Spina.
Letture è un coraggioso contro-canone della letteratura del nostro tempo. Un libro per aspiranti scrittori che potranno imparare come non si deve scrivere; un libro per futuri giornalisti, per imparare come si può dare una notizia a ogni riga; un libro per tanti professori che potranno attingere a centinaia di testi da consigliare ai propri alunni. Ma Letture è soprattutto un libro per tutti, un libro “per vivere meglio”, che è una delle frasi più ricordate da Cesare Cavalleri, ereditata dal suo amato Saint-John Perse che considerava la solitaria vetta della poesia del Novecento.
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Oggi, mercoledì 29 novembre, Letture verrà presentato alle 18.30 all’Auditorium CMC di Largo Corsia dei Servi 4 a Milano. Intervengono S.E. Mario Delpini, arcivescovo di Milano, Arrigo Cavallina, saggista e scrittore, Alessandro Zaccuri, direttore della comunicazione dell’Università Cattolica di Milano. Coordina Giuseppe Romano, curatore di Letture
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