“Se permettete parliamo di sesso” recitava il titolo di un film del genere commedia all’italiana di qualche decennio fa. A ben vedere vi sono buoni motivi per parlarne oggi forse più di ieri. In Italia, in particolare, a motivo dell’inverno demografico, ma non solo. Del resto una delle principali caratteristiche del Sessantotto, che dopo la grande ascesa economica del dopoguerra ha segnato la storia dei decenni successivi, è stata la rivoluzione sessuale e l’esaltazione del desiderio erotico.
A questa rivoluzione si richiama un noto psicoanalista che oggi scrive, invece, di declino del desiderio (Luigi Zoja, Il declino del desiderio. Perché il mondo sta rinunciando al sesso, Einaudi 2022). La rivoluzione sessuale, esaltata da Reich e da Marcuse, “voleva garantire l’emancipazione dell’erotismo dai vincoli imposti, sul piano biologico, dal potenziale riproduttivo del sesso e, sul piano culturale, dalle pretese dell’amore a una fedeltà eterna e rigorosamente selettiva, in sostanza esclusiva” (p. 40). Di fatto il consumismo esteso alla sfera erotica ha favorito anche l’ipersessualizzazione e l’aumento di nevrosi e patologie psichiche nei minorenni (p. 50).
Con l’appoggio di numerose e dettagliate statistiche che riguardano soprattutto Paesi avanzati come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna, l’autore argomenta che, dopo un periodo di grande esaltazione del desiderio erotico, si assiste ad un suo progressivo esaurimento soprattutto nel maggioritario e più tradizionale ambito eterosessuale. Del resto egli osserva che la crescita infinita delle attività umane – anche della sessualità – si realizza in un mondo finito, incontrando dei limiti e traducendosi in declino (p. 18).
Le ragioni di questo esaurimento sono diverse a seconda delle fasce di età. Da un lato per i più maturi l’aumento delle possibilità di scelta e della facilità di avere rapporti con persone dell’altro sesso, alla lunga sconcerta, mentre per i giovanissimi gioca un ruolo fondamentale il fatto che oggi si sia introdotti alla sessualità fondamentalmente attraverso internet: “Il risultato è un restringimento della fantasia, e della produzione di immagini interiori che se ne alimenta. Prima, la pornografia imitava l’attività sessuale. Dall’arrivo della rete, l’attività sessuale imita la pornografia” (p. 32). Essa presenta modelli assai esigenti di bellezza e di prestazioni sessuali e quindi difficili da imitare. Di qui l’ansia da prestazione nei maschi: “La difficoltà di avere ‘sensazioni forti’ o di renderle più forti (la cui necessità non è sentita nel corpo o nella mente, ma di nuovo è ‘letta’ sui social) conduce a un abbassamento dell’autostima: e questa avvia una rinuncia all’eros, all’amore e, circolarmente, alla sessualità” (p. 49).
“Una sessualità in cui l’uomo è sempre pronto e la donna sempre sottomessa, e il rapporto si riduce a meccanica e idraulica, non solo sono inesistenti nella realtà, ma contraddicono la presenza delle due componenti di libido e tenerezza: considerate necessarie non solo dalle Chiese, ma anche da Freud” (p. 92). Colui che “cerca la sua femmina per app crede di fare una scelta personale. In realtà, i dati ci informano che la gran parte dei suoi criteri è condivisa. Quindi, compiendo la sua scelta, si muove insieme a tutta la cultura circostante. È regredito verso una società che diluisce la personalità individuale: più che sedurre una ragazza, vuole adeguarsi agli standard competitivi del gruppo” (p. 107).
L’autore aggiunge anche altri dati: la condizione normale in cui cresce un bambino è da tempo quella della famiglia a genitorialità ridotta in quanto “senza padre”. Già nella seconda metà del secolo XX la società occidentale è stata considerata sostanzialmente priva del tradizionale genitore maschio. Esso si è “materialmente allontanato, il suo ruolo ha perso gran parte della specificità patriarcale tradizionale, assumendo quella di coadiutore della cura materna. Ha preso la forma di una protezione e di un accudimento primario” (p. 112). Così pure “nel secolo XXI assistiamo al fenomeno degli Incels (Involuntary Celibaters, celibi involontari), punta dell’iceberg di un disagio maschile collettivo. Si tratta di uomini che si considerano vittime del femminismo e del potere esercitato dalle donne” (p. 129).
Una delle conseguenze della rivoluzione sessuale tra i giovani sembra essere indubbiamente un indebolimento del ruolo della figura maschile rispetto a quella femminile che si manifesta, soprattutto nelle classi più povere, nel profitto scolastico e nella possibilità di trovare buoni impieghi. Proprio di questo tratta un recente volume, ricco di statistiche riguardanti la Gran Bretagna (Richard R. Reeves, Of boys and men. Why the modern man is struggling, why it matters and what to do about it, Swift Press, 2022).
In esso si osserva provocatoriamente: “I genitori sono in genere più preoccupati della sorte dei loro figli maschi di quanto lo siano per quella delle loro figlie. Ma sono i genitori liberal ad essere maggiormente preoccupati per i loro figli maschi […] Abbiamo ragione di preoccuparci per ragazzi e maschi adulti perché devono fare i conti con sfide reali in quanto studenti, lavoratori e padri […] Fare di più per loro non significa abbandonare l’ideale di eguaglianza di genere. Di fatto è la sua naturale estensione. Il problema del femminismo come movimento di liberazione, non è che esso sia andato troppo lontano. È che non è andato lontano abbastanza. Le vite delle donne sono state riformate, quelle dei maschi no. Abbiamo bisogno di una concezione positiva della mascolinità per un mondo postfemminista” (p. 9). Si deve, tuttavia, sottolineare che l’allontanamento dalla specificità patriarcale del genitore maschio non è necessariamente negativo, se venga sostituito da una nuova positiva funzione paterna, come sottolineato da Massimo Recalcati.
A questi condizionamenti si unisce il fatto che per ragioni che si presume siano legate all’introduzione nel corpo umano di sostanze che in natura non esistono (soprattutto le materie plastiche), nei Paesi dove viene misurata, sta crollando la fecondità sia maschile (degenerazione degli spermatozoi) sia femminile (moltiplicazione delle menopause precoci). Un fenomeno, quanto meno, evidente nei Paesi più ricchi. Combinandosi al ritardo con cui le coppie decidono di avere figli e alla diminuzione dei rapporti sessuali, costituisce una delle ragioni della denatalità in Occidente.
Non pare strano che ogni rivoluzione veloce come questa, destata e accelerata dalla tecnologia e dalla società dei consumi, abbia esiti ambivalenti ed esiga un assestamento. Ripensare nuovamente il ruolo della sessualità nella realizzazione identitaria dell’individuo e della coppia, il suo rapporto con la generazione, ma senza per questo rinnegare le indubbie conquiste che si sono ottenute e che si possono ancora ottenere sul piano della libertà e della parità di condizioni fra uomo e donna è certamente uno dei maggiori compiti che abbiamo di fronte in Occidente. Su questi temi, secondo Zoja, non ci si sofferma abbastanza. Forse, banalmente, perché si teme di riconoscere che non esistono mai condizioni del tutto ottimali per un equilibrio fra i sessi.
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