Di recente parlando con gruppo di studenti capivo che per loro la scuola era un passaggio obbligato ma che la vita vera per loro incominciava con lo squillo dell’ultima campanella. Era evidente una frattura tra la loro persona, la scuola e la realtà. Voglio offrire qualche breve riflessione, pur consapevole della complessità della questione, per proporre qualche soluzione. La strada da percorrere per sanare questa frattura potrebbe essere quella del recupero del rapporto del soggetto umano con ciò che rende consistente sé e le cose, cioè l’essere come presenza così come suggerisce la tradizione cristiana.1



L’origine della frattura

Credo che si possa identificare l’origine di quella frattura nella riduzione che la modernità ha operato della presenza delle cose al pensiero del soggetto umano. In questo modo le cose sono quello che il soggetto pensa, il pensiero prevale sulla presenza delle cose fino a schiacciarle su di sé. L’albero, l’uomo, l’affetto, gli interessi, i soldi sono quello che l’uomo pensa che siano. Tale riduzione avrebbe, poi, fatto muovere i primi passi alla separazione tra teoria e pratica le quali nella loro radice originaria sono unite anche se distinte. La teoria incominciava ad essere considerata come il momento del pensiero che precede la prassi senza che questa attingesse più le sue ragioni dalle cose guardate ma dalle cose ridotte al pensiero. Da qui si può facilmente intuire che la separazione tra teoria e pratica ha portato il suo influsso sulla separazione tra studio e lavoro considerando il primo come la parte teorica del secondo che sarebbe solo prassi. Considerare lo studio come teoria e il lavoro come pratica porta ad una riduzione che rende insofferenti gli studenti verso lo studio e i lavoratori verso il lavoro.



L’essere alla radice dell’unità

Nella cultura moderna è saltato, detto altrimenti, il momento “terrestre” che porta ad un impoverimento dello spirito perché questo non ha più a disposizione la via che gli permette il rapporto con l’intimo delle cose. Il problema è insito nel tipo di rapporto che si ha con questo prato o con questo albero, come si utilizza il tatto e la vista rispetto al fiore e alla pietra. Secondo una certa mentalità moderna la realtà palpabile non sarebbe l’inizio del nostro sapere il quale, invece, rimarrebbe imprigionato nelle maglie di una ragione umana chiusa. Dio, però, chiede ad Adamo, prima di coltivare la terra, di dare il nome ad ogni cosa. Infatti dare il nome ad ogni creatura vuol dire riconoscerne l’essere nella sua semplice presenza, come contenuto nascosto nelle cose. Significa riconoscere che il fiore è, l’albero è: ‘Prima di essere arabile la terra è intellegibile, buona per il nostro spirito … La terra ha bisogno dello sguardo contemplativo quanto della vanga del contadino. E questo sguardo è sorgente e vertice delle nostre fatiche. Ma noi abbiamo perso la vista’2.



Paradossalmente la realtà nella sua materialità non è più alla portata della nostra conoscenza. Stranamente tocco il libro e spesso dico: ‘Non lo conosco!’. Pertanto per curare quella sfasatura tra studio e vita bisogna ricuperare il rapporto con la materialità delle cose per poterne scrutare l’intimo. Infatti osservando le cose come stanno ci si accorge soprattutto che l’essere contenuto nelle cose ha due caratteristiche che lo spingono a realizzare lo scopo della sua esistenza. Prima di tutto che per la sua stessa natura l’essere è attivo e comunionale di per sé. Inoltre che l’essere dell’uomo ha il suo primo movimento comunicativo nella coscienza di essere sete di verità, di bontà e di felicità. Infatti non c’è mamma che non si alzi la notte per cullare il bambino per farlo riaddormentare o geniale architetto che non abbia in questo essere per la verità, la bontà e la felicità l’inizio del suo estro. In questo essere dell’uomo fatto naturalmente attivo e in quelle sue esigenze che troviamo l’energia che muove l’uomo per affermarsi come uomo esprimendosi attraverso l’azione che è duale, fatta di studio e di lavoro. Dello studio come lavoro e del lavoro come intelligenza e manipolazione della realtà secondo le esigenze del cuore.

La scoperta dell’essere

È interessante notare come questi contenuti siano, in un certo modo, presenti in alcune parole del greco antico da cui derivano alcuni termini italiani come matematica e teoria. Ritengo perciò prezioso ricuperare il significato originario di queste parole perché portano con sé il modo con cui una realtà si palesa. Il termine più significativo è μαθηματικός  (mathematikòs) che indica la propensione allo studio. Infatti la lingua greca indicherebbe uno studente che studia volentieri come uno studente “matematico”. Inoltre nel significato del termine greco si può fotografare anche come sia presente il cuore dell’uomo che ha questa tensione naturale allo studio e quindi tiene presente quella peculiarità dell’essere dell’uomo descritta prima che è la sua propensione ad essere attivo di per sé e la sua aspirazione alla verità.

