Pirandello, Chesterton, Pasolini. Esistono tre scrittori più lontani? Il drammaturgo di Girgenti che mette in discussione la consistenza stessa dell’io, il raffinato scrittore e apologeta inglese, maestro di humor e di paradossi, il tormentato, poliedrico e geniale intellettuale friulano.
Nel centenario della nascita di Pasolini, “Liberi tutti!”, spettacolo inaugurale del Meeting di Rimini, che andrà in scena oggi, sabato 20 agosto, alle 21:30 al Teatro Galli di Rimini, innesta “Che cosa sono le nuvole”, gemma della produzione cinematografica pasoliniana, in un’opera tra le meno note di Chesterton, quel “La sorpresa” che l’autore inglese concepì come una risposta a distanza ai “Sei personaggi in cerca d’autore” pirandelliani
«Il fil rouge che unisce questi autori non può essere che quello della libertà», spiega Otello Cenci, regista e autore. «Chesterton ne “La sorpresa” si lascia provocare da Pirandello per indagare quale sia la possibilità per l’uomo di godere di una libertà reale e cosa permetta all’uomo di riconoscere la libertà dell’altro. Al testo chestertoniano abbiamo così aggiunto un intero terzo atto, con il desiderio di andare a verificare come si attua questa libertà attraverso esempi concreti di vita quotidiana». E qui nasce l’idea di ricorrere a PPP. Cenci e Giampiero Pizzol hanno preso in considerazione «Che cosa sono le nuvole», per molti la migliore prova filmica di Pasolini, cortometraggio di una quindicina di minuti poetico, emozionante e provocante. Nasce così “Liberi tutti!”, opera che vede la presenza in scena di sei attori che con parole, musiche e canzoni, tutte eseguite dal vivo, accompagnano e svolgono la traccia realizzata.
Un’operazione ardita, che ha goduto della consulenza della migliore studiosa chestertoniana del nostro paese, Annalisa Teggi, e dello stesso G. K. Chesterton Institute for Faith & Culture. «La trama originale di Chesterton è semplicissima, ci parla di un autore che desidera che i suoi burattini “siano”, non solo agiscano. Il dramma si apre con un primo atto semplice e lineare, e anche breve, in cui tutti si attengono senza eccezione a ruoli prefissati. Chesterton disegna un mondo privo di malvagità, senza “il seme della cattiveria”, come dice lui. Può esistere un testo senza malvagità? – ci dice sempre Chesterton».
Ma una bontà senza libertà rimane sterile, fine a se stessa. Così nel secondo atto con i burattini, diventati uomini vivi (qui anche da Collodi qualche suggerimento inconscio sarà pur arrivato…) la trama si complica, entra in gioco la libertà di ciascuno di decidere come comportarsi, cosa farne del mondo e degli altri. «Sono situazioni quotidiane di ognuno di noi», commenta Cenci, «alle quali si aggiunge un elemento molto bello e poetico, la malinconia, o meglio la rimembranza di un momento in cui le cose sono state vive e vere, la malinconia per una verità vissuta».
Emerge anche il tema dell’obbedienza alla natura delle cose e dell’obbedienza agli uomini, «temi portanti dell’opera, che Chesterton, com’è nella sua indole a differenza di Pirandello, tratta in modo leggero e ironico; in “Liberi tutti!” vengono detti in modo poetico soprattutto con musica e canzoni».
Sono temi beninteso non enunciati o proclamati, ma suggeriti, che emergono man mano dall’incedere dell’azione, finché nel terzo atto, non presente nell’opera chestertoniana, avviene un’ulteriore sorpresa finale. «In “Liberi tutti!” gli attori entrano in scena con marionette, sono essi stessi marionette prodigiose, alle quali sono date la vita e la voce. L’autore però non si accontenta, esige un prodigio ancor più grande».
Resta da dire degli attori: sei giovani, selezionati sulla base di un casting nazionale, al quale si sono presentati circa cento candidati. «Ognuno ha un talento particolare, sono giovani talentuosissimi», spiega Cenci, «che poi si rivelano anche cantanti, musicisti, arrangiatori. Alcuni alla formazione di teatro classico aggiungono l’esperienza di teatro di strada anche acrobatico, altri mostrano una verve e una vis comica innate». È la prima volta che recitano insieme. «Hanno dovuto confrontarsi su un testo che al primo impatto non appare semplice, mentre recitato in scena è quasi una fiaba, un testo godibilissimo anche per i bambini. La sfida attoriale è stata dare carne, dare spessore esperienziale a queste figure che anche per l’ambientazione storica – siamo nel Seicento, in piena epoca barocca spagnola – può sembrare lontano al pubblico di oggi. Il testo però una volta riletto, riscritto e portato in scena si rivela un godimento per tutte le età».
Pure la scenografia, infine, è disegnata sulla base del principio della sorpresa. «Chesterton concepisce tutta la realtà come sorpresa, come qualcosa di sconosciuto che ci viene donato e che rompe la monotonia del quotidiano. Ciò si traduce scenicamente in grandi cubi, dei quali anche gli attori fanno parte, come grandi pacchi regalo che contengono sorprese, o regali di Natale. Oggetti utilizzati per lo tutto lo spettacolo ma cambiando continuamente significato e forma, perché l’accadere della sorpresa è possibile in ogni momento».
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