Leucemia mieloide, scoperte al San Raffaele cellule staminali responsabili della ricaduta della malattia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature Communications e mostra come agisce la chemioterapia su cellule di pazienti con leucemia mieloide acuta (LMA). Gli autori sono medici e i ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, SR-Tiget e Università Vita-Salute San Raffaele, che si sono serviti di innovative tecniche di sequenziamento del RNA e di nuovi approcci bioinformatici per studiare le cellule tumorali di pazienti e i modelli animali durante la prima somministrazione di chemioterapia.
Gli scienziati in questo modo hanno scoperto una rara popolazione di cellule staminali leucemiche, già presenti al momento della diagnosi, che condizionano la mancata risposta alla terapia e le ricadute della malattia. A questo punto hanno messo a punto una “firma molecolare” per poter individuare in tempo queste particolari cellule staminali. Le tecniche di sequenziamento del RNA utilizzate in questa ricerca hanno permesso di distinguere le cellule leucemiche dalle cellule ematiche normali, che coesistono dopo la chemioterapia e non possono essere distinte in modo affidabile dalla tecnologia utilizzata fino a questo momento.
Leucemia mieloide e cellule staminali: “come trovare un ago in un pagliaio”
La leucemia mieloide è una patologia che solitamente riguarda i soggetti over 60, ma può colpire anche bambini e persone con meno di 60 anni. Le cure attuali sono in grado di provocare una remissione della malattia, però è ancora elevata la percentuale di pazienti adulti ha una ricaduta dopo il trattamento. Il sospetto del coinvolgimento di cellule già presenti alla diagnosi, difficili da distinguere dalla massa leucemica, era già sorto in passato, sebbene non fosse noto il meccanismo utilizzato da tali cellule per provocare la ricaduta.
Come si legge sul portale AIRC, il professor Bernhard Gentner, docente presso l’Università di Losanna, ha commentato questo risultato spiegando che “identificare questa rara popolazione di cellule è stato come trovare un ago in un pagliaio e non sarebbe stato possibile con le tecniche standard che rilevano solo la ‘risposta media’ dell’intera popolazione leucemica”. Per il futuro si prospetta la ricerca di queste cellule staminali già in sede di diagnosi, in modo da capire quali potrebbero essere i pazienti che potrebbero non trarre beneficio dalla chemioterapia classica, offrendo quindi un approccio alternativo che possa evitare la ricaduta della leucemia mieloide.