“Bisognerebbe organizzare una sfilata in Parlamento. Come vedete, organizziamo già un Film Festival internazionale in questi giorni”: è questa la proposta provocatoria di Christian Ehler, tedesco, parlamentare europeo dal 2004 e ora coordinatore del Ppe nella commissione Industria ed Energia. Le parole, arrivate a margine del primo incontro ufficiale con i membri dell’Efa a Bruxelles, alla presenza del commissario al mercato Interno Thierry Breton, sottolineano come la moda debba pretendere i suoi spazi nell’agenda delle istituzioni europee.



“Il settore impiega 5 milioni di persone e vale l’11% del Pil europeo” ha sottolineato Breton. Sul piatto con l’Ue ci sono tre provvedimenti, con lo scopo di limitare l’impatto ambientale di un settore che resta altamente inquinante. I provvedimenti avranno influenza diretta sull’industria della moda a ogni livello. Il regolamento Espr punta a estendere la progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili anche alla moda: dopo l’approvazione della bozza da parte del Consiglio, è ora oggetto di valutazione del Parlamento in attesa della plenaria del 20 luglio. C’è poi la proposta di direttiva Due diligence sulla sostenibilità delle imprese (Csdd), approvata dai deputati europei il 1 giugno e infine proposta di direttiva Green Claims, pubblicata dalla Commissione il 22 marzo scorso, contro il greenwashing.



“L’Europa metta nero su bianco la differenza con il fast fashion”

Proprio la volontà di regolamentare ulteriormente il settore, spingendolo al Green, hanno spinto le camere della moda ad accelerare il dialogo con l’Europa. “Sia io sia Pascal Morand (presidente della Fédération française de la couture, ndr) siamo andati a Bruxelles in passato, ma le istanze dei singoli non vengono prese in considerazione come quelle collettive” ha sottolineato Carlo Capasa, presidente Cnmi. “Vogliamo che l’Europa prenda in considerazione le specificità della moda creativa mettendo nero su bianco la differenza con il fast fashion”.



Secondo l’esperto, “Temi come la durabilità dei materiali o l’utilizzo di materiali riciclati entro il 2030 rischiano di influire negativamente sulla creatività. In questo secondo caso, per esempio, andrebbe fatta una distinzione tra materiali biodegradabili e non”. Anche il passaporto digitale sarà obbligatorio. Infatti “La tracciabilità della filiera è molto importante, ma va considerato che alcune informazioni sono sensibili”. Le considerazioni saranno inserite in un paper che l’Efa (European fashion association, ndr) consegnerà al Parlamento nella giornata di lunedì, per partecipare alla discussione. Ehler ha spiegato ancora che “Non vogliamo che i provvedimenti vadano dall’alto in basso ma lavorare con i player del settore come è già successo in altri ambiti”.