Ha amato la verità più di sé stesso, pagando un prezzo molto alto. Andrej Sacharov (1921-1989), geniale fisico teorico, ha testimoniato di fronte al mondo una coraggiosa resistenza etica al totalitarismo sovietico. La sua scelta della libertà e della giustizia è drammaticamente attuale e ci parla ancora oggi. Ksenija Novochat’ko in Andrej Sacharov. L’uomo che non aveva paura (Caissa Italia, 2023), tradotto da Tatiana Pepe, racconta la storia dello scienziato e intellettuale che ha segnato il destino dell’umanità “per anni o persino decenni”. L’autrice ha adottato la forma espressiva della graphic novel con l’intento di far conoscere il messaggio di verità di Sacharov alle giovani generazioni e al maggior numero di persone. Il libro di grande formato è stato illustrato da Eugenija Rajzman, Ol’ga Terechova, Polja Plavinskaja. Un contributo notevole è stato dato da Sergej Lukaševskij e dal Centro Sacharov di Mosca. Purtroppo, il 18 agosto 2023 il Tribunale di Mosca ha chiuso il Centro Sacharov, attivo nella difesa della dignità della persona e dei diritti umani, avvalendosi di un cavillo giuridico. Lo stesso tribunale pochi giorni prima aveva condannato Aleksej Naval’nyj alla pena di 19 anni di carcere.



Il Centro, particolarmente importante a livello culturale e sociale, conteneva il prezioso archivio dello scienziato e ospitava una mostra permanente sui dissidenti in URSS. Il luogo, frequentato da tanti cittadini e voluto da Elena Bonner, moglie di Sacharov, era stato già considerato “agente straniero” nel 2014, subendo restrizioni alle sue attività.



Nel testo di Novochat’ko viene raccontata la vita del padre della bomba atomica sovietica. Si tratta di una storia segnata dallo studio, ma soprattutto dal cambiamento e dall’obiezione di coscienza. Il primo Sacharov è convinto che la bomba atomica sovietica possa servire a mantenere un equilibrio necessario a evitare la guerra con gli USA. Lavora, perciò, con altri scienziati in un sito segreto per arrivare al risultato già raggiunto dagli americani.

Il 29 agosto 1949 viene testata la prima bomba sovietica e il 12 agosto 1953 ha successo anche l’esperimento con la prima bomba all’idrogeno.



Ma il 22 novembre 1955, dopo la riuscita del test della nuova terribile bomba RDS-37, quando viene fatto il primo brindisi proprio in onore di Sacharov, accade qualcosa. Lo scienziato sbianca e ammutolisce. Vede quello che tutti gli altri non vedono: la forza del potere atomico può sfuggire all’uomo. Tutto può finire per sempre, perché nessuno osa guardare fino in fondo la terribile realtà della bomba.

Tutti, politici e scienziati, sembrano giocati da un gioco folle che può far perdere l’io e distruggere l’umanità.

Tali convinzioni diventano certezze definitive con uno studio scientifico sugli effetti delle radiazioni. Lo scienziato giunge a calcoli e a statistiche impressionanti. I test nucleari hanno un impatto devastante sull’ambiente e sulle persone. Le radiazioni sprigionate dagli esperimenti uccidono lentamente centinaia di migliaia di persone. La potenza superomistica si abbatte su persone inconsapevoli di essere diventate cavie ignare. Malattie tumorali e genetiche, avvelenamento della biosfera, danni alle generazioni future sono le conseguenze inevitabili di un potere che resta impunito.

Sacharov è colpito dalla sua responsabilità personale e non vuole più stare al gioco. Inizia una rivoluzione copernicana dentro di sé, che avrà ben presto effetti dirompenti nel mondo sovietico. Nel 1964, l’anno cruciale della deposizione di Nikita Chruscëv voluta dai poteri forti, prende posizione contro l’elezione ad accademico delle scienze di Nikolaj Nuždin, protetto dal famigerato agronomo Trofim Lysenko, sostenitore in passato dell’unica scienza ammessa dal potere staliniano.

La sua voce si fa sentire con chiarezza e nettezza. Insieme ad altri scienziati si oppone con vigore alla candidatura di chi è stato responsabile della persecuzione di altri scienziati. La presa di parola del timido scienziato, in quella circostanza, è il preludio al radicale punto di svolta della sua vita. Nel 1966 esprime la sua stima nei confronti dei dissidenti Andrej Sinjavskij e Julij Daniel’, poi sottoscrive con altre personalità una lettera alle autorità contro la possibile riabilitazione di Stalin.

