Concludiamo con l’Asia il nostro lungo percorso di approfondimenti circa il Rapporto sulla Libertà Religiosa redatto da Aiuto alla Chiesa che Soffre (Acs, fondazione pontificia): tra i 26 Paesi mondiali dove vige purtroppo uno stato di persecuzione costante, con crimini d’iodio e violenze a sfondo religioso ben 10 sono nel continente asiatico. Per la precisione, colorate dal “rosso” (pericolo massimo) nel Rapporto Acs 2021 troviamo Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Cina, India, Iran, Corea del Nord, Myanmar, Pakistan, Sri Lanka, Turkmenistan, Yemen. Anche solo nel citarli a livello di opinione pubblica sorgono alla mente le tante violenze e persecuzioni anche molto recenti inflitte alle popolazioni dei suddetti Paesi sotto regimi autoritari d’ogni colore: «oltre alle restrizioni religiose imposte “dall’alto” dalle dittature marxiste, una grave sfida alla libertà religiosa nell’Asia continentale giunge “dal basso” attraverso movimenti di nazionalismo etno-religioso».
Ancora il Rapporto segnala come mentre il controllo religioso metodico promosso dallo Stato è generalmente possibile solo in contesti autocratici «come la Cina governata dai comunisti e la Corea del Nord, il fuoco del nazionalismo etno-religioso tende a bruciare più distruttivamente laddove gode dell’ossigeno della contestazione democratica e della mobilitazione popolare. Nell’Asia continentale, i contesti democratici o semidemocratici che favoriscono l’ascesa del nazionalismo religioso maggioritario includono l’India e il Nepal a maggioranza indù, lo Sri Lanka a maggioranza buddista, il Myanmar, la Thailandia e, in forma più lieve, il Bhutan». Un’ulteriore minaccia alla libertà religiosa nell’Asia continentale è purtroppo causata dall’estremismo islamico transnazionale: scrive il Rapporto Acs, «Il peggior atto di violenza religiosa perpetrato contro la comunità cristiana nell’Asia continentale negli ultimi anni sono stati indubbiamente gli attentati suicidi islamisti-terroristi compiuti in Sri Lanka il 21 aprile 2019, Domenica di Pasqua, che hanno colpito tre chiese e tre hotel di Colombo, uccidendo 267 persone e ferendone circa 500».
RAPPORTO ACS: LA MINACCIA DELLA CINA COMUNISTA
«Unendo insieme una struttura di sorveglianza di massa, un sistema di credito sociale che controlla e sanziona i comportamenti individuali e brutali repressioni dei gruppi religiosi ed etnici sospettati di slealtà, il Partito comunista cinese (PCC) non ha rivali quando si tratta di soffocare la libertà religiosa. Inoltre, come evidenziato nella scheda relativa alla Repubblica Popolare Cinese del presente Rapporto, la repressione è divenuta ancor più spietata nel Paese da quando Xi Jinping è diventato presidente nel 2013, come dimostra l’internamento di massa di più di un milione di uiguri, prevalentemente di fede islamica, nella provincia dello Xinjiang sottoposti a programmi coercitivi di “de-radicalizzazione” a partire dal 2017», scrive in maniera netta e durissima il Rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre. L’azzeramento dei diritti, la forte limitazione della confessione religiosa e nei casi peggiori anche la “rieducazione” in campi di concentramento a cielo aperto: la situazione in Cina è da anni in gravissima emergenza, ma a livello internazionale non sempre questo ha legittimato conseguenze di contrasto o critica contro il Governo comunista cinese (basti pensare che la Cina risiede nella Commissione Diritti Umani dell’ONU). «Dove il Partito Comunista sta reprimendo i gruppi religiosi con l’ausilio di 626 milioni di telecamere di sorveglianza con tecnologia AI e con l’aiuto dei sensori degli smartphone», spiega ancora il Rapporto della fondazione pontificia, I rapporti indicano infine che – alla fine del 2020 – «più di 200 telecamere di riconoscimento facciale erano installate in chiese e templi in una contea della provincia dello Jiangxi».
Le puntate precedenti sulla libertà religiosa nel mondo: Europa – Africa – America. Qui il Rapporto su tutti gli stati d’Asia e Oceania – Qui la sintesi del Rapporto Acs 2021