Può una canzone cambiare il mondo? E ancora, una canzone può essere portatrice di salvezza? Per Mary Gauthier assolutamente sì, tanto che la cantautrice di Nashville ha scritto un libro, Saved by a Song (disponibile solo in inglese ed edito da St. Martin’s Essentials), per raccontare, partendo dalla sua esperienza, come l’arte dello scrivere canzoni le abbia salvato la vita. Tutto parte dal cuore racconta: “Una canzone può cambiare un cuore generando empatia. Provare le sensazioni di un alto, una volta capiti e compresi i propri sentimenti, porta ad essere più misericordiosi. Le grandi canzoni richiedono una immedesimazione. Un cuore trasformato cambierà il modo di pensare. Quando una mente cambia, una persona cambia. Quando una persona cambia, il mondo cambia. Una canzone, un cuore, una mente, una persona tutto succede in una volta”.
Del potere salvifico della musica se n’è parlato spesso in quest’ultimo periodo: gli U2 hanno recentemente pubblicato il singolo Your song saved my life, Jeff Tweedy dei Wilco ha raccontato di aver preso coscienza di come la sua arte possa essere fonte di bellezza e di ispirazione positiva per altri e poi si possono leggere libri come Ambulance Songs con decine di esempi di canzoni che hanno salvato vite.
Mary Gauthier fin dalla nascita ha sofferto come pochi altri. Una vita drammatica, al limite della disperazione, fino alla scoperta e alla consapevolezza, grazie alla musica, che anche lei ha un senso e un ruolo in questo strano mondo. L’abbandono della madre dopo pochi giorni di vita e i primi mesi passati in orfanotrofio (ben descritto dal suo album The Foundling del 2010 prodotto da Michael Timmins dei Cowboy Junkies). L’omosessualità e la difficoltà nel gestire un rapporto stabile di coppia, la dipendenza da droga e alcol, la separazione dei genitori adottivi, il sedicesimo compleanno passato in un centro di riabilitazione e il diciottesimo rinchiusa in carcere. E ancora l’overdose e l’arresto per guida in stato di ebrezza per completare il felice quadretto. Eppure dopo 15 anni di dipendenze e di eccessi “in una spirale discendente” senza alcuna speranza apparente, proprio quando la vita sembrava aver preso una piega disperata, Mary prende coscienza di poter essere in qualche modo utile e di riuscire a contribuire al sollievo delle persone partendo dal proprio vissuto e dall’esperienza maturata.
Questa consapevolezza nuova le consente da prima di sconfiggere le dipendenze e poi a far emergere in lei l’arte della scrittura. Sono proprio il dono della scrittura e del comporre musica a generare in Mary un potere salvifico anzitutto per sé stessa e poi per il mondo: “Le miei canzoni, io che condivido la mia vita, mi hanno aiutato a trovare un senso nel dolore. Ho iniziato a vedere che pure le cose peggiori che mi accadevano potevano essere di aiuto per gli altri”. La vita si arricchisce quindi di un gusto nuovo: i primi apprezzamenti dei colleghi di Nashville, la riappacificazione con il padre prima della morte (Mercy now), successivamente la ricerca della madre naturale e infine l’accettazione del proprio passato. In questo percorso di riabilitazione la semplice preghiera dell’Angelo di Dio, imparata nei primi anni di insegnamento cattolico, le ha dato conforto e l’ha accompagnata nei momenti più bui: “So di non essere sola, un angelo custode è al mio fianco da quando sono entrata nell’orfanotrofio di St. Vincent”.
Ognuno dei 13 capitoli del libro è introdotto dal testo di una canzone e nel dettaglio viene racccontata la genesi come nel caso di I drink, scritta con Crit Harmon, e descritta dal punto di vista di un alcolizzato che non solo non riesce a smettere di bere ma che proprio non ha nessuna intenzione di tornare sobrio. Le revisioni del testo hanno richiesto due anni per giungere alla versione che tutti noi apprezziamo e che Bob Dylan ha fatto conoscere al grande pubblico tramite il suo Theme Time Radio Hour Show. Ogni capitolo è ricco di aneddoti e curiosità come i racconti dei primi concerti delle Indigo Girls, le lezioni di piano da Suor Augusta, il club Passim, le esibizioni “open mike” e le serate a suonare in locali “piene di sedie vuote, No fans, No press, No money”.
L’ultima parte del libro è dedicata agli incontri e ai fatti che hanno contribuito alla realizzazione di Rifles & Rosary Beads11, il suo ultimo album scritto con i veterani, un disco che dà voce ai reduci di guerra che hanno dedicato la vita per la nazione e che al rientro in Patria hanno invece perso loro stessi. “Ancora una volta ho visto il potere di una canzone triste rendere felice l’essere umano”, nel caso dei reduci “la canzone triste diventa un balsamo per le anime sofferenti di ferite morali, una ferita alla coscienza che ha provocato sensi di colpa e vergogna”.
Questo percorso di scrittura ha consentito a Mary di riconciliarsi con il mondo, con i genitori e con sé stessa per poi offrire misericordia agli altri: “You can’t start the healing till you stop the bleeding”. Un libro positivo, portatore di speranza e che vuole essere un invito per gli aspiranti songwriter a ricercare e a far emergere la verità in ogni circostanza: “Le canzoni chiedono ai loro cantautori di essere vulnerabili. Essere coraggiosi. Essere veri. C’è una forza benevola che cerca di spingere la verità in superficie di modo che lo scrittore (e il mondo) possa vederla”.