L’insegnamento della lingua madre va percepito come fondamentale per qualsiasi ordine e grado di studi. La lingua infatti è lo strumento primario di incontro con la realtà, tanto che gli altri linguaggi divengono consapevoli se ricondotti alla lingua primaria (anche l’apprendimento della matematica ha come condizione necessaria la consapevolezza linguistica). Attraverso la lingua i genitori consegnano infatti al bambino le categorie di lettura, di comprensione della realtà e la scuola prosegue tale compito educativo rendendo sempre più consapevole l’uso inconsapevole della lingua, condizione necessaria affinché sia possibile per il giovane un incremento di esperienza, intesa come “fare giudicato”. Ciò implica che anche concretamente l’insegnamento dell’italiano nella scuola occupi un numero di ore significativo e che gli insegnanti di tutte le altre discipline siano coscienti di essere responsabili della crescita linguistica dei ragazzi, ampliando il loro bagaglio lessicale, affinando o correggendo l’uso del linguaggio (non è scontato che il bambino e il ragazzo siano parlanti perfetti della loro lingua madre).



Insegnante di italiano, conosci il tuo compito?

L’insegnante di italiano ha però un compito particolare: portare a consapevolezza lo studente delle dinamiche della lingua che normalmente usa per comunicare e introdurre il giovane nel patrimonio linguistico e testuale della nostra tradizione, con particolare attenzione al testo letterario, nel quale la lingua si mostra in tutta la sua potenzialità comunicativa ed estetica per incarnare i significati ultimi dell’umana esistenza.



Un compito che si articola dunque in tre ambiti, non concettualmente distinti, ma separati nella pratica didattica: la proposta della tradizione letteraria italiana e occidentale in senso lato; la riflessione sulle strutture e le funzioni linguistiche;  la produzione di testi orali e scritti, strumentali alla comunicazione e alla conoscenza ed espressivi del proprio pensiero, della propria esperienza, della propria fantasia.

Finalità educative e didattiche della lettura

Per chi si affaccia a una prima riflessione su di sé e sulla realtà, sui significati ultimi di essa, il testo letterario può essere di grandissimo aiuto, in quanto occasione di imparare a dare un nome a ciò che si vede, si sente, si intuisce e di incontrare, giudicare, far proprie, le ipotesi e i tentativi di risposta agli interrogativi ultimi custoditi gelosamente dalla nostra tradizione. Si potrebbe dire che il fanciullo divenendo ragazzo deve passare dal denominare attraverso i nomi concreti al denominare attraverso i nomi astratti: se da piccolo ha imparato a dare un nome agli oggetti, e ha affinato quest’arte attraverso l’esperienza scolastica e non, a un certo punto va guidato a nominare concetti e situazioni. Come perviene a definire i termini che iniziano davvero ad interessare la sua vita (amicizia, libertà, indipendenza…)? Occorre accompagnarlo a descrivere le esperienze attuate o possibili che possono ricondursi a tali termini. E in questo le situazioni e le immagini letterarie sono di grandissimo aiuto: dalla descrizione e dalla narrazione fruite e prodotte si perviene in un percorso guidato gradualmente all’argomentazione, alla scoperta delle ragioni, dei significati. 



Mai senza questi testi

In sintesi questo il percorso cui può contribuire l’esperienza letteraria nel passaggio dalle elementari alle medie e all’interno del quale si possono considerare insostituibili i seguenti tipi di testo:

* Il testo narrativo ha il pregio di favorire l’immedesimazione razionale e affettiva al tempo stesso con mondi possibili, ricchi di eventi e personaggi che alimentano il “paesaggio dell’anima” dei giovani lettori, ampliando la loro categoria della possibilità e fornendo loro modelli con cui confrontarsi e da cui imparare ad affrontare le problematiche che la vita pone.

