Prosegue da DALLA PRIMARIA ALLE SUPERIORI/ 1. Itinerari matematici
Anche lo studio della geometria rappresenta uno dei momenti privilegiati del percorso formativo in quanto possiede il vantaggio di offrire molte occasioni di esercizio del pensiero attraverso attività di disegno, misura, costruzione di modelli.
“In questa impostazione, che parte dall’osservazione per giungere alla sistemazione formale e rigorosa, lo studio della geometria rappresenta uno dei momenti privilegiati del percorso formativo in quanto possiede il vantaggio di offrire molte occasioni di esercizio del pensiero creativo, anche attraverso attività di disegno, di calcolo e misura, di costruzione di modelli e di immagini mentali, l’uso di descrizioni sia verbali sia scritte“. (Gorini, 2008)
Il valore formativo della geometria è ancora una scoperta di pochi insegnanti. La geometria è un ottimo ponte tra scuola primaria e secondaria, perché permette di esercitare il pensiero senza il fardello della abbondanza di simboli come in algebra. Ma bisogna ripensarla fino alle radici. Rimando agli esempi del testo già citato (Longo Barbieri,2008). Molti insegnanti sono convinti che la geometria sia facile perché “concreta”, ma questa è solo un’ impressione superficiale. Gli oggetti della geometria non sono concreti, ma mentali. Per esempio, in geometria non parliamo di tanti quadrati (di carta, di legno, ecc.), ma del quadrato, oggetto del pensiero che raduna le caratteristiche comuni a qualsiasi quadrato. E ancora, un triangolo non ha “una” altezza, ma tre altezze, ciascuna relativa ad un vertice e al lato opposto: la parola “altezza” viene svincolata dalla forza di gravità. Iniziare in questo modo in scuola primaria, non è facile e non è comune. Alcune esperienze positive sono presentate in “Atti del Seminario Ma.P.Es”, giugno 2011, dedicato alla geometria (Longo, 2012)
“I diversi campi di esperienza e i diversi contesti in cui proporre attività, aprono la comprensione di concetti matematici in molte modalità. Non si deve aver timore di fare incontrare nel corso degli anni i contenuti a livelli via via più complessi, avendo cura di non ripetere le stesse proposte e gli stessi approcci, ma di riprendere quanto sedimentato nel lavoro precedente, per raggiungere livelli di comprensione e di astrazione superiori. Di pari passo alla costruzione di concetti, deve crescere la capacità di utilizzare il linguaggio specifico, sia nell’aspetto verbale che nelle forme espressive simboliche e grafiche“.(Gorini, 2008)
Ecco un punto davvero significativo, un esempio di realismo didattico. L’allievo cresce, assimila esperienze nuove, cambia il suo punto di vista, la sua possibilità di fare confronti, di comprendere ragioni. Questa è un’idea che, a mio avviso, dovrebbe informare tutti i tentativi di sviluppare continuità nella scuola circa la matematica.
Quali raccordi?
La visione di A.Gorini non è solo teorica, perché ampiamente sperimentata da lui stesso e da altri insegnanti. Il motivo per cui la condivido pienamente e la propongo come ideale per la scuola media è che si tratta di una posizione realista sulla costruzione del pensiero matematico, e mostra come i ragazzi si lascino affascinare quando attraverso la matematica vedono il senso e la bellezza del mondo reale e si accorgono di fare scoperte inattese. Ma quanti sono gli insegnanti di scuola secondaria di 1° grado che non ritengono una riduzione il fatto di dare spazio a esperienze di tipo operativo, di lasciare il tempo agli allievi per inventare soluzioni personali da confrontare?
Ecco un brano di un’intervista ad un’ insegnante di scuola primaria:
“La preoccupazione più grossa per una maestra, quando i sui allievi entrano nella scuola secondaria di 1° grado, è che si trovino costretti al passaggio immediato ad un apprendimento strettamente formale, che perde di vista il contatto con la realtà. I ragazzini tornano a trovare la maestra mostrando quaderni stracarichi di formule. Ma questo fenomeno non riguarda solo la matematica, io mi accorgo che in tutte le materie lo studio nella scuola secondaria di 1° grado è legato solo al testo, senza mai presentare esperienze significative. Un’altra grossa preoccupazione è che manchi l’attenzione ai percorsi individuali sia nel modo di lavorare che nella verifica. Per esempio è chiesto di memorizzare una definizione senza però fare un lavoro per arrivarci”.
Perché questa maestra si preoccupa? Solo per difendere i suoi bambini, come se avesse paura di farli crescere? Non credo proprio, è piuttosto perché conosce bene un fatto semplice: arrivare a lavorare in matematica chiudendosi nel livello astratto, senza la possibilità di farlo continuamente emergere dal basso (dall’esperienza, o da un livello inferiore di astrazione) è un livello piuttosto tardivo e forse non di tutti. Dice ancora l’insegnante di scuola media che ho citato all’inizio:
“Certe volte le maestre hanno paura di allontanarsi dalla strada maestra, loro hanno la formazione pedagogica che manca a noi. Nella scuola siamo tra due mondi: uno privilegia le metodologie e uno i contenuti. Due mondi che dovrebbero incontrarsi.”
