L’Europa che ci ritroviamo davanti è profondamente lontana dal sogno dei padri fondatori; forse siamo di fronte alla peggiore Europa che sia stata realizzata, in totale distonia rispetto ai principi generali che hanno ispirato la sua costruzione. Il sogno dell’Europa era partito da lontano: il termine Europa viene dalla mitologia greca e il nome stava a significare “occhi grandi”: Europa era la figlia di Agenore, di lei si innamorò Zeus da cui ebbe tre figli: il leggendario Minosse, il coraggioso Radamante e il saggio Sarpedonte.
I greci, in onore di Minosse, dettero il nome di Europa al continente che si trova a nord di Creta; il nome, non usato dai romani, diventerà una realtà concreta con Carlo Magno.
Ma per tornare ai tempi nostri, solo dopo il drammatico e doloroso tempo della guerra tra esasperati nazionalismi avrebbe cominciato a prendere forma l’idea di un’Europa unita. Il processo che ha portato alla sua formazione è stato lungo e molti Paesi hanno sottoposto le decisioni inerenti alla partecipazione all‘Unione Europea a formule referendarie in modo che tale partecipazione rappresentasse quanto più possibile la volontà di un popolo.
Paradossalmente proprio oggi ci troviamo in guerra, in piena Europa, con la Russia, che ha profonde radici nella storia e nella cultura europea, ma alla caduta dell’Urss, anziché avviare una cooperazione con una sorta di piano Marshall per integrarla nell’Europa, ha prevalso un atlantismo che ha perseguito troppo i propri interessi e non quelli della creazione di un bene comune. Oggi forse avremmo un mondo diverso. La mancanza di cultura politica e della storia finisce sempre per portare alla forza e alla violenza come soluzione dei problemi e ci avvicina al caos.
Il sogno di poter unire sotto l’egida della cooperazione Stati che per secoli si sono sanguinosamente combattuti è svanito per interessi esterni all’Europa stessa, che ha finito per perdere quell’autonomia e quel senso di unione che era alla base del suo destino. In mancanza di una capacità politica di coesione hanno prevalso gli interessi dei singoli Stati, che hanno finito per consegnare il destino dell’Europa in mani esterne e per farla diventare profondamente lontana dal suo originario disegno. Oggi, in effetti, l’Unione Europea risulta eterodiretta per scopi spesso estranei, ma funzionali agli interessi di un atlantismo che dovrebbe essere profondamente ripensato.
Il livello di dipendenza da interessi esterni e dal modello culturale degli Usa, fondato su un concetto di mercato profondamente diverso dal tipo di welfare che sta alla base dell’Unione Europea, hanno finito per creare un sottoinsieme di Stati che sembrano sempre più disuniti e vittime di volontà esterne, che perseguono finalità che si stanno rivelando profondamente lesive della sua cultura, della sua autonomia e della sua sopravvivenza.
La posizione degli Usa, che insiste nel multipolarismo, si dimostra rigida al cambiamento e incapace, per colpa propria dell’Europa, di aprirsi a un mondo esterno che cambia, dimostrando una limitata capacità di adeguarsi per favorire una pace più dichiarata che realizzata; e continua a perseguire il dogma della guerra come fattore di dominio. L’Europa, quella pensata dai padri fondatori, dovrebbe ricucire le diversità, fare una parte di mediazione e non continuare a gettare benzina sul fuoco.
È venuta meno l’anima a questa Europa governata sempre meno dalla saggezza e dalla politica, perché ne sono privi i suoi rappresentanti, a partire dal suo presidente, che mostra una rigidità nemica del dialogo e della collaborazione. Oggi, in mancanza di un potere politico vero, di cui sono privi gli stessi Stati membri, il bastone di comando è stato lasciato a una tecnocrazia profondamente distante dalla realtà e rivolta solo all’emanazione di norme che troppo spesso sono a danno dei Paesi partecipanti all’Unione. Così essi finiscono per subire senza avere la capacità di imporsi la guida di un carro che sembra abbandonato al suo destino come una precaria armata Brancaleone.
Infatti l’attenzione esasperata alla normazione anche di particolari irrilevanti ha trasformato in questo modo la governance dell’Unione Europea in un esercizio di eccessiva e finalistica burocrazia che ha dato luogo ad un apparato giuridico-burocratico assunto come norma assoluta, distante dalle singole realtà dei Paesi membri. E i singoli Stati si sono trovati a rincorrere nei dettagli una normazione fine a sé stessa che ha cancellato lo spirito profondo dell’Unione. Di fatto la governance dell’Unione Europea si è burocratizzata esattamente come aveva previsto Max Weber, avvisando del rischio di una razionalizzazione delle procedure che prendono il sopravvento sulle persone.
La burocrazia è, appunto, per Weber, una forma particolarmente pervasiva e per certi aspetti pericolosa di tale processo di razionalizzazione, giacché essa implica direttamente la gestione non tanto di oggetti, macchine o procedure, quanto piuttosto di esseri umani, i quali devono essere organizzati per conseguire finalità specifiche. L’apparato giuridico governa l’istituzione ma non è governato a sua volta ed evidenzia la mancanza di modelli culturali e di conoscenza della storia e della politica nelle persone che dovrebbero guidare la governance e non subirla.
Come sono lontani i tempi in cui Romano Guardini, uno dei più illuminati pensatori del secolo scorso, scriveva del ruolo e del compito dell’Europa in un mondo che cambiava in occasione del conferimento del Praemium Erasmianum a Bruxelles, nel 1962, in cui richiamava alla potenza acquisita dall’uomo tramite la scienza e la tecnica e al rischio che l’uomo potesse farne un uso terribile, affidando all’Europa il compito storico di riportare la saggezza nella storia dell’uomo. “Perciò io credo che il compito affidato all’Europa sia la critica della potenza (l’esatto contrario di oggi, ndr). Non critica negativa né paurosa né reazionaria, perché essa ne ha provato la potenza non come garanzia di sicuri trionfi ma come destino che rimane indeciso dove condurrà. L’Europa è vecchia … oggi sembra rinnegare la sua vecchiaia e sorgere a nuova gioventù. L’Europa ha creato l’età moderna ma ha tenuto ferma la connessione con il passato. Perciò sul suo volto, accanto ai tratti della creatività sono segnati quelli di una millenaria esperienza. Il compito riservatole, io penso, non consiste nell’accrescere la potenza che viene dalla scienza e dalla tecnica, ma nel domare questa potenza. L’Europa ha prodotto l’idea della libertà dell’uomo come sua opera; ad essa soprattutto incomberà, nella sollecitudine per l’umanità dell’uomo, pervenire alla libertà di fronte alla sua propria opera” (Europa. Compito e destino, pag 26).
Rileggendo le parole di un grande pensatore vediamo, drammaticamente, come siamo lontani da quelle intuizioni e sembra che si stia facendo tutto il contrario, ma il problema è sempre e solo di uomini e delle loro capacità. Ma quando questi mancano si finisce nel caos e si distrugge un luminoso sogno di speranza e di umanità.
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