Due anni dopo, il suo maggio ’68 evidenzia quanto egli è diverso dai tanti intellettuali europei à la page. Lo scienziato non è, infatti, un soggetto anonimo nella folla di una manifestazione o un vezzeggiato protagonista da salotto, ma un uomo presente nella storia con la solitudine del coraggio. Favorevole alla Primavera di Praga, manda il suo articolo Considerazioni sul progresso, sulla pacifica coesistenza e la libertà intellettuale a Leonid Brežnev, non ricevendo risposta. Nel testo, poi fatto circolare come samizdat (18 milioni di copie di tiratura mondiale), lo scienziato scrive che la guerra nucleare può portare alla distruzione dell’umanità, e che per prevenire l’acuirsi dei conflitti tra le potenze è necessario il rispetto dei diritti dell’uomo sanciti dall’Onu.

Il geniale fisico, “Eroe del lavoro socialista”, inizia, così, a conoscere la perdita. Viene emarginato dal sistema e sospeso dal lavoro nel “Sito” di ricerca nucleare. Perde anche Klava Vichireva, la prima moglie, ammalatasi di tumore. Ma non si ferma, dà tutto senza riserve. Elargisce i risparmi di tutta la vita a un centro oncologico e si espone con coraggio per difendere e proteggere i dissidenti. Nel 1974, in occasione della visita di Richard Nixon a Mosca, fa uno sciopero della fame per denunciare la repressione del dissenso. Intellettuali e gente comune sono costretti alla sofferenza da un regime di mediocri che pensa solo ad autoperpetuarsi nel chiuso della nomenklatura. Nel 1975 la sua testimonianza straordinaria per la vita e la salvezza dell’umanità viene unanimemente riconosciuta con il Nobel per la pace, ritirato a Oslo dalla moglie. Nel 1980 denuncia al canale ABC News la gravità della guerra in Afghanistan con le morti, i massacri e il rischio di un allargamento della guerra.

Le sue prese di posizioni pubbliche hanno un impatto fortissimo. La voce autorevole di Sacharov influenza le coscienze non assopite dalla menzogna. Il potere sovietico decide, perciò, di esiliarlo e isolarlo a Gor’kij, attuale Nižnij Novgorod. Ma la voce dello scienziato, eroe dell’umanità, non si spezza e non si abbassa: diventa più forte. Il suo cuore di uomo autentico insorge contro l’ottusità dell’ingiustizia morale. Sacharov fa due scioperi della fame: uno per il diritto alla felicità, l’altro per il diritto alla vita. Nel primo chiede che la fidanzata del figlio della seconda moglie possa raggiungere la persona che ama negli Stati Uniti. Nel secondo, di ben 178 giorni, chiede che la moglie, gravemente malata, possa fare un complesso intervento cardiochirurgico all’estero, visto che in Urss le tecniche più efficaci non sono conosciute.

La sua testimonianza dolorosa colpisce il mondo intero. Nonostante le vessazioni e un piccolo infarto continua lo sciopero, finché viene costretto a nutrirsi con la forza. La sua resistenza morale suscita, tuttavia, il passo indietro: Elena Bonner ottiene il permesso per essere operata negli Usa.

Solo in seguito, grazie alla perestrojka e alla riabilitazione ricevuta da Gorbacëv, lo scienziato potrà riprendere una vita normale. Nel periodo gorbacioviano, finalmente, alcuni semi di vita e di cambiamento potranno essere innestati nell’arido e sterile terreno sovietico.

Sacharov afferma nel suo ultimo discorso la necessità di abolire l’articolo 6 della Costituzione sovietica. Chiede di abbattere per sempre il monopartitismo che ha portato al disastro, di consentire il ritorno alle terre d’origine dei popoli ingiustamente deportati (Tatari di Crimea, Tedeschi del Volga, Turchi mescheti, Ingusci e altri), di promuovere libertà e responsabilità, di portare avanti riforme innovative in grado di oltrepassare immobilismo e stagnazione, di limitare le funzioni del KGB alla sola difesa della sicurezza internazionale.

Le sue parole ultime contro la corruzione e il totalitarismo riprendono vita grazie all’elogio funebre di Dmitrij Lichačëv. Il filologo ricorda che la voce calma dello scienziato non è stata soffocata dal potere, lasciando un segno profondo nei cuori veri. La sua forza morale spesa per la verità, perciò, resta impressa non solo nei suoi contemporanei ma nella storia.

E un pensiero scritto e firmato dal suo pugno, alla fine del libro, incide una traccia incancellabile. “Il futuro ci mostrerà chi ha ragione, e mostrerà a tutti noi tanto altro ancora. Per fortuna il futuro è imprevedibile e incerto (anche a causa degli effetti quantistici). Un caro saluto, Andrej Sacharov”.

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