È la domanda che i ragazzi di seconda e terza media devono affrontare e che spesso li trova spaesati e, soprattutto per chi ha qualche difficoltà scolastica, tentati di lasciar fare ai “grandi”. Il compito di chi educa non è porre la risposta,ci suggerisce l’Autore, ma fornire strumenti e criteri perché possa iniziare al meglio l’avventura di una verifica che solo il giovane, invece, può e deve compiere.



Dalla “Media” un suggerimento da verificare

A volte anche l’orientamento delle scuole medie subisce la tentazione di pretendere di indicare la strada giusta, la risposta adeguata. Ecco i giudizi definitori (“sa fare solo quello”, “non potrà mai riuscire in quella cosa lì…”) o l’applicazione del classico schema post terza media: i ragazzi bravi nello studio al liceo, i ragazzi più svogliati all’istituto tecnico, quelli che con lo studio non hanno molto a che vedere negli istituti professionali e gli ultimi degli ultimi nei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (nelle regioni in cui questi esistono).



E i docenti rischiano così di fare errori a volte grossolani come quello di spingere allievi poco propensi allo studio verso un istituto tecnico a prescindere dagli eventuali interessi mostrati. Infatti nel biennio dei tecnici (ma anche dei professionali) l’offerta didattica si modula su un numero di ore e di materie maggiore che al liceo, ha ugualmente una scarsa operatività e mantiene un insegnamento teorico complesso anche per quel che riguarda le materie tecnico-scientifiche. In parte questo spiega la grande dispersione che l’istruzione tecnica ha nel biennio, biennio utilizzato per consolidare le basi teoriche, ma che così diventa anche lo scenario di una selezione molto forte con l’esclusione proprio dei soggetti lì indirizzati perché ritenuti i più idonei.



Didattica laboratoriale: strumento necessario

Un’altro errore è un orientamento spesso visto solo in termini scolastici (“è portato/non è portato alla matematica, alle lingue straniere” etc) e quasi mai in termini professionali. D’altronde difficilmente alle medie troviamo momenti di didattica “laboratoriale” che permetta di cogliere in azione qualità e motivazioni dell’allievo anche al di là del tradizionale compito scolastico. Così si “inviano” ragazzi con talento in scuole non idonee solo perché ritenute più facili, o ragazzi con oggettive difficoltà in scuole professionali il cui ambito di intervento è, paradossalmente, più complesso e quindi inaccessibile già in partenza. Anche la famiglia si trova in difficoltà dovendosi districare tra più fattori: i giudizi sul proprio figlio o figlia, le svariate informazioni di molteplici offerte formative che appaiono all’orizzonte e, infine, il passaparola (anch’esso importante) degli amici sull’ambiente scolastico e sui professori che vi insegnano. 

Al centro lo studente

Come affrontare allora più serenamente quella che, comunque, è la prima vera scelta importante del giovane studente? Forse rimettendo al centro proprio lui: lo studente. Certo è un’età difficile, a volte il dialogo in casa e/o a scuola è ridotto ai minimi termini, ma se è lui che deve prendere la decisione gli adulti devono cercare di “tirar fuori” quel presentimento di bello e di vero che il ragazzino sperimenta o intravede come possibilità futura. Occorre che i docenti sappiano valorizzare i comportamenti o le preferenze dell’allievo e non fissare a priori i criteri orientativi: se uno è bravo in matematica e ha la passione delle moto non è detto che sia solo il liceo la sua strada; viceversa se uno non ha tutti sette, ma si impegna e affronta lo studio con costanza si troverà forse più a suo agio in un liceo che propone pochi, ma precisi obiettivi scolastici, piuttosto che in situazioni più complesse e che non trovano in lui alcun interesse. E se la famiglia è il luogo principe in cui la scelta matura (e quindi inopportuno affidarsi ciecamente solo alla scuola) occorre che anche i genitori sappiano osservare i propri figli in azione: a volte l’insufficienza non è per forza dovuta a un’incapacità, come altre volte il voto buono non sempre indica una predilezione o una particolare abilità. Che si tenti di cogliere quanto  interesse suscita una proposta piuttosto che un’altra non è un lavoro facile, ma un educatore attento può essere in grado di cogliere anche i segni più nascosti.

Molta osservazione…

Allora al giovane è come se si dovesse dire: “guarda”, “guardati quando fai quella cosa lì”, indicando quella che appare come una preferenza o un’attitudine che spesso, per insicurezza, il giovane non riesce ad esternare a parole né a sè né agli altri e che invece ritrova come possibile punto di ri-partenza. Da questo sguardo alla propria esperienza il ragazzo potrà essere in grado di formulare ipotesi e andrà così aiutato facendogli incontrare, possibilmente con una visita direttamente presso la scuola, quelle situazioni che appaiono più idonee. Cercare di conoscere prima tutte le offerte possibili non aiuta a sciogliere nodi, ma, semmai, a formarne di nuovi: se non si ha almeno un’ipotesi positiva da seguire l’averne decine neutre rende ancora più impossibile la scelta.  Occorre che noi adulti cominciamo per primi a fidarci di quel che accade e siamo disposti a far intraprendere una strada piuttosto che un’altra anche per un solo particolare, magari apparentemente poco significativo; ma se una cosa “colpisce”, fa scattare una mossa positiva,  questa sia almeno presa in considerazione. A volte si sceglie un percorso per un motivo e lo si continua, maturando, con una coscienza diversa: è l’idea di verifica, cioè si rende sempre più vero, più cosciente, quello che si è intravisto già all’inizio come interessante.

 

…conduce alla verità di sé

In conclusione possiamo dire che per scegliere bisogna, paradossalmente, iniziare a scegliere: intraprendere una strada quando un barlume di corrispondenza si affaccia all’orizzonte del ragazzo è il modo concreto per poter capire, mettendosi in azione, quale sarà la propria vocazione scolastica e professionale. Gli adulti dovranno certo aiutare a leggere il contesto generale, fatto di potenzialità, opportunità, come di difficoltà, ma se saranno disposti ad accompagnare realmente il giovane anche una scelta che dovesse rivelarsi poi non totalmente “azzeccata” li farà essere capaci di ripartire insieme traendo tutto il positivo che comunque sarà certamente accaduto. 

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