L’attuale crisi economica è innanzitutto una crisi del lavoro e insieme una crisi dell’educazione al lavoro. Una crisi del lavoro perché apparati, rendite e automatismi hanno preteso di sostituirsi alla produzione effettiva della ricchezza e alla responsabilità personale. Una crisi dell’educazione al lavoro perché non si è educati alla dimensione della responsabilità personale nel lavoro: il lavoro è trascurato nella sua dimensione relazionale e implicitamente svalutato come espressione e fattore di realizzazione della persona. Bisogna allora costruire una nuova alleanza tra scuola e lavoro.



Oggi i giovani sono scoraggiati a progettare un avvenire professionale che li realizzi come persone umane, di fronte alle prospettive puramente negative di una società liquida in cui il lavoro è percepito solo sotto il profilo strumentale e solo sotto le insegne della precarietà, della flessibilità e della mobilità. E questo proprio mentre i processi in atto richiederebbero sempre più che nel lavoro siano investite le qualità prettamente personali del soggetto.



La scuola d’altra parte da tempo ha cessato di essere per i giovani un luogo e un tempo di formazione ed esplicitazione di un progetto personale di vita. Così anche la dimensione relazionale è spesso concepita più come generica socializzazione che come preparazione ad un avvenire professionale, e gli insegnamenti continuano per lo più a limitarsi al trasferimento di competenze cognitive estraniate da contesti significativi per il soggetto. Nella stessa formazione professionale rischia di prevalere il modello dell’istruzione generalista, come se per la formazione della persona il contatto col lavoro dovesse essere dilazionato il più possibile.



È tempo di pensare ad una riconciliazione tra scuola e lavoro, a partire dall’idea che la vera risorsa del lavoro è l’uomo e che la formazione dell’uomo non può che essere ad un tempo educativa, culturale e professionale.

Ma come poter realizzare questi aspetti fondamentali partendo già dalla scuola secondaria di primo grado in cui al ragazzo e alla sua famiglia nei primi mesi della classe terza viene chiesto di orientarsi verso un percorso di studi che, comunque, determina la sua scelta futura di vita?

Mi sembrano importanti alcuni nodi che ritengo strategici per una riflessione comune e per giungere alla definizione di possibili declinazioni operative e di percorso che di seguito indico.

1. I curricoli scolastici anche alla luce delle recenti previsioni normative, non solo possono, ma devono declinarsi in rapporto alle reali esigenze e prospettive del mondo del lavoro, con un particolare riferimento alla dimensione territoriale. Ciò richiede un’analisi dei fabbisogni formativi professionali, in termini di competenze, e la loro traduzione sul piano formativo, attraverso una stretta collaborazione tra mondo della scuola e mondo dell’impresa; anche il livello istituzionale è chiamato in causa, attraverso la definizione di specifici indirizzi alle scuole per l’utilizzo della quota di “autonomia” riservata alla declinazione dei propri curricoli.

2. L’alternanza scuola-lavoro e l’istitutodell’apprendistato di primo e terzo livello, così come ripensati dalle nuove disposizioni normative, costituiscono una potente e nuova occasione di educazione al lavoro ed attraverso il lavoro.

3. L’orientamento assume sempre più – in una prospettiva di apprendimento permanente, ovvero esteso lungo tutto l’arco della vita – una funzione centrale. Occorre però passare dal vecchio paradigma legato al modello dell’informazione e del supporto psicologico, soprattutto nella fase dei passaggi tra i diversi cicli della scuola e da questa al lavoro, ad un nuovo paradigma legato al tema dell’“occupabilità”, incentivando, ad esempio, lo sviluppo dei servizi di placement scolastico ed universitario, la valorizzazione e promozione dell’alternanza scuola lavoro come forma privilegiata di orientamento personale e professionale, interventi di informazione e creazione di occasioni di conoscenza diretta del mondo del lavoro e delle professioni anche da parte delle famiglie ed attraverso il diretto coinvolgimento delle imprese, la valorizzazione e messa a diposizione in forma aggregata e finalizzata del patrimonio informativo esistente relativo alle diverse banche dati sul lavoro, ecc.

Già dalle scuole secondarie di primo grado è necessario un percorso di orientamento che avvicini i ragazzi al mondo delle professioni (incontri con imprenditori che attraverso la loro esperienza sul campo indicano le possibili prospettive future e testimoniano il loro mettersi in gioco con la passione al lavoro che realizzano).

Educarli a cosa vuol dire impegno e lavoro già con lo studio, in particolare con l’approccio della didattica laboratoriale.

Compito degli Istituti Comprensivi è quello di creare un raccordo con le scuole secondarie di secondo grado per orientare gli studenti verso un percorso formativo che sia il più possibile rispondente alla loro personalità, motivazione e talenti da sviluppare.

Un percorso didattico sviluppato in Unità di Apprendimento per aree disciplinari.

Ogni istituzione scolastica sviluppa il suo concreto percorso di orientamento, durante la fase di elaborazione all’inizio dell’anno scolastico; nel confrontarmi con i docenti dell’IC, dove opero come Dirigente Scolastica, ho sempre presentato, come punto di partenza, il Progetto elaborato e presentato anni fa da Diesse Lombardia che aveva il seguente titolo: “Lavorare per conoscere, conoscere per lavorare”. In esso si afferma: «Scopo del percorso è illustrare le linee strategiche di un progetto di comunicazione finalizzato al consolidamento di un corpus di valori e di atteggiamenti in grado di: affermare e praticare la cultura del lavoro nella scuola secondaria di primo e secondo grado e nei corsi di formazione professionale; aiutare docenti e studenti a scoprire che intelligenza, ragione, esperienza e manualità non sono solo capacità ma elementi del proprio originale modo di essere persona».

 

4. L’istruzione e formazione professionale (IeFP) rappresenta una grande occasione di formazione attraverso e per il lavoro. Il nuovo sistema, dopo un iter fortemente travagliato (ed osteggiato) fa ormai parte dell’offerta educativa pubblica nazionale e ha una sua connotazione regionale, ovvero legata alle caratterizzazioni del sistema del lavoro territoriale.

 

5. La valorizzazione e certificazione degli apprendimenti acquisiti dalle persone in tutti gli ambiti, compresi quelli del lavoro (non formali) e di vita (informali) costituisce ormai anche un obbligo normativamente fissato da recenti disposizioni nazionali, oltre che dalla Comunità Europea. Si tratta di un altro grande punto di sfida e di lavoro, rispetto a cui gli attori dei diversi sistemi (della scuola, della formazione e del lavoro) ed il livello istituzionale sono chiamati a dare il loro contributo. Occorre creare l’insieme delle condizioni, sia di carattere culturale (superando la prospettiva della esclusività formativa in capo al sistema formale dell’istruzione), che procedurale (la definizione delle concrete modalità dei passaggi e del riconoscimento delle acquisizioni, secondo la modalità dei crediti e della certificazione delle competenze) ed istituzionale (la definizione delle previsioni normative e regolamentari a livello regionale).

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