Le memorie dei lager sovietici disponibili per il lettore italiano vedono perlopiù narratori e protagonisti maschili; sono poche, sebbene rappresentative, le eccezioni (basti ricordare Viaggio nella vertigine di Evgenija Ginzburg) e ancora più rare sono le opere scritte da donne di nazionalità non russa. È questo un primo motivo che rende le memorie di Anna Szyszko-Grzywacz, pubblicate da Guerini e Associati (La mia vita nel Gulag. Memorie da Vorkuta 1945-1956 per la collana “Narrare la memoria” curata da Memorial Italia, traduzione e postfazione di Luca Bernardini, 2024) un unicum nel panorama della letteratura del Gulag giunta fino a noi.



L’eccezionalità di queste memorie, però, non si limita a questo: La mia vita nel Gulag non nasce infatti subito come una testimonianza scritta, ma è il frutto di una serie di conversazioni fra Anna e la figlia Barbara, registrate nel 1994, a quasi quarant’anni dal ritorno di Anna in patria dopo gli undici anni di lager trascorsi a Vorkuta, nel profondo della Russia artica, nella Repubblica dei Komi. E proprio della conversazione queste memorie, pubblicate per la prima volta in Polonia nel 2022, mantengono il carattere discorsivo: la narrazione fluisce libera e rende il lettore parte di un mondo ormai scomparso, ma ancora vivissimo nei ricordi della protagonista.



Nata nel 1923 nella parte orientale della Polonia (nella regione di Vilna, l’odierna Vilnius), Anna Szyszko-Grzywacz entrò come staffetta di collegamento nella Armia Krajowa, la resistenza polacca antinazista, nel settembre del 1939. Quando i sovietici conquistarono Vilna, i membri dell’Armia Krajowa che rifiutarono di arruolarsi nell’Armata Rossa vennero arrestati. Fu questo anche il destino di Anna Szyszko-Grzywacz, che venne però rilasciata e si unì a quel punto a una unità partigiana assumendo un nuovo nome, Anna Norska. Sarà con questo nome che, arrestata dall’NKVD nel 1945, verrà condotta prima nel carcere di Vilna e poi nelle carceri di Mosca, per essere infine condannata a vent’anni di lavori forzati nel lager di Vorkuta, uno dei più duri di tutto il sistema dei Gulag. Verrà rilasciata poi nel 1956, quando la stretta del potere si allenterà temporaneamente grazie alle rivelazioni di Chruščev al XX Congresso del PCUS.



Anna tornerà nella Polonia ormai comunista, insieme al futuro marito, Bernard Grzywacz, conosciuto proprio nel lager. Come ricorda la figlia Barbara nell’epilogo delle memorie, dopo il ritorno in Polonia Anna e Bernard “ebbero difficoltà ad affrontare la nuova realtà. Erano trascorsi dodici anni dalla fine della guerra, anni che avevano cambiato tanto le persone quanto il Paese. […] In quel nuovo Stato ‘socialista’ erano persone prive di un passato di cui si potesse parlare in pubblico. Per loro, la vera famiglia erano gli amici del periodo del Gulag. Uniti per sempre dalle esperienze comuni”.

Leggendo queste memorie non si può non restare colpiti da quanto il tema dell’amicizia e della solidarietà femminile sia centrale nella narrazione: Anna, all’epoca dell’arresto solo ventiduenne, condivide l’esperienza dell’arresto e della reclusione nel lager con altre quattro compagne polacche che non la abbandonano neanche nei momenti più tragici. Queste giovani donne coraggiose, ribattezzate le “Cinque Gemelle”, riescono a proteggersi a vicenda e a sopravvivere nonostante le condizioni disumane del lager – ancora più terribili per le donne a causa della costante minaccia di una violenza – rimanendo legate e solidali per tutta la vita. È questa profonda amicizia che permette ad Anna Szyszko-Grzywacz di lasciar spazio anche alle risate nella sua narrazione: “Una volta mi comprai una coperta di lana. Il fatto è che non avevo niente con cui cambiare i miei indumenti coperti di polvere di carbone. Non mangiai pane per tutta la settimana e comprai quella coperta da un estone che riceveva i pacchi. Wanda avrebbe dovuto ricavarne un paio di pantaloni. E si arrabattò finché non venne fuori un paio che mi arrivavano a mezzo polpaccio. Era una buona coperta, grande e molto calda. Mi arrabbiai, ma quando mi tirai su i pantaloni, caddi a sedere dal ridere. E pure Wanda. Invece di arrabbiarci, ridemmo fino alle lacrime”. Come ricorda Luca Bernardini nella postfazione, questo riso in un luogo così disumano rappresenta già la vittoria dei vinti, la vittoria di un’amicizia che sarà in grado di superare anche la morte. Commuove infatti sapere che Anna Szyszko-Grzywacz, scomparsa nel 2023, è rimasta in contatto con la sua inseparabile amica Wanda, oggi centenaria.

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