L’altro termine che è interessante mettere in evidenza è il termine teoria che ha la sua etimologia nel termine greco θεωρέω (theorèo) che significa guardo, assisto ad uno spettacolo. Questi significati indicano che il guardare non è il semplice vedere inerte come lo può essere di un registratore video. C’è qualcosa di più. Questo guardare implica sia un’attrattiva perché si è di fronte ad una festa sia un senso di movimento nello spettatore che lo mette in tensione verso lo spettacolo. Lo studio, il μάθεμα (màthema), inizia col guardare le cose e nel guardarle, lo studioso, il “matematico” avverte un destarsi in sé di una tensione verso la verità delle cose. Quindi la teoria è un termine pregnante che non può essere ridotto a quel significato povero indicato dall’italiano. Invece, il termine θεώρεμα (theòrema) indica la festa stessa che è ciò che produce attrattiva. S. Agostino ricupera e amplifica il significato originario di quel termine quando parla di mirificata scientia.4 Questa espressione indica l’intelligenza mossa dallo stupore perché essa si è trovata di fronte ad un θεώρεμα (theòrema), cioè ad una festa, all’essere pieno di attrattiva, che genera appetibilità verso il ricercatore che osserva la realtà ma nel rapporto con la quale sente la propria ragione dilatarsi e muoversi verso la ricerca.5 Attraverso l’analisi dei due termini greci si può capire che anche se non è dettagliato l’aspetto della pratica e del lavoro si può dedurre agevolmente che non essendo la teoria un’astrazione, la pratica è già presente nell’esercizio dello sguardo che legge la realtà. È come dire che lo sguardo, la “teoria” del contadino sulla terra da zappare è l’inizio del suo lavoro fisico. Senza la mirificata scientia il contadino non può mettere mano alla zappa.

 

La libertà nucleo di ogni azione umana

Come abbiamo potuto constatare il contenuto significativo sia delle cose che del pensare è l’essere. A partire da questa sottolineatura urgono due osservazioni conclusive. La libertà non si poggia sulla volontà di fare una cosa piuttosto che un’altra, ma è una caratteristica espressiva che si radica nell’essere stesso della persona umana ed è la base che permette ad un gesto di definirsi come umano.6 Studiare storia o costruire un tavolo ha la sua statura umana se è ispirata da questa radice intima dell’uomo. Il nucleo fondamentale di ogni azione, che sia lo studiare o il lavorare, che voglia definirsi umana, ha alla sua radice motrice nella libertà intesa come espressione dell’essere stesso dell’uomo e non nel senso funzionale.7 Ecco perché non si può separare lo studio dal lavoro. Separare la loro unità duale rischia di compromettere il valore umano dei due gesti. La tradizione del pensiero cristiano ha considerato addirittura l’essere come atto. L’unificazione nel soggetto delle molteplici operazioni dell’uomo e quindi anche di studio e lavoro, teoria e pratica è nell’essere come atto. Per questo non si può dire in assoluto che un alunno è portato per le cose teoriche e un altro per le cose pratiche perché un alunno con un’indole più pratica deve essere aiutato ad una intelligenza della realtà materiale che gli è posta tra le mani per fare bene l’idraulico, cioè da uomo. Mentre l’intelligenza di un alunno che indulge sulle capacità teoriche deve essere aiutata a fare i conti con le cose stesse fin nella loro materialità.

La seconda osservazione ci porta a sottolineare come l’azione, che si dilata come studio e come lavoro, è necessaria all’uomo perché questi consegua il suo fine ideale descritto dalle esigenze del cuore. In questo modo lo studio e il lavoro uniti alla radice sono il tentato cammino verso il proprio compimento. Lo studio è un applicarsi desiderante docile e attivo, come dice Mazzeo8, che esprime la virtualità dello studente ma nello stesso tempo dispiega il proprio essere per verificare le ipotesi di soddisfazione del proprio essere.

[1] Il termine essere ci può dare un sentore di qualcosa di vago e di astratto. Questo è segno dell’influenza dell’epoca moderna sul pensiero mentre per la tradizione greco-cristiana una persona può essere valutata concreta proprio dalla sua capacità di riconoscimento dell’essere a partire dai segnali che esso effonde come la gratitudine e l’attrattiva.

[2] F. HADJADJ, La terre chemin du ciel, ed. Les provinciales, senza città 2002; tr. it. La terra strada del cielo,  Lindau, Torino 2010, p. 20.

[3] Il greco per indicare lo studio utilizza il termine µ??eµa (màthema) e per indicare l’educazione o l’apprendimento utilizza il termine µ??es?? (màthesis).

[4] Cfr. s. AGOSTINO, De Trinitate 15, 27, 50.

[5] La θεωρία (theorìa) è il fare esperienza di un’attrattiva, l’assistere affascinato ad una festa. Lo spettacolo è quello dell’essere delle cose che genera attrattiva e desiderio di quella attrattiva. S. Tommaso nel suoCompendio di Teologia II, 7 introduce lo studio della speranza sottolineando che la speranza presuppone il desiderio e il desiderio l’attrattiva. Anche s. Agostino nell’Enarrationes in Psalmos 145, 2 dice grossomodo la stessa cosa e cioè che non si può sperare se non si è messi di fronte a qualcosa che attira.

[6] Cfr. F. A. LAVIOLA. La portata metafisica dell’etica nel pensiero di C. Cardona, Cantagalli, Siena 2013, p. 172.

[7] La libertà si attacca all’essere stesso dell’uomo fin dal suo primo istante di concepimento. Mentre la libertà funzionale è, per esempio, la libertà di pensiero, la libertà di andare a comprare il giornale che hanno il loro fondamento nella libertà che si attacca all’essere dell’uomo, nella libertà che è lì dove è l’essere dell’uomo anche se è costretto a fare sei ore di lezione e rimanere bloccato sulla sedia.

[8] R. MAZZEO, L’organizzazione efficace dell’apprendimento,  Erickson, Trento 2005,  p. 107

 

 

MAZZEO R. L’organizzazione efficace dell’apprendimento, Erickson, Trento, 2005

LAVIOLA F. A. La portata metafisica dell’etica nel pensiero di C. Cardona, Cantagalli, Siena, 2013

HADJADJ F. La terra strada del cielo, Lindau, Torino, 2010