Ci sono libri che leggi d’un fiato, quasi ti cogliesse la frenesia di capire come vanno a finire quelle parole che ti hanno rapito, se restano chiuse tra le pagine sfogliate o se le porti addosso come le avessi vissute. L’ultimo libro di Davide Rondoni non è di quelli che puoi leggere d’un fiato perché il respiro te lo prende, te lo ruba, lo incatena nel suo viaggio bellissimo e arrischiato nell’incommensurabile dell’arte e dell’animo umano. Lo aveva scritto anche Rilke, nel suo andare inesausto tra opere e artisti, che “[…] facciamo dell’incommensurabile un’attività del nostro cuore, perché non ci distrugga”.
Ecco, è lì, in ciò che non si può calcolare, che fugge da qualunque riduzionismo, in quell’abisso tra misura e dismisura, tra ossessioni e beatitudini, palpiti celesti e terribilmente terresti del cuore, che si annidano e si rivelano i battiti, i sussulti dell’arte, della vita. Con il suo Rispondimi, bellezza (Luigi Pellegrini Editore, 2023) Rondoni è come se accogliesse un’invocazione, un’urgenza dei nostri tempi e smascherasse, con la sua voce visionaria, quello spaccio gratuito di facili offerte di felicità e l’asservimento a logiche di potere che vorrebbero cancellare di cosa e per cosa è fatto l’essere umano (“Una definizione di me stesso? È come domandare la definizione dell’infinito”, diceva Pasolini).
Lo fa con le sue Poesie per artisti, maghi, sibille e visioni, come reca nel sottotitolo, con versi scorticati e scorticanti, riflessioni, sorrisi e lacerazioni di fronte a ciò che non ha valore perché incalcolabile, e che costantemente arde nell’incontro con l’arte e gli artisti: i sommi di sempre Michelangelo, Piero della Francesca, Raffaello, Bacon, i compagni di oggi Omar Galliani, Nicola Samorì, Agostino Arrivabene, Ernesto Lamagna, loro ma non solo loro, la musica di Lucio Dalla, Elvis o Bach, levando il suo canto tra la profezia e la danza. Lo fa con le sue parole di poeta, strumento d’elezione e sfinimento, e il suo cuore tutto diamanti e detriti (come aveva scritto alcuni anni fa nel suo La natura del bastardo, Mondadori, 2016), ma anche quale “atto di gratitudine e di insurrezione. Perché ho visto le loro opere, e ho visto i corpi, le ossessioni, le occhiate concentrate, i fraterni sgomenti e i dubbi e i pensieri imprendibili. Quel che testimonia l’essere umano, carne e non macchina, carne misera e gloriosa e non numero”.
L’obbedienza totale alla vita, all’arte, s’incarna così, tra queste pagine, in visioni che aprono a domande ruvide ed estreme e si può solo immaginare il poeta fermo… no, incapace di stare fermo, nel guardare il farsi dell’evidenza, dell’essenziale della realtà nella materia, nel colore, nei corpi. “Come farò a lasciarti di me/ del mio cuore una traccia/ che non sia vana, che non sia, / lei parola, solo una puttana, scarsa/ bestia, aria che diventa malsana, / ma sia almeno/ un uccelletto di luce, un riflesso/ di fiamma nel vento, un omaggio, quasi/ un profumo che ti arrivi -così vicina, così/ lontana?”
L’ouverture si trova già nel risvolto della copertina ed è subito invito ad attraversare con lui spazio e tempo “perché insorga la fiamma in cui l’albero e il vento possono diventare destino”, come aveva scritto Bonnefoy, ricordando il movimento proprio della poesia. Ci si sposta allora tra fuochi, ardori e amori che non si spengono, incanti che si svelano, tra pittori mendicanti, discese agli inferi e resurrezioni, ori per gli avventurieri e mari lucenti per sorprendere quei “maestri del visibile che cercano l’invisibile”, come scrive l’autore stesso.
Ci sono allora libri che leggi d’un fiato, per chiudere finalmente il cerchio, la narrazione, e passare ad altro, come avviene spesso. Il libro di Davide no. Il suo Rispondimi, bellezza resta una mano aperta, tesa, tremante e luminosa che non puoi fermare, perché quel bacio, quello strano bacio del poeta al mondo, all’opera, alla vita, non è mai placato e continua, sempre, infinito. “Posa le tue carte, posa la tua/ arte, posa la tua/ morte – artista, vedi tutto/ il mondo mente, il mondo spara/ il mondo è mondo e basta/ mondo e devasta – artista,/ le mappe sono cancellate/ o portano alla guerra,/ alla solitudine/ posa le tue carte/ leggiamole insieme tra le lacrime/ leggiamole fino alla morte/ e toccheremo con il nostro grido/ la luce o come la chiamano laggiù/ le ultime porte”.
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