Si chiama leucemia mielomonocitica cronica la malattia che è stata diagnosticata allo scrittore Alessandro Baricco. Si tratta di una patologia rara, ma non tra le più complesse da sconfiggere. È un tumore del sangue che colpisce generalmente persone con almeno 60 anni. Non è particolarmente aggressivo: «Le possibilità di guarire definitivamente con il trapianto sono buone», afferma al Corriere della Sera Fabio Ciceri, direttore della Divisione di Ematologia e trapianto di midollo all’ospedale San Raffaele di Milano, nonché presidente del Gruppo italiano trapianti midollo osseo (Gitmo). I sintomi più comuni della leucemia mielomonocitica cronica sono anemia, stanchezza che non passa, sensazione di “ingombro” addominale perché la milza si ingrossa. Ma sono sintomi vaghi, comuni a tanti disturbi, quindi non bisogna spaventarsi, ma parlarne col proprio medico.



Per quanto riguarda le cure della leucemia mielomonocitica cronica, l’unica opzione che offre possibilità di raggiungere la guarigione definitiva, spiega Ciceri, è il trapianto allogenico di cellule staminali del sangue. «Viene preso in considerazione con criteri ben precisi: età giovane, generalmente sotto i 70 anni, per forme di malattia più aggressive». Se il trapianto non è la strada percorribile per chi ha la leucemia mielomonocitica cronica, allora in alternativa si può procedere con «diversi tipi di farmaci che oggi consentono di tenere la malattia sotto controllo anche per molti anni, con una buona qualità di vita dei malati».



LEUCEMIA MIELOMONOCITICA CRONICA E IL TRAPIANTO

Anche perché il trapianto è una procedura delicata, che richiede ad esempio una chemioterapia di 5 giorni per eliminare le cellule cancerose del paziente e far spazio per quelle del donatore. «È una chemioterapia “pesante” perché induce una carenza assoluta di globuli bianche e quindi, insieme al tumore, azzera pure il sistema immunitario del paziente». Senza naturali difese immunitario, il malato di leucemia mielomonocitica cronica deve vivere in una stanza singola e protetta. Dopo il trapianto, si attendono circa tre settimane affinché attecchiscano le cellule staminali del donatore, che devono moltiplicarsi e portare i valori del sangue a livelli normali. «In tutto la degenza media è di 40 giorni», spiega Fabio Ciceri al Corriere.



I risultati del trapianto sono ottimi, ma bisogna stare attenti alla malattia del trapianto contro l’ospite, un’aggressione del nuovo sistema immunitario, raramente letale, prevenuta e curata con una terapia immunosoppressiva. «Maggiore è la compatibilità con il donatore e minore è il pericolo di avere malattia del trapianto verso l’ospite», chiarisce Fabio Ciceri. Dunque, il ruolo del donatore è fondamentale. Possono essere familiari, come nel caso di Alessandro Baricco che sarà supportato dalla sorella, ma ci sono anche volontari presi dal registro internazionale.