Fatti a nomina e va curcati. È uno dei più famosi proverbi siciliani, peraltro molto diffuso, dal significato immediato. La traduzione è semplice: “Fatti la fama e vai a dormire”. Sta a indicare che ciò che comunemente si dice di una persona, che diventa opinione diffusa, è dura a morire. In altri termini: una volta che si è raggiunta una certa fama, è difficile farla mutare. Sono tantissime le persone che ci hanno preceduto di cui prevale un certo giudizio, spesso negativo, che si trascina nei secoli e che non si riesce a mutare, malgrado accurate e scientifiche analisi e testimonianze.
Il libro di padre Bartolomeo Sorge Un gesuita felice. Testamento spirituale (Edizioni Terra Santa, 2021) da poco in libreria, frutto del prezioso lavoro di Maria Concetta De Magistris, non ha questa pretesa, ma può aiutare molto a rivedere quell’immagine di padre Sorge (1929-2020) totalmente schiacciata tra l’impegno politico e quello culturale.
“Un libro denso, articolato, composito, perché costituito da due parti …Potremmo dire che questo libro rappresenti quasi una forma di dittico, come certe pitture su tela del tardo Medioevo”. Così lo definisce nell’incipit della sua prefazione il teologo Massimo Naro, alludendo alla prima parte del testo, in cui la De Magistris ripercorre l’impegno ecclesiale e civile del gesuita e alla seconda, che raccoglie i suoi appunti spirituali.
Ma forse sarebbe più giusto parlare di un trittico, visto che le quasi 200 pagine sono impreziosite anche da quelle iniziali di Massimo Naro, docente della Facoltà teologica siciliana, in cui precisa che si tratta “di libro appunto ‘misto’, che salda insieme biografia e autobiografia”. Questa sorta di doppio registro di lettura e anche di interpretazione consente al lettore un avvicinamento alla figura di padre Sorge, sgombro dallo stereotipo che lo ha accompagnato soprattutto negli anni della sua permanenza a Palermo, e più vicino allo spirito contemplativo lontano dai riflettori, che egli ha perseguito nella sua lunga esistenza.
Grande merito di questo ausilio interpretativo va alla De Magistris che, in forza della lunga amicizia che l’ha legata al sacerdote, ne racconta la vita, mescolandola con la propria, nella quale la figura di Sorge si è trasformata nel corso degli anni in quella di direttore spirituale, in grado di condurla fino all’incontro con la comunità monastica benedettina di Cisterna (Perugia) e poi alla costituzione della Casa di preghiera “BetEl”, una esperienza di vita monastica nel cuore della città di Palermo.
Un’altra utile guida nell’avvicinamento alla spiritualità di Sorge sta nella prima parte del libro che De Magistris intitola e individua come “i sogni” di padre Bartolomeo. I sogni cui fa riferimento sono quelli che lo stesso sacerdote ha indicato ai tanti amici che gli hanno fatto corona in occasione della celebrazione della Messa per i suoi 60 anni di sacerdozio, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua esistenza. Essi sono: divenire sacerdote; contribuire alla costruzione della città a misura d’uomo; edificare una chiesa rinnovata.
Dopo i “sogni” il libro raccoglie i segni”, cioè gli appunti spirituali raccolti in vita e lasciati a tutti da padre Sorge. Li elenchiamo solamente per lasciare al lettore il piacere di assaporarli e condividerli, per l’umanità e la spiritualità che promanano. Essi sono: la vocazione, il cambiamento epocale, il dono della Parola di Dio, il dono dello Spirito santo, il dono della preghiera del cuore, il dono dell’Eucarestia.
“Il settimo ‘segno’ dice Sorge – è stato il dono assolutamente gratuito della presenza costante nella mia vita di Maria, Madre della Divina Grazia”. Il riferimento è all’icona Mater Divinae Gratiae: immagine che lo aveva accolto da novizio della Compagnia di Gesù a 17 anni nel 1946 a Lonigo e che aveva ritrovato, per uno strano disegno della Provvidenza, nella forma di un’identica copia cinquecentesca nell’ultimo tratto della sua lunga vita, nel 2016 nell’infermeria della residenza dei gesuiti Aloisianum di Gallarate, provincia di Varese.
Come detto, il libro non ha la pretesa di indicare una verità storica, quanto di aggiungere ad una figura, certo complessa, quello spessore di spiritualità di cui la discrezione che sempre ha contraddistinto Sorge nella sua vita ci ha privato.
Tutto ciò porta a condividere il giudizio sintetico che Naro dà nella sua prefazione, definendo Sorge un “gesuita profeta”, precisando opportunamente che “il profetismo non è preveggenza del futuro, ma comprensione profonda e attendibile di quanto accade già”.
Difficile non condividere questo giudizio. Il libro aiuta a comprendere da dove vengono le sue radici.
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