Miguel Benasayag, psicanalista e neurofilosofo, ha ragionato sulle IA, ovvero le Intelligenze Artificiali, in un’intervista per il quotidiano Avvenire. Oggetto dei suoi studi, infatti, è il rapporto tra gli esseri umani e le macchine, ma anche come queste ultime inficino (sia in positivo, che in negativo) sulla vita delle persone, che rischiano di essere ridotte alle semplice somma di diverse funzioni. L’umano non è una macchina, mentre lo scopo della sua vita “è esistere, non funzionare“.
Con il diffondersi delle IA, spiega Benasayag, la tendenza è a definire “l’essere umano come una somma di parti” che possono essere sostituite dalla tecnologia, mentre nella realtà si tratta di un organismo, che “è un’entità unitaria e non si definisce semplicemente per il suo modo di funzionare” che è a senso doppio, ovvero “secondo la propria natura, ma anche secondo la natura dell’intero organismo”. Una tendenza pericolosa, perché così facendo si rischia di perdere “la singolarità particolare del vivente“. Tornando alle IA, Benasayag ci tiene anche a precisare che non gli piace la definizione di ‘intelligenza’ rapportata agli algoritmi, perché il concetto di intelligenza “è sempre una questione di integrazione tra il cervello e la realtà, non solo la capacità di fare calcoli” propria dei computer e degli algoritmi.
Benasayag: “Le IA atrofizzeranno parti del nostro cervello”
Importante, per il mondo delle IA ma anche della tecnologia in generale, secondo Benasayag, è “il limite” che “non ha un’accezione negativa” perché “è quello che definisce il modo di essere al mondo”. L’uomo tecnologico, spiega ancora il filosofo, non capisce “perché subire il limite dell’organicità. Oggi il sentire comune è questo: i limiti sono confini arbitrari” e pur avendo una risorsa enorme per le mani, “siccome non sappiamo addomesticarla, per il momento essa provoca cambiamenti che non padroneggiamo“.
Le IA, inoltre, ed è un punto importante del ragionamento di Benasayag, finiranno quasi inevitabilmente, come tutte le tecnologie, per “provare un’atrofizzazione” del cervello umano. Dai suoi studi neurologici, infatti, ha notato che “il sistema nervoso centrale delega alcune funzioni e ricicla la regione cerebrale liberata”, specialmente quando la tecnologia assume un ruolo centrale nella nostra vita, ma si tratta di “processi lentissimi, lunghi anche centinaia di anni” e il cui effetto a breve termine e spegnere le aree del cervello ‘inutili’. Insomma, il fulcro del ragionamento di Benasayag è che le IA e la tecnologia non possono essere fermate, ma “bisogna conoscerle e ristabilire un’alterità. Dobbiamo imparare a esistere, coabitando con questa nuova potenza che, non avendone noi il pieno controllo, può essere pericolosa. Dobbiamo”, conclude, “sapere identificare che cosa noi siamo e riconquistare il terreno lasciato alla macchina“.