Dopo aver passato tre anni al comando di una delle cosche della ‘Ndrangheta più potenti della Calabria, con un giro importante di droga, armi ed estorsioni, il boss 47enne si è costituito, finendo prima in carcere e poi ai domiciliari. Per 14 lunghi anni l’uomo è stato un collaboratore di giustizia, contribuendo in prima persona allo smantellamento del suo clan: per lui un nuovo nome, un nuovo paese e nessun lavoro per evitare di destare sospetti. Un anno fa poi, convinto che fosse finita, l’uomo ha chiesto di uscire dal programma testimoni ma lì è cominciato l’incubo.



L’ex boss ha cambiato città e ha preso in gestione un bar, convinto di ricominciare una nuova vita. “Siamo partiti piano, ma bene. Gli incassi stavano andando sempre meglio. In questi anni non ho potuto far molto, ma ho imparato a cucinare: volevo mettere a frutto almeno questa mia capacità. Quello che non mi avevano detto, però, è che in Veneto ci sono zone in cui la ‘Ndrangheta ha occhi ovunque. E così quei fantasmi sono tornati e hanno ricominciato a urlare” racconta a Il Gazzettino.



Ex boss della ‘Ndrangheta scovato dai suoi ex compagni

Il sogno dell’ex boss della ‘Ndrangheta è durato meno di sei mesi. A novembre, infatti, alla sorella dell’uomo è arrivato un messaggio: “Sanno dove abita e dove si trova il suo locale, presto agiranno. Sono tutti in pericolo, non c’è molto tempo”. Poche parole ma chiare ma hanno portato il calabrese a vendere il bar e a fuggire, lasciando la casa che aveva preso in affitto, quel locale e le speranze di una vita normale. Così, l’uomo ha preso la moglie e i tre figli per trasferirsi all’estero, presentandosi però prima dai carabinieri per poter rientrare nel programma di protezione testimoni.



In quel momento, all’uomo è stato detto di dover presentare richiesta in Calabria, nella sua città, nonostante fosse senza scorta e nel mirino dei boss della ‘Ndrangheta. “Una volta lì, il clima è surreale: mi lasciano per ore fuori dall’edificio in attesa di essere ricevuto. Li supplico almeno di farmi entrare: non sanno a che rischio mi stanno esponendo?” si chiede ironicamente. Lui ammette le sue colpe e al Gazzettino spiega: “Sono stato un mafioso. Prima spacciavo e basta, poi ho fatto carriera e sono arrivato a comandare. Ho scelto io di aiutare la giustizia a combattere quel sistema e sono stato abbandonato”.

“Deluso dalle istituzioni”

Nel frattempo, l’ex boss della ‘Ndrangheta non sa più come fare per vivere. Dall’estero, dove aveva raggiunto il fratello, è tornato in Italia e ha mandato i due figli più grandi in Lombardia da un parente. Lui, la moglie e la figlia di 14 anni vivono in auto mangiando panini: “Non ho più soldi, ho autonomia per forse un’altra settimana, non più. Sono deluso dalle istituzioni, dallo Stato che per 14 anni ha avuto il mio aiuto e che adesso mi lascia così, senza alcuna protezione o rifugio. I carabinieri mi hanno detto che sono un civile”.