Sei uomini che si sono convertiti al cristianesimo, e non l’hanno neppure nascosto, sono trattati in Libia come terroristi. Infatti, sono accusati di aver messo a rischio la sicurezza dal Paese e per questo rischiano l’esecuzione. Da un anno aspettano di sapere quando verranno impiccati o fucilati. Questo perché l’articolo 207 del codice penale libico punisce ogni tentativo di diffondere opinioni che mirano ad “alterare i principi costituzionali fondamentali, o le strutture fondamentali dell’ordine sociale“, o addirittura rovesciare lo Stato. Quindi, chi possiede libri, volantini, immagini o qualsiasi altro oggetto di stampo eversivo rischia fino alla pena di morte, in base a quanto previsto dalla legge.



A ricostruire la vicenda è Avvenire, ricordando che la Libia è terza nella classifica dei Paesi dove la persecuzione dei cristiani è più brutale. Stando al rapporto annuale di Open Doors, ong nordamericana che monitora gli attacchi alle comunità e ai cristiani in tutto il mondo, la Libia ha scalato due posti nella World Watch List, il “barometro” che misura le persecuzioni, registrando “il più alto incremento nel numero di episodi di violenza denunciati contro i fedeli“. Il dossier dell’organizzazione mette nero su bianco “che non esiste una zona sicura della Libia per nessun credente“.



LIBIA, “SOVVERSIVI” PERCHÈ CONVERTITI AL CRISTIANESIMO

In Libia ci sarebbero poco più di 35mila cristiani, quindi lo 0,5% dei 7,1 milioni di abitanti, che sono in gran parte islamici. Noura Eljerbi, attivista per i diritti umani costretta all’esilio dopo aver ricevuto minacce di morte per il suo lavoro, come riportato dall’Avvenire, segnala che nell’ultimo anno in Libia “è aumentato l’uso dell’articolo 207 contro gli esponenti più impegnati della società civile e le organizzazioni internazionali“. Uno dei “sovversivi“, l’ingegnere Seyfao Madi, sposato e padre di un bambino, davanti alla telecamera della polizia ha confermato di essersi convertito al cristianesimo nel 2017 e di aver provato a convertire altre persone. “Nel 2016, un mio amico mi ha presentato ad altri, tra cui un cristiano statunitense. Abbiamo parlato e discusso insieme. L’anno successivo sono stato battezzato“, questa la prova del suo crimine.



“LA FEDE RENDE I MIGRANTI CRISTIANI VULNERABILI”

Ci sono diverse ong cristiane, come Middle East Concern (Mec), Open Doors e The Voice of the Martyrs, che raccontano come i musulmani convertiti a un’altra religione subiscono forti pressioni sociali ed economiche per rinunciare alla loro nuova fede e tornare all’Islam. C’è chi ha subito minacce di violenza o licenziamento dal lavoro, oltre a ostilità da parte di famiglie e comunità. Vengono segnalati anche casi di cristiani di altri Paesi africani che vengono spesso rapiti e, in alcuni casi, uccisi brutalmente.

I cristiani subsahariani sono quelli che corrono più rischi, a causa della mancanza di uno status ufficiale della loro condizione di sfollati o richiedenti asilo, infatti vengono rapiti e diventano frequentemente oggetto di traffici di esseri umani. “Si ritiene che molte persone siano state prese di mira anche a causa della loro fede cristiana. Da anni, ormai, giungono dalla Libia segnalazioni di diffusi casi di traffico di esseri umani, abusi sessuali, torture ed estorsioni. La loro fede rende i migranti cristiani estremamente vulnerabili a tali abusi, costringendo la maggior parte di loro a mantenere segrete le loro appartenenze religiose“, segnala Open Doors, come riportato dall’Avvenire.