Da quando Lucio Fontana ha trapassato a sorpresa i suoi quadri di tagli e fori; da quando Jackson Pollock ha fatto sgocciolare i colori su enormi tele stese sul pavimento; da quando Alberto Burri ha realizzato le sue composizioni pittoriche con vecchi sacchi di iuta o riquadri di terra screpolata per la siccità; da quando tutto questo è avvenuto, l’arte pittorica dal Novecento in poi è diventata muscolare, fatta di gesti di rottura con i limiti delle superfici e dei volumi. Qualcosa che da lontano assomiglia alle performances dei ragazzi di Ultima Generazione, imbrattatori di monumenti.
Per tentare di capire la simbolicità dei loro gesti, al di là di ogni considerazione morale e di buon senso, basterebbe riandare a qualsiasi edizione della Biennale d’arte di Venezia. Ma forse, andando più in profondità nel tempo, riandare all’origine dell’Informale, seguendo l’avventura pittorica dei discepoli di Pollock, che aderirono al movimento newyorkese “action painting”. Tra di essi incontriamo un artista molto significativo come William Congdon, che portò in Italia la libertà e la gestualità della sua pittura fatta di colpi di spatola sulla tela e di una tavolozza scura, bituminosa, in cui all’impasto dei colori – ed è qui la cosa interessante – simbolicamente aggiungeva lo smog di Milano, la polvere raccolta sui davanzali delle case. Quelle tele di Congdon, impastate di smog, rappresentavano e rappresentano ancora una profetica denuncia non in senso sociale o ecologico, ma più profonda, alle radici dell’io, di quell’inquinamento interiore che portò i suoi amici Pollock e compagni al suicidio. Congdon si salvò incontrando il Cristo crocifisso, reso materia pittorica, soggetto privilegiato dei suoi quadri. Ne dipingerà in soli quindici anni una serie numerata di oltre 200 tele.
Qui sta la distanza dalle performances dei ragazzi di Ultima Generazione e una più radicale critica della società e di se stessi. Ma qui forse sta anche un possibile punto di contatto, la chiave per capire questo movimento. Queste manifestazioni di distruzione della bellezza sono indice di un disagio travestito da difesa dell’ambiente. La bellezza è una provocazione di bene in un mondo che apparentemente si vorrebbe salvare, ma sotto sotto si desidera distruggere. Lo si vede quando li portano via con la forza e una ragazza grida come fosse Girolamo Savonarola: Periremo tutti!
C’è bisogno di riconciliarsi con se stessi e la realtà, c’è bisogno di riconciliarsi con il mondo per dare un apporto positivo all’ambiente. Se poi riandiamo col filtro della memoria e grazie a vari passaggi televisivi agli episodi che hanno caratterizzato negli ultimi tempi le fulminee irruzioni dei membri di Ultima Generazione, scopriamo una possibile ottica con cui guardarli. Per esempio la scena dei secchi di vernice rosa rovesciati sui muri della Scala di Milano in occasione dell’inaugurazione della stagione lirica (7 dicembre 2022) appare perfettamente inserita in una regia scontata e che sembra costruita apposta, paradossalmente, per pubblicizzare l’evento-Scala. Ed è questo il bello. Una finzione che diventa realtà, una trasgressione che si integra perfettamente con l’evento che si usa come pretesto per rendere visibili le proprie proteste. Gli imbrattatori all’opera sul teatro milanese, e poi i vigili e la polizia che intervengono, a guardarli con occhi disincantanti, hanno qualcosa di surreale, come una recita in cui ciascuno, di comune accordo, fa la sua parte: gli uni sporcano e gli altri puliscono, ma sembrano comparse di un unico copione.
Da Milano a Firenze. Il video del sindaco che corre per fermare gli imbrattatori di Palazzo Vecchio (17 marzo 2023) e poi assale e sfida a mani nude uno di loro (che non può reagire perché un poliziotto gli tiene le mani dietro la schiena), sembra una messa in scena costruita ad arte, una serie di fotogrammi tratti dalle comiche di Charlot o Buster Keaton.
