La città di Pesaro, Capitale della cultura 2024 s’è data come compito quello di capire quale sia la “natura della cultura”. Compito bellissimo a cui ha provato a dare subito una risposta, in un luogo straordinariamente simbolico per la città: il teatro intitolato al suo uomo di cultura più celebre, Gioachino Rossini. Su quell’immenso palco da opera lirica il 3 febbraio scorso sono saliti i ragazzi della cooperativa sociale L’Imprevisto, che hanno finito il loro percorso di recupero. Insieme a loro c’era naturalmente il presidente Silvio Cattarina. Opportunamente questo appuntamento è stato inserito nel palinsesto di Pesaro Capitale della cultura.
La pratica quotidiana de L’Imprevisto prevede che i giovani ospiti raccontino e si raccontino davanti agli altri: prendono parola e attraverso la parola approfondiscono la coscienza di ciò che sono e di ciò che realmente desiderano per sé. Che cos’è questo se non un’esperienza di cultura, di vera “coltivazione” della vita? Giusto quindi che la conclusione di questo percorso sia avvenuto su un palcoscenico come quello.
Dieci giorni dopo, il 13 febbraio, quello stesso solenne palcoscenico ha accolto un’altra esperienza culturale, diversa ma ugualmente connessa con la vita. Anche in questo caso i protagonisti sono giovani: otto giovani attrici e attori, usciti dalle principali scuole di teatro italiane, che per sei mesi, sotto la guida di un grande registra e maestro, Antonio Latella, hanno fatto un percorso davvero unico di lavoro artistico ed umano.
Bottega amletica testoriana: questo è il nome del progetto che li ha visti coinvolti, uno dei progetti di punta di Pesaro capitale della cultura, realizzato da Amat (il teatro delle Marche) con l’appoggio del Piccolo di Milano. Una scuola di alta formazione (di teatro, di vita) in cui la materia di studio e di lavoro è stata la parola di Giovanni Testori, specificatamente le tre riscritture dell’Amleto da lui realizzate in tre momenti diversi della sua vita. Hanno lavorato su quei testi e su quelle parole che, come ha spiegato giorno dopo giorno Latella, hanno “l’andamento della vita”.
Nel primo, una sceneggiatura per il cinema, Testori ha scritto che Amleto è segnato da una cicatrice “di lato alla bocca”. Partendo da questo spunto ha lanciato ai ragazzi la proposta di lavorare ciascuno attorno alla propria cicatrice, per realizzare dei lavori finali individuali che facessero sintesi personale dell’enorme lavoro fatto. Ne sono nate otto performance sulle parole di Testori, che sono in realtà otto testimonianze delle loro rispettive ferite e delle loro attese. Dopo una prima presentazione davanti al pubblico in settimana, tra sabato e domenica nelle due sedute di prove aperte che concludono la Bottega, il pubblico avrà modo di vederle, o meglio di viverle tutte. Da soli, sul palco gigantesco del Rossini portano le parole di Testori, misurandole con la propria vita. Latella, il maestro, li segue dalla platea con lo sguardo attento di chi sa di dover insegnare, ma che nello stesso tempo, come lui ha confessato, sente di “aver imparato molto dai suoi figli”. Per fare teatro vero, ha detto, “si deve essere sempre tutti allievi”.
Nei suoi tre Amleti Testori non ha mai inserito una riscrittura del monologo più celebre, quello dell’“essere o non essere”. Perché non lo ha fatto, si è chiesto Latella davanti alle sue attrici e ai suoi attori? Perché per Testori “tu sei, tu esisti, punto”, ha detto. “Tu sei, tu esisti, ali”: cioè si deve sempre provare a volare. Per questo la vera questione con cui siamo chiamati a misurarci è quella di come stare al mondo. Questa è la “natura della cultura”. In un testo di sintesi del percorso fatto, il regista ha ripreso il titolo scelto da Pesaro per il proprio anno da capitale della cultura. E ha dato questa risposta. La natura della cultura è “fare in modo che la vita di tutti i giorni non sia solo ‘rappresentazione’ ma continuo studio del libro che siamo e che diventeremo”.
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