Nel suo famoso (i quasi trenta minuti iniziali sono da antologia del cinema) Salvate il soldato Ryan, il regista Steven Spielberg strappò all’oblio collettivo (in verità, parecchio modificandola) la storia di quattro sfortunati fratelli statunitensi coinvolti nel D-Day. Ermanno Olmi dedicò il suo delicatissimo Torneranno i prati ai “soldati senza nome” che combatterono in silenzio nel primo conflitto mondiale. Così anche per Mario Monicelli con un altro capolavoro come La Grande Guerra che ruota intorno alle vicende dapprima meschine, infine eroiche di due fanti che in guerra non sarebbero voluti andare.
La settima arte è piena di pellicole dedicate in tutto o in parte alle gesta misconosciute di combattenti spesso privi di onori e di medaglie, i cui nomi sono introvabili sui manuali di storia.
Viene in mente tutto questo leggendo Viaggio nel D-Day. Protagonisti e luoghi dello sbarco in Normandia appena uscito con ricchezza di immagini per le Edizioni Ares. L’autore, Antonio Besana (di cui ricordiamo 1914. Qualcosa di nuovo sul fronte occidentale. Viaggio sui campi di battaglia della Tregua di Natale uscito un anno fa), dedica diverse pagine proprio a figure poco note o dimenticate che contribuirono allo sbarco anglo-americano (in verità, vi parteciparono soldati di ben tredici nazionalità diverse) del 6 giugno 1944, colpo decisivo alla lotta contro gli eserciti di Hitler e Mussolini.
Forse non è l’aspetto più notevole dell’opera, ma quasi certamente il più intrigante almeno sotto il profilo umano. È così che, fra le altre, incontriamo la storia di Ferruccio Giglio, socialista di Macerata, pellegrino con la famiglia in giro per l’Europa dopo le minacce ricevute in patria dai fascisti, laureato a Bruxelles e infine volontario nel Genio di Sua Maestà. La sua vita, per il vero già resa nota una decina di anni fa ma passata presto sotto silenzio, potrebbe bene interessare qualche regista, sceneggiatore o scrittore: si tratta dell’unico italiano che partecipò allo sbarco più famoso della storia (scampato in modo incredibile ai proiettili tedeschi, morirà nella sua città il 15 maggio 1994 senza aver mai ricoperto cariche pubbliche e rifiutando persino la pensione di guerra).
C’è questo e molto altro in un libro che non è per specialisti e che, scritto da un professore che però non è storico, è dedicato a quanti amano fare turismo proprio sui luoghi della memoria.
È accaduto così, nel suo titolo precedente, col volume dedicato a una pagina particolare della Prima guerra mondiale, e accade con questo che è frutto di un viaggio effettuato insieme alla moglie nel territorio del D-Day: le sei spiagge dove avvenne il drammatico sbarco, ma anche Mont Saint-Michel con le sue maree, i cimiteri militari dove riposano 290mila caduti di entrambe le parti, così come la natura e i paesaggi da cartolina del Calvados.
I riferimenti storici non mancano e possono cogliere di sorpresa: chi ricorda che fu Stalin, in difficoltà sul fronte orientale, a spingere gli angloamericani per l’apertura del nuovo fronte in Occidente o che il piano di sbarco venne concordato da Churchill e Roosevelt nel gennaio 1943 a Casablanca o, ancora, che non i Marines – attivi solo nel Pacifico -, come di solito si crede, ma i soldati di diversi paesi, inquadrati nell’Esercito a stelle e strisce furono impiegati nel D-Day?
Non una guida tradizionale (ce ne sono tante, cartacee e online, molto più dettagliate), ma piuttosto sui generis, intrigante o alternativa fate voi. Perché l’obiettivo rimane quello sottolineato dall’autore in apertura: condividere l’emozione dettata dal viaggio in Normandia così che anche il lettore ne possa risultare affascinato. Magari anche solo viaggiando con la fantasia.
In altre parole: viaggiare cum judicio cioè lontani dalle vie più battute, cercando spazi più vicini alla nostra sensibilità, facendo del turismo consapevole un’occasione unica per fare storia e di quest’ultima un’opportunità per conoscere meglio il mondo.
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