Che libro è la Bibbia? A quando risale la sua redazione e qual è il testo che ci è stato trasmesso fino a oggi, chi ne sono gli autori?

Il temine deriva dal greco ta biblia, che appare per la prima volta nella Lettera di Aristea, e con cui Giuseppe Flavio si riferisce ai libri sacri degli ebrei. Gli evangelisti utilizzano l’espressione la Scrittura (hè Graphè), mentre la tradizione ebraica usa Tanak, cioè le iniziali dei tre libri Torah (la Legge), Nevim (Profeti), Ketuvim (altri scritti).



Più che un libro dobbiamo immaginarla come una biblioteca composta da tanti rotoli raccolti assieme, San Girolamo la definirà la biblioteca divina. Questa biblioteca tuttavia non è la stessa per tutte le comunità che hanno ritenuto questi libri sacri e nel corso del tempo si sono costituiti diversi canoni.

Ad esempio il canone della Bibbia ebraica, fissato attorno al II secolo, è sostanzialmente identico a quello palestinese già corrente nel I secolo, come testimonia Giuseppe Flavio, ma questo non è il canone adottato da un’altra comunità, quella samaritana. Esistono, inoltre, traduzioni greche che vennero utilizzate dagli ebrei della comunità di Alessandria. La Septuaginta, la cui redazione si situa fra il III e il I secolo a.C., ha un canone ancora diverso, che aggiunge al canone palestinese otto libri in greco, detti deuterocanonici, mentre l’insieme dei Nevim è diviso in due: i libri storici e i Profeti.



Quello che è chiamato nella tradizione cristiana Antico Testamento è dunque una biblioteca costituitasi nel corso di mille anni ad opera di vari autori, con diverse tipologie testuali e in lingue diverse.

Che testo è allora la Bibbia? Se la storia redazionale è così lunga, ibrida e complessa dov’è la tessitura che tiene assieme il testo? Chi è l’autore? E soprattutto esiste qualcosa che può essere inteso come un originale?

Chi ha scritto la Bibbia

Secondo la tradizione i cinque libri della Torah (o Pentateuco per la tradizione dell’ellenismo greco e poi di quella cristiana) vennero scritti da Mosè. Naturalmente, anche se fosse una figura storica, Mosè non può esserne stato l’autore, perché troppe cose sono improbabili, come il fatto, ad esempio, che Mosè avrebbe dovuto scrivere della propria morte prima che accadesse.



Il testo del Pentateuco presenta invece tante contraddizioni, discordanze e duplicazioni di passi che è difficile poter pensare all’opera di un unico autore. Per questo da almeno un secolo si ritiene che il testo sia il frutto di diverse fonti. L’ipotesi (ipotesi documentarista) presuppone che ci siano quattro fonti che hanno contribuito ai cinque libri del Pentateuco: la fonte Jahvista (J); la Elohista (E); la Deuteronomista (D), la sacerdotale (P).

L’esistenza di quattro fonti è stata ipotizzata sulla base dei vari stili letterari dei diversi libri e sul fatto che in alcuni testi Dio viene chiamato Jahweh, mentre in altri il termine è Elohim. Ogni fonte, inoltre, riflette una particolare situazione comunitaria e storica da cui derivano diverse teologie.

L’ipotesi si può riassumere così. Durante i regni di Davide e Salomone (1000-922 a.C.), gli scribi della corte reale e del Tempio iniziarono a raccogliere in testi scritti le storie trasmesse oralmente, dando inizio alla fonte J. Dopo la breve guerra civile seguita alla morte di Salomone (922 a.C.) si formano due regni. Quello di Giuda proseguì la tradizione scritta di J, mentre il regno settentrionale sviluppò una sua tradizione alternativa (E).

Nel 721 a.C. il regno settentrionale venne conquistato e distrutto dagli Assiri e profughi ebrei si rifugiarono a Gerusalemme, portando con sé la loro tradizione scritta (E). Si crea così una nuova tradizione che combina le due e crea una fonte JE.

Successivamente si sviluppa un’altra tradizione scritta, costituita dal Libro del Deuteronomio e forse anche da Giosuè e Samuele, che viene perduta ma ritrovata da re Giosia durante la ristrutturazione del Tempio (622 a.C.). Questa tradizione viene poi ampliata creando l’insieme costituito dai Libri del Deuteronomio e dei Re.

Nel 587 a.C. il regno meridionale viene conquistato a sua volta dai babilonesi e molti capi religiosi ebrei vengono portati come prigionieri a Babilonia. Durante l’esilio, o dopo il ritorno, questi iniziano a scrivere la storia del popolo ebraico. Questo nuovo testo viene realizzato rivedendo la fonte JE e aggiungendo i Libri della Genesi, dell’Esodo, del Levitico, e dei Numeri. A questi libri viene infine aggiunto il gruppo di libri che vanno dal Deuteronomio ai Re e gli scritti dei Profeti, formando così il primo canone delle Scritture.

Naturalmente questa non è l’unica ipotesi possibile. Ad esempio, secondo Michelangelo Tábet la forma definitiva del Pentateuco risale al V-IV secolo a.C. anche se forme canoniche di alcune parti erano già presenti in precedenza. La fonte principale è P, redatto originalmente nel periodo dell’esilio. La fonte D ha avuto una sua storia che risale al VII secolo. Le fonti E e J sono dubbie, della E viene messa in discussione la reale esistenza.

Un’altra ipotesi (Scuola della Storia delle forme) è quella secondo cui il Pentateuco si è formato sulla base di una mescolanza di leggi, tradizioni orali e costumi diversi che i redattori avrebbero riunito conservando le loro caratteristiche originarie. Da questo punto di vista il testo biblico si è costituito a partire da tipologie testuali precedenti che corrispondono a generi letterari specifici.

(1 – continua)

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