È possibile educare il carattere delle persone fin dai primi anni di vita? E se sì, che cosa questo significa esattamente? A queste e ad altre domande ha cercato di rispondere il Convegno internazionale sul tema Character and Virtues in Europe. Challenges and Opportunities che si è svolto nei giorni 28-30 giugno scorsi a Madrid nell’Università Francisco de Vitoria, promosso da questa università e dal Jubilee Center for Character and Virtues dell’Università di Birmingham. Si tratta del primo congresso internazionale della nuova associazione Ecva (European Character and Virtue Association). Ad esso hanno partecipato in un bel clima collaborativo un centinaio di rappresentanti di diverse nazioni europee oltre a qualche studioso statunitense, tra i quali filosofi morali e dell’educazione, psicologi, dirigenti scolastici, insegnanti, studenti di dottorato.



Nelle relazioni principali si è cercato di delineare un quadro sufficientemente completo della situazione di tutte le nazioni europee per quanto riguarda l’educazione del carattere o alle virtù soprattutto nelle scuole e università (benché sia stato sottolineato pure che per ragioni storiche il termine virtù in molti Paesi europei non suoni benissimo). Si tratta essenzialmente di una dimensione trasversale alle varie discipline curricolari anche se può pure tradursi in un insegnamento specifico quando, per esempio, occorra trovare un’alternativa all’ora di religione. Ma l’educazione del carattere riguarda tutte le età e a rigore non ha fine. Essa serve, come è stato notato, anche ad affrontare le situazioni di grave malattia e invalidità. Questo quadro complessivo sulla situazione europea deve essere ulteriormente approfondito, perché molti suoi aspetti non si conoscono ancora. Secondo molti dei presenti l’esigenza di una formazione del carattere è di fatto molto sentita dai genitori degli studenti e dai docenti di scuola secondaria, meno, al momento, dai docenti universitari e dalle autorità politiche.



Diversi, inoltre, i temi in discussione nelle numerose comunicazioni. Si può darne solo un breve assaggio,  partendo da quelli più generali e fondanti: che cosa significa una formazione integrale dell’uomo? Si educano le persone a diverse virtù, come la fortezza, la temperanza, la giustizia oppure, più ragionevolmente, a una saggezza pratica o competenza morale unitaria che si manifesta diversamente e gradualmente nei tratti del carattere, favorendo un approccio unitario  ed elastico alle varie situazioni?

Per verificarlo non basta la teoria, ma occorre la pratica dell’educazione. Inoltre nelle scuole quale figura d’insegnante si esige, quale il suo rapporto vivo con la memoria del passato per essere in grado d’interessare gli studenti e per comunicare efficacemente i contenuti, quale il ruolo della dimensione comunitaria, senza la quale è difficile pensare a un’educazione del carattere, come favorire il desiderio e la capacità di studiare con costanza? Infine che funzione possono avere le arti visive, la musica, i nuovi media, la lettura dei classici? Significativamente corsi obbligatori di lettura di classici della letteratura e della filosofia sono presenti soprattutto in alcune università spagnole anche in quei corsi di laurea non umanistici che sono dediti a formare figure professionali come i dirigenti d’impresa.



In questi giorni d’intenso lavoro si sono pure sottolineati il ruolo centrale che svolgono nell’insegnamento l’immaginazione (che, come precisa Iris Murdoch, non è la mera fantasia che allontana dalla realtà) e l’argomentazione razionale, la funzione motivante dell’apertura alla dimensione religiosa nell’educazione del carattere, come anche l’urgenza nella nostra società pluralista di educare ad affrontare pacatamente e costruttivamente il disaccordo di opinioni, evitando la sterile polarizzazione che oggi spesso contraddistingue il dibattito pubblico. In conclusione di queste feconde giornate ci si è dati appuntamento al prossimo Convegno di Ecva che avrà luogo nel 2024, questa volta in Italia.

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