Riprendo infine alcune osservazioni da un’intervista ad un docente di scuola superiore, per mostrare come sono davvero diversi i punti di vista degli insegnanti e come si oscilli tra metodo e contenuti:
“Gli allievi che entrano nella secondaria di secondo grado dovrebbero saper ragionare, saper fare i giusti collegamenti tra vari argomenti (come ad esempio frazioni, proporzioni, geometria), ma anche saper fare bene le operazioni su numeri naturali, relativi e razionali. Devono saper applicare molto bene quello che sanno formalmente, perché secondo me per un ragazzo fare è più importante della consapevolezza, questa gliela daremo noi nella scuola superiore. Ma se sa fare, investe di più sul capire. Dovrebbero sapere osservare e ascoltare, essere già abituati a leggere un testo di matematica, il testo di un problema o una pagina del libro”.
Nella scuola superiore si entra decisamente nel mondo delle espressioni formali, della struttura logica e deduttiva della matematica, si incontra la struttura della dimostrazione, si approfondisce l’analisi dall’interno, per abitudine diventa solo casuale il rimando a collegamenti con altre discipline o con fenomeni naturali. Eppure, nella scuola superiore di secondo grado il rapporto tra matematica e realtà potrebbe essere analizzato allargando molto l’orizzonte: scoprire che la matematica è il linguaggio delle scienze sperimentali, fonte di continuo stupore per chi conosce ormai (o dovrebbe conoscere) i differenti metodi delle discipline scientifiche.
Rivolgendo l’attenzione ai processi interni alla matematica, si corre un bel rischio! E’ un passaggio necessario, ma si rischia di dimenticare che c’è una consapevolezza che non è solo basata sull’assiomatica, ma sull’adesione al compito, sull’interrogare la propria ragione, che non si può separare dal puro fare, che diventerebbe scimmiesco. Tanta strada dunque mi sembra che ci sia da fare perché gli stessi processi mentali siano evidenti agli insegnanti sotto le apparenze di livelli di astrazione diversi, perché è su quei processi che il raccordo potrebbe davvero avvenire. Se questo avviene, non sarà preoccupante colmare qualche differenza rispetto ai contenuti.
Inviterei dunque tutti a lavorare, anche negli altri ordini di scuola, in modo da fare proprio il giudizio di A.Gorini sul suo modo di intendere la scuola media:
“Questo modo di procedere mira a far crescere nei ragazzi la capacità di conoscere secondo i metodi propri della disciplina e contribuisce alla formazione della persona attraverso lo sviluppo di una struttura di pensiero razionale“.(Gorini, 2008)
Vale la pena infatti sottolineare il contributo che la matematica può dare all’educazione alla razionalità e al giudizio, indipendente dalle opinioni e dipendente dai fatti. Questa attenzione dovrebbe crescere esponenzialmente dalle elementari alle superiori e potrebbe davvero individuare una base per il raccordo tra le varie scuole.
Le difficoltà e il recupero
A molti bambini non basta il tempo della scuola primaria per impadronirsi del concetto di numero e delle tecniche delle operazioni. Sono bambini intelligenti, per i quali occorre un lavoro semplice e metodico. Si parla molto di dislessia e discalculia, e questo serve a ricordarci la fatica a cui sono sottoposti i ragazzi che hanno dei veri ostacoli personali nell’apprendimento dell’aritmetica. La fatica non deve però diventare smarrimento, scoraggiamento, esclusione. Tutto quello che ho sopra esposto, è certamente valorizzato in un’ottica inclusiva, una sfida che va vissuta anzitutto come forma reale di accoglienza e valorizzazione della formazione matematica. L’insegnante di matematica non deve sentirsi senza armi, ma rivedere la sua idea di programma e di valutazione.
Bolondi G. Perché studiare la matematica. Pearson Italia, Milano,2012
D'Amore B. La didattica e le difficoltà in matematica. Analisi di situazioni di mancato apprendimento. Erickson, Trento, 2008
Freudenthal H. Ripensando l’educazione matematica, La Scuola, Brescia, 1994
Gorini A. Scuola secondaria di primo grado, in Longo, Barbieri, 2008
Gorini A. ( 2010) Matematica a sorpresa, testo per la scuola secondaria di 1°grado, Principato
Longo P. - Barbieri S. Insegnare matematica. Esempi di Buone Prassi in Lombardia, Guerini e associati, Milano, 2008
Longo P. (a cura di), Atti del Seminario Ma.P.Es., 2012 Per informazioni scrivere a [email protected]
Marazzini A. Alla scoperta del mondo dei numeri, in Longo, Barbieri, 2008
Vergnaud G. Il bambino, la matematica, la realtà, Armando Roma,1994