I vertici di Hezbollah non ebbero un ruolo nell’attentato del 14 febbraio 2005 a Beirut in cui furono uccisi con un’autobomba l’ex primo ministro libanese Rafik Hariri e altre 21 persone. Ma un membro del “partito di Dio”, organizzazione sciita legata a doppio filo all’Iran, che in tempi non sospetti ne istruì le prime milizie, è stato oggi giudicato colpevole “al di là di ogni ragionevole dubbio” dell’azione terroristica. Questo il pronunciamento del Tribunale speciale del Libano in merito alla posizione di Salim Jamil Ayyash, imputato insieme ad altri tre membri della fazione guidata da Hassan Nasrallah, che invece sono stati assolti. Dal momento che Hezbollah ha sempre rifiutato di dire dove si trovassero i suoi esponenti, e che i quattro per questo motivo non sono mai stati arrestati, Ayyash è stato condannato in contumacia. (agg. di Dario D’Angelo)
SENTENZA HARIRI, IL PRONUNCIAMENTO DEL TRIBUNALE SPECIALE DEL LIBANO
«Non ci sono prove del coinvolgimento di Hezbollah nell’assassinio»: era attesa per oggi la sentenza sulla morte del Premier del Libano Rafiq Hariri – ucciso nel 2005 dopo un attacco kamikaze sul lungomare di Beirut al passaggio del suo corteo – dopo lo slittamento per l’immane tragedia del 4 agosto scorso nella capitale libanese (con l’esplosione nel porto di Beirut che ha fatto almeno 250 morti e migliaia di feriti). Così poco prima di pranzo il Tribunale Speciale per il Libano, con sede a L’Aja in Olanda, annuncia il dato politico atteso da 15 anni in Medio Oriente: e il risultato è del tutto inatteso, «La camera di consiglio è del parere che la Siria e Hezbollah possano aver avuto motivi per eliminare Hariri e i suoi alleati politici, tuttavia non ci sono prove che la leadership di Hezbollah abbia avuto alcun coinvolgimento nel suo omicidio e non ci sono prove dirette del coinvolgimento siriano», spiega il presidente della Corte David Re, leggendo una sintesi della sentenza di oltre 2.600 pagine decisa dal Tribunale speciale.
SENTENZA HARIRI, RESTA IL MISTERO IN LIBANO
La sentenza sulla morte di Hariri era stata rinviata dal 7 agosto ad oggi per rispetto alle vittime dell’esplosione di Beirut, ma dopo le dimissioni del Governo per le forti pressioni della piazza e la contestazione massima in Libano da decenni a questa parte, con questa sentenza oggi la nazione resta inevitabilmente ancora più spaccata. In molti lamentano in patria – e dall’entourage dello stesso Hariri – che in qualche modo la sentenza sia stata condizionata dall’incidente di Beirut (al momento non vi sono prove certe per l’eventualità di un attentato doloso), visto che fino a pochi giorni fa sembrava quasi certa la condanna di Hezbollah e della Siria dietro all’assalto kamikaze contro il premier Hariri. Accusati in contumacia per il delitto che ha spaccato il Libano 15 anni sono Salim Ayyash (il pianificatore), Hussein Oneissi, Assad Sabra e Hassan Merhi: i quattro non sono mai stati catturati ed Hezbollah continua a sottolineare che non ne permetterà mai l’arresto. Prima della sentenza de L’Aja il presidente libanese Michel Aoun aveva spiegato al Corriere della Sera «Attendo il verdetto. Lo rispetterò qualsiasi esso sia. Di più non voglio dire, se non rimarcare che sono trascorsi 15 anni dall’assassinio e la giustizia dopo un periodo tanto lungo non è più giustizia». Nella sentenza espressa dall’Olanda, il Tribunale conclude «L’omicidio dell’ex premier libanese Rafik Hariri è stato commesso da un attentatore suicida e il corpo di un uomo mai identificato è stato rinvenuto sul luogo dell’esplosione». Secondo le indagini condotte in 15 anni, l’esplosivo fu piazzato su un furgone rubato in Giappone, «importato in Libano attraverso gli Emirati Arabi Uniti e venduto a Tripoli a due uomini non identificati».