Il potere non riesce sempre a scrivere la storia a proprio piacimento. Basta, infatti, un’eccezione a far collassare giganti dai piedi d’argilla. Un io con la sua lealtà ai fatti è in grado di mettere in crisi le menzogne, facendole crollare.

Pasquale Notarnicola (1930-2021) è stato un uomo fedele al giuramento fatto alla bandiera italiana e alla Costituzione. Non ha anteposto la carriera o altre bandiere più potenti al suo ruolo. Ha fatto solo il suo dovere di capo del controspionaggio dal 1978 al 1983, cercando di proteggere il nostro Paese dalle minacce esterne e dai traditori interni. Nel libro Tra le nebbie della P2. Memorie inedite di un capo dei Servizi, a cura di Angelo Ventrone (Donzelli, 2024), pubblicato dopo la sua morte, emerge tutto il drammatico quadro della “strategia della tensione”. Un groviglio di interessi di diversi attori, volti a contrastare la possibile ascesa politica del partito comunista più forte d’Europa, anche con mezzi non ortodossi. Già il generale Gianadelio Maletti aveva parlato della subalternità dei servizi italiani a quelli americani. Ma l’opera di Notarnicola dà un quadro d’insieme di ulteriore approfondimento e allargamento delle questioni.



Peraltro, ormai, diverse sentenze hanno accertato la responsabilità diretta dei neofascisti nelle stragi più efferate. Ebbene, gli uomini e le donne di Ordine Nuovo non furono soli. Vennero aiutati nelle loro azioni criminali dalla pericolosa loggia massonica P2, da servizi deviati e anche da altri attori esterni.

A tal proposito, il generale Notarnicola, atlantista e uomo di fede, ha testimoniato che il Field Manual 30/31 B, testo di guerra non ortodossa, redatto dal generale Westmoreland e trovato in una borsa della figlia di Licio Gelli, non era un falso di potenze antioccidentali. Una copia dello stesso manuale, infatti, era presente nell’archivio del Sismi: una conferma, dunque, della sua autenticità.



Lo storico Angelo Ventrone nella prefazione rileva, a tal proposito, che Carlo Digilio, armiere, che fabbricava bombe per attentati, era al libro paga degli alleati. Inoltre, diversi ordinovisti avevano accesso a caserme Nato, partecipando a riunioni con ufficiali italiani e non. “Per Paolo Emilio Taviani, democristiano, ex partigiano e più volte ministro della Difesa e dell’Interno, l’esplosivo di piazza Fontana fu dato agli ordinovisti dai Servizi segreti dell’Esercito americano”. Un quadro davvero sconcertante, insomma, a cui si aggiungono depistaggi e false notizie in occasione degli attentati terroristici.



Notarnicola racconta nel capitolo “Terrore sui treni” che il suo diretto superiore – arrivato in aereo con il faccendiere Francesco Pazienza e il controverso Michael Ledeen, neoconservatore studioso di Machiavelli -, gli consegnò una busta con una lista di esplosivi e armi da rintracciare sui treni. Per Notarnicola la lista, così ben dettagliata e precisa nel tipo di munizioni, era stata sicuramente redatta da chi aveva collocato le armi sui treni: non poteva essere altrimenti.

Il generale ricorda poi i depistaggi sulla strage di Bologna, volti a nascondere la matrice neofascista dell’attacco terroristico. Il suo capo, infatti, minimizzò fin da subito il vile attentato, dicendo che la strage era stata dovuta allo scoppio di una caldaia e non a una bomba. Il grave atto di guerra contro civili inermi non era, però, direttamente golpista. I burattinai della P2 volevano destabilizzare l’ordine sociale per stabilizzare il quadro politico, in accordo con i loro suggeritori esterni. Era necessario, insomma, generare paura per conservare il sistema politico. Secondo Notarnicola, però, la strategia cambiò in un secondo tempo, allorché vennero infiltrate e usate, in talune occasioni, anche le Brigate Rosse, per intimorire la gente con una vera e propria azione di guerra psicologica. Una prova di tale strategia criminale è che Senzani, dirigente delle Br, fu protetto da un esponente della P2, il quale era anche capocentro dei servizi deviati a Firenze.

Le vicende raccontate da Notarnicola e vissute sulla sua pelle testimoniano dunque l’esistenza di “menti raffinatissime” interessate al potere e non al popolo. Tali menti, guidate dal risentimento e dalla vendetta, lo additarono insieme al generale Dalla Chiesa alle Brigate Rosse come bersaglio. La sua azione di difesa delle istituzioni, però, non si fermò, fino a sostenere pubblicamente che dietro la Gladio legittima vi fosse un’altra struttura parallela: occulta, violenta e protetta. Gelli, insomma, era solo la pedina di un sistema più articolato e complesso, proteso al dominio per i propri fini egemonici e antidemocratici.

Nella bella postfazione al libro il figlio del generale scrive delle parole che non possono non toccarci: “Ho la speranza che questa testimonianza possa essere letta anche dalle generazioni più giovani e, nello stesso tempo, che la magistratura possa continuare nell’individuazione dei mandanti di stragi orribili come quella di Bologna, per cui i familiari delle vittime reclamano ancora la piena verità”.

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