“La Toscana è tra le regioni del mondo più famose per la loro bellezza”. Così Guido Piovene nel suo Viaggio In Italia del 1957. Che tipo di bellezza? Per lo scrittore vicentino “la bellezza toscana è una bellezza di rigore, di perfezione, talvolta di ascetismo, sotto l’aspetto della grazia”. Henri Desplanques, sacerdote francese tra i maggiori geografi del XX secolo, esprime tutto il suo stupore riconoscendo che “è incredibile come questa gente si sia costruita i suoi paesaggi rurali come se non avesse altra preoccupazione che la bellezza”. Una bellezza che unisce natura e arte e che letteralmente ti toglie il fiato. Lo aveva testimoniato benissimo Marie-Henri Beyle, ovvero Stendhal: “Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”. Per scoprire il segreto di questa bellezza unica, sublime, che seduce con il suo fascino milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo, ci accompagna – in una sorta di pellegrinaggio culturale e spirituale nella sua terra – il giornalista e saggista Antonio Socci. Senese doc, è autore di un libro che già nel titolo (e ancor più nel sottotitolo) rivela le sue intenzioni: Dio abita in Toscana, ovvero Viaggio nel cuore cristiano dell’identità occidentale (Rizzoli, 2024).
Nella premessa si precisa che per compiere questo cammino con l’atteggiamento giusto occorre sbarazzarsi di una sorta di “toscanomania”, ovvero “quello svagato aggirarsi fra affollate aree monumentali finalizzato ai selfie; quella pubblicità che immortala le campagne senesi per fare lo spot dell’ultimo modello di auto; quelle promozioni turistiche e quei media che trasformano la Toscana in cartoline” stereotipate e banali, un caleidoscopico bazar dove impazzano “i souvenir turistici più kitsch, come la sfera di vetro made in China con la neve che cade sulla torre di Pisa o su Firenze”. Questa Toscana, anticipata secoli fa dal “Grand Tour dei rampolli e degli intellettuali dell’aristocrazia europea”, un fatuo “falò delle vanità”, non è altro che “una Toscana plastificata, modaiola, un po’ luna park, un po’ cimitero monumentale”, oggetto di un culto quasi pagano che sembra dilagare senza freni. “Ma qual è dunque la Toscana vera?”, si chiede Socci. “Qual è il suo centro, il suo cuore? Di che natura è la sua bellezza?”. L’autore di questa originalissima “guida” riprende una riflessione dello storico dell’arte Tomaso Montanari: il ricchissimo patrimonio culturale in cui siamo immersi dovrebbe spalancarci a una dimensione “altra”. Ma non è facile.
Il tempo presente, il mondo com’è oggi, caratterizzato dal “flusso ininterrotto delle cose che passano” – sono parole di Montanari – non ci aiutano a “metterci in contatto con ciò che sta in fondo al nostro cuore, ciò che ci lega davvero alla vita, ciò che le dà senso”. Con questa attenzione, la terra di geni universali come Dante, Petrarca, Boccaccio, Giotto, Botticelli, Michelangelo, Leonardo, Galileo, Meucci, Puccini, la terra che vanta la più alta concentrazione di siti Unesco ma dove sono anche nati la lingua italiana, la banca, la moda, l’opera, perfino il gelato, viene raccontata innanzitutto come la terra dove la devozione cristiana del popolo è tuttora palpabile ovunque: non solo nei capolavori dei tanti artisti che vi sono nati o che l’hanno frequentata e amata, ma anche nelle mura delle città, nelle opulente vigne e tra gli ombrosi cipressi che caratterizzano la sua inconfondibile campagna. Insomma, un luogo denso di mistero, che ci cattura, abitato nei secoli da mistici, poeti, pensatori, mercanti, artisti, banchieri, artigiani e contadini: quei “maledetti toscani”, per dirla con Malaparte, colti, presuntuosi e rissosi ma tutti, pur nella loro imperfezione, con la stessa fede (e lo stesso stupore) di fronte a Dio, che si è incarnato nel Figlio ed “venuto ad abitare in mezzo a noi”.
Da duemila anni il Verbo “è presente realmente nei sacramenti, come nel volto dei Santi, dei poveri e dei sofferenti”. Ebbene, per Socci questa confortante e ininterrotta presenza “è evidente in modo clamoroso in Toscana, perché qui si danno appuntamento un’enorme e prodigiosa quantità di grazie: di santità, di intelligenza, di arte, di cultura, di ingegno. Qui è fiorita una civiltà che ha plasmato tutto e in un modo unico, anche il paesaggio”.
Sfogliando questo libro, diviso in tre parti ben articolate, abbiamo la possibilità di percorrere con uno sguardo non superficiale le vie di Firenze, Pisa, Lucca, Siena e tanti altri luoghi stupendi, alla ricerca delle radici profonde, di ciò che è alla base di un immenso emporio delle meraviglie. Ogni pagina ė un passo di una peregrinazione dov’è concesso il tempo di osservare, contemplare, ascoltare, toccare e assaporare, come si dovrebbe fare con un buon vino. Un cammino che non si ferma alle città d’arte più note e celebrate, ma si snoda dalla Maremma alle Alpi Apuane; da Certaldo, il borgo natio di Boccaccio, a Vinci, dov’è nato Leonardo; affacciandosi sull’ondulata distesa di colline della Val d’Orcia e percorrendo i suggestivi crinali appenninici del Casentino e del Pratomagno, che narrano storie di eremiti, di api e di miele, di silenzi immensi e di foreste nascoste.
Il testo contiene un’eccezionale chicca, pressoché sconosciuta. Tra coloro che si sono lasciati colpire dalla magia della Toscana c’è un nome sorprendente, Maksim Gor’kij, lo scrittore e autore teatrale amico di Lenin, che del regime sovietico fu in qualche modo anche un simbolo. Ebbene Gor’kij, in una conversazione confidenziale con Giuseppe Catalafamo riportata nel 1948 sulla rivista Rocca e risalente a qualche anno prima, afferma: “Qui nella vostra bella Italia, in questa meravigliosa penisola che io non esito a chiamare la patria di Dio, io ho ritrovato me stesso. Ovunque lo sguardo io giro vedo templi, templi e templi. Grandiose opere d’arte, stupefacenti espressioni di uomini che trasfusero tutta la loro anima nell’architettura, nella scultura, nel cesello, nella pittura. Ho girato tutta l’Italia: Milano, Napoli, Genova, Firenze. Proprio in quest’ultima città rimasi incantato, rapito nel mirare le magnifiche opere d’arte dei sommi artisti dal Rinascimento ai contemporanei. Notai altresì nella gente toscana una spontanea fervida adesione al cristianesimo, e una perfetta comunanza con tutto ciò che sa di Dio, che parli di Dio, che si armonizzi con Dio. Allora mi son domandato ancora: può mai questo popolo distaccarsi da Dio? No, non lo può, ne sono convinto”. Perché in Toscana abita Dio.
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