Pubblichiamo ampi stralci dell’introduzione di Franco Nembrini al volume sul Paradiso della trilogia “Uscimmo a riveder le stelle. La Divina Commedia raccontata ai ragazzi”, scritto dallo stesso Nembrini con Gianluca Recalcati, e illustrato da Samuele Gaudio (Ares, 2024).

Ed eccoci in vista della meta. Dopo il male senza riscatto dell’inferno, dopo il miracolo del perdono, il cammino di purificazione, la conquista della libertà del purgatorio, siamo finalmente “puri e disposti a salire a le stelle”, siamo pronti ad andare a guardare in faccia la verità del mondo e della vita di ciascuno. Prima di cominciare, un’avvertenza: il Paradiso è difficile. Ma è anche bello, incredibilmente bello. Delle tre cantiche della Divina Commedia, il Paradiso è insieme la più difficile e la più bella.



[…] E che cosa c’è di più difficile che capire la verità della vita? Capire perché siamo stati messi al mondo, capire perché ci sono il male e il dolore, capire che cosa sono l’amore e il perdono? Ma si può vivere – vivere davvero, vivere davvero umanamente – senza rispondere a queste domande? Allora, possiamo dire che il Paradiso è difficile perché è difficile la vita; e che vale la pena leggere il Paradiso perché vale la pena fare la fatica di capire com’è la vita davvero. E vedrete che chi accetta di fare questa fatica alla fine si ritroverà più certo e più lieto, più capace di affrontare le difficoltà della vita […].



Il Paradiso è difficile anche perché Dante parla continuamente di due cose che a noi oggi sono poco familiari, due realtà che il catechismo della Chiesa chiama Trinità e Incarnazione: il nocciolo, il cuore della dottrina cristiana, dell’annuncio che il cristianesimo fa della natura di Dio. Però, ragazzi, se Trinità e Incarnazione sono la natura di Dio, proprio per questo sono la cosa meno astratta, meno “disincarnata” che si possa pensare. Perché, se Dio è la radice della realtà tutta, scoprire la natura di Dio vuol dire scoprire il fondamento della condizione umana, mettere nella giusta luce i misteri della vita terrena. Vediamo.



Primo, la Trinità. Il fatto che Dio sia uno e trino è il mistero che risponde a questa domanda: nella vita, i rapporti conservano la nostra individualità o la fanno perdere? È la domanda fondamentale! Se mi consegno a un rapporto – con la moglie, i figli, gli amici… – sono più me stesso o no? Oggi la mentalità del mondo ci dice che l’uomo vero, l’uomo realizzato, è uno che riesce a liberarsi da tutti i rapporti, sentiti come vincoli, come condizionamenti, e afferma la propria individualità contro tutti e contro tutto. Solo che l’esito di questo culto dell’individuo è alla fine una terribile solitudine. Al contrario, per la tradizione cristiana, per il Medioevo di Dante, l’essere umano non è individuo; è persona. “Persona” è il termine che il linguaggio teologico adopera per la Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo sono tre “persone”. Anche se tante volte le usiamo come se fossero sinonimi, in realtà la parola “persona” ha un significato molto diverso da “individuo”: l’individuo è uno che è sé stesso perché si è liberato da tutti i rapporti; la persona è sé stessa perché è costituita da un insieme di rapporti che continuamente la generano e la alimentano. Allora, dire che Dio è Trinità vuol dire che tutta la realtà, fin nella sua Origine profonda, è rapporto. Ciascuna delle tre Persone ama ed è amata dalle altre due. È un’unità originaria: i Tre esistono perché ciascuno è affermato dagli altri.

E se noi siamo fatti, come dice la Bibbia, a “immagine e somiglianza” di Dio, questo definisce anche la natura nostra. Anche noi infatti esistiamo perché qualcun altro ci fa esistere: nasciamo da un atto d’amore tra due persone, cresciamo e viviamo sempre in una rete di legami […] Tutti, per essere umani, abbiamo bisogno di una trama di relazioni vive. Qualcuno potrebbe dire che noi abbiamo bisogno di rapporti perché siamo limitati, finiti; ma Dio, che è infinito, perfetto… Ebbene, la scoperta entusiasmante è proprio questa: al Dio cristiano, alla Trinità, la relazione appartiene per natura. La natura della Trinità è questo continuo movimento, questo rapporto amoroso che sempre si compie perché sempre si rinnova. Ed è dalla sovrabbondanza di questo amore – Dante lo spiegherà più volte – che è nata la Creazione, che di questo amore incessantemente partecipa.

Secondo, l’Incarnazione. L’Incarnazione vuol dire che nell’uomo Gesù di Nazareth Dio ha preso carne umana. Ma se Dio ha preso carne umana in Gesù, vuol dire che quell’avvenimento è il senso di tutta la storia: Gesù afferma che tutto appartiene a Lui: tutto nella storia è redimibile, tutto vale per l’eternità, nulla cade nell’oblio. Con l’Incarnazione, insomma, Dio non ha assunto solo la carne di un uomo, ma tutta la carne umana! Allora più niente mi è estraneo: l’amico e il nemico, i successi e i fallimenti, la gioia e il dolore e lo scandalo terribile del male ingiusto, del dolore innocente, tutto è accolto e riassunto in Gesù sofferente che sulla croce abbraccia tutta l’umanità e tutta la storia.

L’Incarnazione dunque è la possibilità che tutto ci sia amico; è la possibilità di essere lieti senza bisogno di censurare niente, di dimenticare il male e il dolore e le contraddizioni che la vita ci mette davanti. Di conseguenza la salvezza non è una sorta di ricompensa nell’aldilà di una vita di sofferenza o di mortificazioni nell’aldiquà, ma è la possibilità di fare qui e ora l’esperienza del centuplo […]. Ragazzi, “il centuplo quaggiù” vuol dire che vorrai bene cento volte di più alla tua ragazza, che sarai capace di amicizia cento volte di più, che sarai appassionato alla giustizia nella convivenza sociale cento volte di più, che capirai i tuoi genitori cento volte di più; capirai cos’è la curiosità verso la verità cento volte di più; capirai la natura cento volte di più; gusterai la musica cento volte di più!

Questo “centuplo” è documentato nella vita dei santi. I santi infatti sono persone che hanno vissuto nella loro vita i due misteri della fede, che hanno vissuto nell’abbraccio del Dio incarnato e perciò della Trinità; e tutto il Paradiso è la documentazione, santo dopo santo, della possibilità reale di vivere questa esperienza di Dio sulla terra […].

Insomma: nel Paradiso andremo con Dante a scoprire i misteri dell’umanità. Andremo a vedere il mistero della Trinità, cioè a vedere se è vero che la persona è tanto più grande e libera quanto più intensamente si consegna a un rapporto; e il mistero dell’Incarnazione, ovvero se è possibile vivere cento volte più intensamente la vita, senza tralasciarne nessun aspetto, nessun particolare.

Uscimmo a riveder le stelle. La Divina Commedia raccontata ai ragazzi, opera in tre volumi a cura di Franco Nembrini e Gianluca Recalcati, illustrata da Samuele Gaudio (Ares), viene presentata lunedì 11 novembre alle ore 17.45 nella Sala Bolognini della Biblioteca San Domenico, a Bologna, nel corso dell’incontro La via di Dante per la felicità, con Franco Nembrini, Giorgio Spallone e Stefano Versari.

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