La formazione non può avere altra origine che la continua azione, semplice e trasparente, di dono/offerta all’altro della realtà perché possa essere guardata nella sua essenzialità e verità fino a scoprirne il senso ultimo. Due condizioni, un esempio.
Maria Zambrano osservava che la disposizione adeguata per affrontare la realtà è quella che punta «al cuore delle cose, senza timore né vanità», offrendo lo spettacolo, la gioia di un «semplice amore per l’esistenza dell’oggetto». Proprio un’umile e lieta forma di attenzione per tutto ciò che intorno a noi, esistendo, è dato, costituisce «l’inizio del guardare veramente, del guardare che è vita»; e questo significa «vivere nella verità – in una verità vivente che ci invade ed è presente in noi».
Di fronte a queste parole si comprende molto bene che la formazione non può avere altra origine che la continua azione, semplice e trasparente, di dono/offerta all’altro della realtà perché possa essere guardata nella sua essenzialità e verità fino a scoprirne il senso ultimo.
In questi anni, attraverso il lavoro della Bottega Infanzia, la formazione si è manifestata come appassionata apertura all’esperienza, che guarda al dato senza dover tagliare e trascurare nulla.
Due sono state le condizioni che ci hanno permesso di compiere questo lavoro.
La prima è l’esistenza stessa di un luogo di amicizia nella professione che ha permesso di fondare il giudizio sul dato in una dimensione comunionale del giudizio stesso che ha aperto ad una possibilità di confronto e di dialogo; che non ci fa più sentire soli dentro l’opera di ‘costruzione’ che si manifesta attraverso la nostra professione di insegnante; che ci fa accorgere come dentro un’appartenenza si cresce. Ciò che rende possibile l’inizio di un cammino insieme dentro la professione, è il riconoscimento del primato della realtà sulla sua interpretazione così che è l’oggetto, che esistendo indipendentemente dal soggetto, guida la scelta del metodo. Il reale, che io non ho fatto, che vive indipendentemente da me, che ha un significato che io rinvengo e non costruisco, ma che non mi è estraneo e che accetta con pazienza il mio intervento per renderlo comprensibile, più rispondente all’ideale, provoca a ben vedere nella persona uno stupore, che alla fine non può non reindirizzare verso il Mistero che fa tutto e che infine tutto salva anche là dove la professione è impotente. L’amicizia che nasce nella professione può crescere vigorosa e sana su questo fertile terreno.
La seconda condizione che ci ha permesso di compiere questo lavoro è la tenacia con la quale abbiamo sempre accettato di piegarci all’esperienza, di partire dal dato, dalla documentazione precisa e accurata di ciò che accadeva nella realtà senza addomesticamenti che ci togliessero la fatica di giudicare e di attribuire significato alla realtà.
Una formazione così aiuta le insegnanti ad acquisire un habitus, un modo di stare di fronte al reale caratterizzato da una grande rispetto per ciò che accade che genera capacità di ascolto e di osservazione della dinamica dell’esperienza, insieme ad una capacità di giudizio non astratta e aprioristica.
In questo modo la formazione tiene insieme senza dividere il sapere e la vita, l’umanità e la professionalità e permette all’insegnante di crescere nella sua integralità di persona.
Il metodo della Bottega Infanzia: un esempio
La Bottega non procede per lezioni tematiche (molto utili in altri contesti); procede attraverso la narrazione di fatti ed esperienze che danno il ‘la’ alla riflessione comune guidata da una ipotesi.
Gli interventi sono molto legati al quotidiano e alla normalità della vita della scuola e sviluppano un tema che riguarda i fondamenti dell’educazione. Alla Convention 2012, organizzata da Diesse a Bologna, il tema è stato Iniziativa del bambino e azione dell’insegnante: l’educazione come dialogo tra due libertà.
Crediamo sia necessario rivisitare la bellezza dell’esperienza di tutti i giorni, partendo da un criterio comune, per riscoprire un giudizio capace di illuminare la persona e il senso delle cose.
In giardino Enea (4 anni) e Tommaso (3 anni), due bambini che a volte faticano a relazionarsi in maniera positiva con i pari; stanno giocando a macchinine. A un tratto inizia la contesa fisica per la macchinina più grande. Dopo qualche istante Enea dà una sberla a Tommaso riuscendo ad averla tra le sue mani. Tommaso piange disperato. Io intervengo e visto che quella mattina Enea era stato da me ripreso più volte per episodi analoghi, lo faccio sedere vicino a me nella panchina a calmarsi, Lui lascia la macchinina e Tommaso subito la prende. Enea inizia a piangere. Dopo qualche minuto Tommaso con il volto serio, si avvicina ad Enea posando sul tavolino davanti ad Enea un’altra macchinina. Enea dice “No” e con la mano la sposta in malo modo. Allora Tommaso ne prende un’altra e fa uguale. Enea ridice “No” e la risposta con lo stesso modo. Allora Tommaso prende la macchinina della ‘contesa’ e gli e la pone davanti. Enea sorride, dice “Si” e smette di piangere. Tommaso ora fa il ‘broncio’ e sta fermo immobile.
Vista la scena mi avvicino a Tommaso e valorizzo (do valore al suo gesto, perché aveva fatto un gesto bello nei confronti del suo amico). Tommaso allora prende un’altra macchinina e sereno va a giocare.
Mi ha colpito la posizione di Tommaso. Io non gli ho detto, non l’ho invitato a dare la macchinina a Enea perché questi era triste e piangeva. Eppure lui lo ha fatto liberamente. Ha preso un’iniziativa. Dettata dal cuore? (sede delle esigenze originali: amore, giustizia…). Non lo so perché lo ha fatto. Guardandolo mi è venuta in mente quel che si diceva: “Il bambino quando è spontaneo utilizza il cuore in maniera totalizzante, senza barriere od elementi che possano fare da griglia nel rapporto con il reale. Usa il cuore in maniera semplice e libera.” Quello che non è riuscito a fare Tommaso dopo questo gesto, è tenere questo slancio, questa posizione, tanto è vero che sono dovuta intervenire io ad affermare e dare valore a questa spontaneità che rischiava di cadere per il mancato possesso della macchinina desiderata.
Ventura – Scuola dell’Infanzia Statale “Toschi-Cerchiari” – Dozza (BO)