Due le emergenze che sono emerse alla 47^ Settimana Sociale dei Cattolici Italiani che si è tenuta a Torino dal 12 al 15 settembre scorsi, sul tema “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”: la questione educativa e quella occupazionale. Questioni che coinvolgono direttamente i giovani.


Se n’è discusso in due assemblee tematiche, la prima – interessata alla questione della scuola – è stata presieduta da suor Anna Monia Alfieri, presidente della Fidae Lombardia, la seconda da suor Silvana Rasello, Presidente del Centro Italiano Opere Femminili Salesiane.



«La responsabilità di educare spetta innanzitutto alla famiglia» – ha detto suor Anna Monia.«In ambito scolastico essa ha il diritto di esercitare liberamente la propria scelta educativa, il che può avvenire solo in uno Stato che favorisca un Sistema Scolastico di Istruzione integrato, composto da scuole pubbliche, statali e paritarie, superando ogni ostacolo economico e ideologico.»



In veste di relatrice nel gruppo di studio Le alleanze educative, in particolare con la scuola, ha tracciato un quadro completo delle problematiche esistenti nei rapporti tra famiglia e scuola. Ma si è soffermata in particolare sulla questione della libertà di scelta educativa, richiamata anche da numerosi interventi dell’assemblea. «La famiglia – ha affermato – possiede una sua specifica e originaria dimensione di soggetto sociale che precede la formazione dello Stato; è la prima cellula di una società e la fondamentale comunità in cui sin dall’infanzia si forma la personalità degli individui. Quindi la Repubblica non “attribuisce” i diritti alla famiglia, ma si limita a “riconoscerli” e a “garantirli”, in quanto preesistenti allo Stato, secondo l’art. 2 della Costituzione.»



Da questa dimensione originaria dipende il diritto delle famiglie anche alla libertà di scelta educativa. Lo ha riconosciuto, già 13 anni fa, la Legge 62/2000 che ha istituito il sistema scolastico pubblico integrato, costituito da scuole statali e non statali (definite paritarie); legge che suor Alfieri ha comunque definito “incompiuta” perché non dà i mezzi economici alle famiglie per esercitare tale diritto. Di più. Nell’opinione pubblica«si continua a confondere scuola pubblica con scuola statale, scuola pubblica paritaria a gestione privata con scuola privata, assimilabile ai diplomifici».

Quindi, come ha affermato nella sintesi conclusiva del dibattito, «in prospettiva è indispensabile avviare un deciso ed efficace processo di inculturazione. Questo momento storico domanda di interagire con le istituzioni e i politici in modo propositivo. La parità deve divenire effettiva a garanzia dell’esercizio del diritto alla libertà di scelta educativa della famiglia come riconosciuto dalla Costituzione ad oggi. Una libertà a pagamento non è vera libertà.»

Al proposito, la presidente Fidae Lombardia ha fatto leva sulle due risoluzioni del Parlamento Europeo, la prima del 13 marzo 1984, la seconda del 4 ottobre 2012 nelle quali, oltre ad affermare “l’obbligo per tutti gli Stati membri, nell’esercizio delle funzioni che essi svolgono nell’ambito dell’educazione e dell’insegnamento, di rispettare “il diritto dei genitori assicurando questa educazione e questo insegnamento conformemente alle loro convinzioni religiose e filosofiche”, raccomanda di “procedere rapidamente alla analisi richiesta per identificare le riforme necessarie a garantire in maniera effettiva il diritto alla libertà di scelta educativa.

Sulla stessa linea le dichiarazioni dell’on. Elena Centemero, responsabile nazionale Scuola, Università e Ricerca del PdL, sempre nell’ambito della Settimana Sociale: «La famiglia è la prima cellula della società. Il suo compito educativo è riconosciuto e sancito anche dalla nostra Costituzione. Affinché questo compito possa essere svolto nel migliore dei modi, è necessario che lo Stato agevoli e renda effettiva la libertà di scelta educativa delle famiglie stesse, così da consentire ai genitori di individuare il percorso di istruzione più adatto ai propri figli. È pertanto necessario portare a termine un cambiamento culturale che spazzi via una volta per tutte le resistenze rispetto al sistema integrato di istruzione pubblica, sistema nel quale le scuole paritarie rivestono un ruolo fondamentale».

Nella relazione della seconda area tematica che prendiamo in considerazione, suor Silvana Rasello ha affermato – come in collegamento ideale con la precedente – che «l’accumulazione di conoscenze, competenze ed abilità che il processo formativo fornisce ha un impatto decisivo sulle possibilità occupazionali. Maggiori sono le opportunità educative, maggiore sarà la capacità di un giovane di presentarsi attrezzato sul mercato del lavoro. Ma non basta investire massicciamente nella scuola per rimediare al ritardo che i dati sulla condizione occupazionale dei nostri giovani evidenziano. La “fioritura” della vita di ciascuno di noi dipende, infatti, da una combinazione complessa di abilità cognitive e non-cognitive.»

«Le abilità acquisite in una data fase – ha continuato – influenzano sia le condizioni iniziali, che il processo di apprendimento nella fase successiva. Queste quindi hanno un ruolo cruciale nel determinare la qualità dell’esito del processo formativo. Per questo uno dei fattori principali che garantiscono un percorso scolastico “di successo”, è la qualità delle famiglie d’origine dei suoi studenti. Da qui l’importanza fondamentale del sostegno alle famiglie nel loro insostituibile ruolo formativo.»

Ma per invertire il processo negativo di oggi, occorre anche una nuova visione economica. Quella «di stampo puramente capitalistico – ha detto suor Silvana – concepisce il lavoro come “merce” e il fine dell’impresa nel “profitto”. È necessario ripensare al lavoro e al mercato come luoghi di mutua assistenza e di fioritura umana.» Bisogna, infine, evitare «il rischio di interruzione della catena di trasmissione intergenerazionale dei valori, dei saperi e dei mestieri.»

Sul tema delle politiche per la famiglia è stato di grande spessore l’intervento del prof. Stefano Zamagni, ordinario di economia politica all’Università di Bologna che ha ribaltato una concezione diffusa che vede «la famiglia solamente come una delle voci di spesa del bilancio pubblico e non anche come risorsa strategica per lo sviluppo umano integrale». Secondo Zamagni, «si continua a considerare la famiglia variabile dipendente che, in quanto tale, deve adeguarsi a quanto viene deciso per gli altri attori sociali». E soprattutto, ha aggiunto, «non riesce ad essere accettata l’idea che la famiglia, prima ancora di essere soggetto di consumo, è soggetto di produzione».

Il che ovviamente ha risvolti importanti anche sulla questione lavoro. Mentre «è ormai ampiamente diffusa la consapevolezza del ruolo decisivo che la famiglia svolge come soggetto sociale e come produttore di importanti esternalità positive che vanno a beneficio dell’intera società», ha denunciato il docente, «non procede con eguale consapevolezza la messa in cantiere di provvedimenti e di misure volti ad una politicadella famiglia in sostituzione delle inadeguate politiche per la famiglia». A partire da “una armonizzazione responsabile” tra famiglia e lavoro.

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