Il 9 marzo, sempre nel cuore di Milano, a pochi passi dalla Scala, in piazza Duomo Ultima Generazione ha colpito ancora, imbrattando di spruzzi e colate di vernice gialla (indelebile, sembra) il plumbeo, tristissimo monumento equestre a Vittorio Emanuele II. Tutti se ne dolgono, chi si propone di pulirlo chiede cifre assurde e nel frattempo il triste cavallo e una delle storie laterali che corrono nella fascia bassa del monumento, brillano finalmente di un guizzo di contemporaneità, generato da quei getti fantasmagorici giallo cromo, fontane di una festa barocca che hanno evidenziato alcune parti del monumento in modo artistico (per esempio il leone accucciato in primo piano). Ovviamente l’effetto è casuale, non voluto, ma immaginiamo che quell’intervento l’avesse fatto un artista contemporaneo ben remunerato, per esempio lo scomparso Christo, con i suoi monumenti impacchettati. Davanti a quell’opera ci saremmo fermati e avremmo tirato fuori un “Oh!” di meraviglia.
Ultima Generazione sporca, indelebilmente o no, ma sporca. Sporca e rattrista anche l’anima semplice di chi guarda le loro imprese. Quel nero spruzzato sui Girasoli di van Gogh (15 ottobre 2022) è un pugno allo stomaco per chi ami l’arte, fa rabbrividire al pensiero che quell’opera possa essere stata deturpata. È un affronto alla nostra cultura, un atto irriverente che si estende alla Gioconda di Leonardo, alla Primavera di Botticelli, alla Maya di Goya. Perché prendersela con l’arte? È solo un gioco per attirare l’attenzione, o è un impulso autolesionista quello che spinge questi ragazzi a prendersela con tanta bellezza, come se la bellezza facesse a pugni con la realtà a volte opprimente che questa generazione, e tutti noi, ci portiamo dentro? Inquinamento sì, inquinamento no, questo è l’ultimo grido. Siamo giunti al “punto zero” di una mancanza di senso e di idealità che spaventa e rende insopportabile ogni visione di bellezza?
Poi c’è l’aspetto positivo. Quella vernice nera spruzzata come una fucilata sul vetro posto tra noi e la tela di van Gogh ci dice che il riscaldamento globale del pianeta potrebbe bruciare e rendere neri – mortalmente neri – quei girasoli che nei nostri campi, grazie a Dio, ancora brillano, così pieni di sole e di vita. E quella polvere nera (semplice carbone vegetale) sparsa nella limpida acqua della Fontana della Barcaccia in piazza di Spagna, a Roma (1 aprile 2023), è eloquente nel ricordarci che nell’acqua scarichiamo di tutto, dalle nostre lavatrici alle lavastoviglie, e buttiamo nello scarico dei nostri wc ogni genere di prodotti dannosi per l’ambiente, mentre lungo i fiumi, già nel Medioevo, c’erano avvisi e richiami “per chi lordava l’acqua” e a costoro erano comminate pene severissime.
Ultima Generazione: esagerazioni, esibizioni o profezia? Certamente un mondo di simboli che ci fanno riflettere. Un ultimo esempio viene alla mente ricordando il volto giovanissimo del ragazzo che si è legato in catene al corrimano della Cappella degli Scrovegni a Padova (12 agosto 2022). Uno sguardo intenso. Stranamente, ricorda uno dei personaggi del Giudizio Universale di Giotto lì dietro di lui (i dannati sono legati) e fa entrare anche noi in quell’affresco, per recitare la parte dei dannati o dei salvati. Sgomberata la cappella dagli intrusi, ritornano le folle dei visitatori che passano ammirando la bellezza, ed è bello davvero nella Cappella degli Scrovegni, tutto bello e tutto vero. Ma quel ragazzo, che lui lo sappia o meno, ci lascia una domanda, forse inespressa. Su quella parete del Giudizio Universale ci saremo anche noi? Saremo assolti o condannati, come popolo di inquinatori? Forse dovremo tutti imparare dal Cristo Giudice del grande affresco di Giotto che verremo perdonati non se avremo salvato il mondo dall’inquinamento, ma se avremo davvero, in questo mondo, saputo amare.
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