* Di natura e funzione per certi versi opposte al testo narrativo, la poesia lirica è da considerarsi un importante strumento conoscitivo, complementare al procedere sequenziale della narrazione in quanto capace, anche per un uso della lingua valorizzatore di tutta la sua potenzialità sonora e semantica, di esprimere la densità dell’istante, attestandola in un’opera originale e gratuita, che ha i connotati della contemplazione. La lirica si configura come particolarmente adatta al modo di conoscere dei ragazzi, caratterizzato dalla frammentarietà, dall’intuizione e lo aiuta a compiersi grazie alla sua capacità di stabilire nessi tra il particolare e il tutto, cioè tra la concretezza della circostanza e il suo senso ultimo. Liberi dal dover seguire l’ordine cronologico della storia della letteratura, gli insegnanti della primaria e della secondaria di I grado possono scegliere poesie in ordine ad autori o a tematiche adatte all’età dei loro studenti e capaci di illuminare le esperienze che essi vivono o di cui vengono a conoscenza (è possibile privilegiare ad esempio testi più descrittivi dei fenomeni e dei paesaggi naturali in V elementare e in prima media,  degli oggetti, dei giochi e delle persone in seconda media e in terza avvicinare gli studenti ad alcuni autori, per fare solo un esempio Ungaretti, che hanno messo a tema nella loro opera le problematiche che iniziano ad affacciarsi alla ragione in crescita degli studenti, quali il dolore, l’amore, la felicità…).

     

     

     

     

    * Dopo aver introdotto in quinta elementare la mitologia greca con letture adeguate, nella scuola secondaria di I grado andrebbe concesso ampio spazio alla lettura del poema epico, in particolare dell’Iliade e dell’Odissea di Omero. Tali poemi, narrativi e lirici al contempo, offrono al lettore modelli di consistente spessore, exempla che incarnano i valori e gli ideali della tradizione classica – e quindi nostra – in uno stile di narrazione e di presentazione dei personaggi solare, senza la duplicità, il sospetto, l’inautentico propri dello psicologismo. Uno stile nitido particolarmente adatto al ragazzo che si sta aprendo alla complessità della vita e percepisce di non avere gli strumenti adeguati per comprenderla e sostenerne l’abbaglio, un mondo di ideali vissuti e verificati che rassicurano il lettore circa la positività della vita e la certezza dell’esistenza del suo significato.

       

      Quali criteri? E quando?

      Affinché l’esperienza di lettura dei testi narrativi, lirici, epici sia in grado di favorire che il ragazzo si metta in moto, attivi le sue doti razionali e affettive, occorre che il docente scelga con consapevolezza quali opere proporre e in quale momento del percorso scolastico. Ecco alcuni criteri che possono rivelarsi utili nella scelta:

      * La classicità, intesa come riconoscimento dato dalla tradizione letteraria e culturale ad un testo in forza della sua capacità di parlare all’uomo di ogni tempo. È infatti  spesso preoccupazione degli insegnanti quella di seguire le mode del momento pur di invogliare i ragazzi a leggere, mentre dovrebbe interessare loro che gli studenti leggano nonmulta sed multum, cioè non tanti libri, o peggio stralci di testi, ma testi che davvero divengano pietre miliari nella loro formazione umana, linguistica e culturale.

       

       

         

         

        * In secondo luogo, in particolare per la narrativa, è importante scegliere i testi anche in ordine al loro genere di appartenenza, in quanto ogni genere ha in sé una particolare valenza educativa e un’età ideale a cui essere proposto. Si potrebbe ad esempio impostare un percorso che a partire dai generi più fantastici e avventurosi (fiabe, favole, miti e leggende, racconti d’avventura, racconti di fanciulli), da affrontare tra la quinta elementare e la seconda media, porti gli studenti in terza media a leggere e interpretare, guidati dal docente e anche autonomamente, opere realistiche o comunque più impegnative dal punto di vista linguistico, narrativo ed esistenziale (racconti gialli, autobiografie, biografie, short stories e romanzi). Importante nel percorso di letture che accompagna la crescita del ragazzo tener conto che via via si forma in lui un certo gusto, una certa propensione verso un genere letterario piuttosto che un altro, la passione per un certo autore. L’età delle medie è quella infatti in cui si delinea il “timbro” del carattere, in cui si inizia a decidere autonomamente da che parte stare. Se dunque fino ai dodici anni è importante che l’insegnante proponga l’incontro con vari generi testuali, in terza media occorre lasciare spazio anche alla libera iniziativa dello studente, affinché operi le sue scelte e impari ad attestare il suo giudizio con adeguate argomentazioni.

        * Introdurre gradualmente i differenti generi è un’esigenza connessa a un altro importante criterio di scelta dei testi, ovvero la tipologia di problematiche in essi presentate e affrontate e di conseguenza il grado di difficoltà di interpretazione anche linguistica. Un testo si configura infatti come tentativo di risposta a una domanda sottintesa: se questa domanda non è ancora sorta nel lettore, il testo risulterà poco affascinante e la lettura sarà al massimo un esercizio didattico con, peraltro, scarsi risultati. È altresì vero che un testo deve anche essere in grado di stimolare la curiosità e smuovere interrogativi nel lettore, che altrimenti lo lascerà cadere nell’oblio.

        * Infine occorre vegliare sulla concezione di vita che i libri scelti propongono, tenendo presente, soprattutto nell’età del passaggio dall’infanzia all’adolescenza, che i ragazzi non hanno ancora le ragioni della speranza, la certezza della positività anche della circostanza problematica e quindi non vanno messi in crisi prima di dotarli delle categorie per affrontare la crisi. Vi sono, ad esempio, fiabe moderne che irridono quelle classiche mettendo in dubbio la certezza del lieto fine, racconti fantastici che lasciano in sospeso il finale non dichiarando se la vicenda si risolve nella realtà o nella fantasia, racconti d’avventura che, scimmiottando i film, presentano l’avventura come rocambolesco succedersi di effetti speciali, negandole la drammaticità che le è propria. Testi di siffatta tipologia non fanno altro che alimentare lo scetticismo imperante nella nostra società.

           

          Fino al  paragone con la propria esperienza

          La scelta consapevole dei libri da parte del docente è condizione necessaria ma non sufficiente perché la lettura sia educativa e stimolante la ragione. Occorre infatti tradurre in pratica didattica l’attività di lettura in modo da favorire il coinvolgimento dello studente. Innanzitutto andrebbe superata l’idea di lettura come occasione strumentale esclusivamente finalizzata all’apprendimento delle tecniche di scrittura o ancor peggio come spunto per parlare di tematiche stabilite a priori, scadendo facilmente nel moralismo o nell’ideologia. Inoltre è facilmente verificabile che per entrare nelle pieghe del testo, per interpretarne il senso e i significati, per gustarne la modalità con cui è scritto, le scelte linguistiche dell’autore, occorre tempo, fedeltà. Contro la logica dell’usa e getta, andrebbe dunque evitata la lettura in classe di stralci di testo estrapolati dal contesto dell’opera nella sua interezza, il passare da un testo all’altro senza che siano espliciti i nessi di un percorso: il lettore deve avere il tempo necessario per  l’immedesimazione e dunque per la comprensione del testo. La lettura del testo dovrebbe implicare sempre la ri-lettura, intesa come attività diversificata (scrittura, riscrittura, illustrazione, declamazione, lettura corale, recitazione…) in ordine a una comprensione approfondita del testo, a partire dall’ipotesi di senso che inevitabilmente si formula a una prima lettura, fino al paragone con la propria esperienza di vita e con le problematiche effettive dei lettori concreti presenti in classe. Ciò implica che non si possa stabilire a priori una batteria di esercizi validi sempre e in ogni occasione per il testo letto, o che l’insegnante imposti la lezione come spiegazione di tutti gli aspetti impliciti nel testo di cui lo studente è passivo ricettore: l’insegnante propone un percorso di letture in base a obiettivi prestabiliti, con l’occhio vigile alle problematiche effettive dei suoi studenti e con l’accortezza di guidarli in un lavoro teso a far diventare esplicito ciò che nel testo è implicito, favorendo così in ciascuno una reale e personale esperienza di svelamento del senso e di ampliamento della categoria della possibilità. Tale lavoro su testi paradigmatici condotto in classe può rivelarsi in grado di stimolare il gusto della lettura personale, in quanto i ragazzi imparano un metodo di lettura coinvolgente e in grado di lanciarli autonomamente nel “calderone” del racconto e della poesia, con libertà e spirito critico.

           

          Prosegue con L’INSEGNAMENTO DELL’ITALIANO NELLA SCUOLA DEL PRIMO CICLO/ 2. La riflessione sulla lingua in ordine all’educazione della ragione e della criticità

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