IL VERTICE LIBIA-ISRAELE IN ITALIA DIVENTA UN CASO DIPLOMATICO INTERNAZIONALE: COS’È SUCCESSO
«È un attentato diplomatico»: così l’opposizione del Governo in Libia definisce il vertice “segreto” avvenuto lo scorso 23 agosto a Roma tra il Ministro degli Esteri italiano Antonio Tajani, la Ministra degli Esteri libica del Governo Dbeibah e il collega di Israele Eli Cohen. Il faccia a faccia a Roma serviva per Libia e Israele a confrontarsi sull’emergenza palestinese e sui delicati rapporti diplomatici tra arabi, libici e israeliani.
Doveva rimanere però un incontro segreto, almeno per il momento vista la storica disputa diplomatica tra Tel Aviv e Tripoli, ma l’ufficio del Ministero degli Esteri di Israele ha di fatto aperto il “vaso di Pandora” con l’ennesima tensione in Medio Oriente. «Nell’incontro con Al Mangoush in Italia si è parlato dell’importanza di preservare il patrimonio dell’ebraismo libico attraverso la riparazione delle sinagoghe e dei cimiteri ebraici»: con queste parole il Ministro Cohen ha di fatto dato il via ad una serie di conseguenze politiche e di ordine pubblico ora di difficile controllo. In Libia l’opposizione islamista è scesa in piazza bruciando le bandiere di Israele e mettendo sotto scacco il già debole politicamente Governo di Tripoli: sebbene Dbeibah si sia affrettato a far sapere che l’incontro a Roma fosse stato casuale tra i due Ministri, una fonte israeliana alle agenzie internazionali rivela che quel tavolo era stato approvato ad alti livelli, anche perché «il premier libico considera Israele un possibile ponte tra l’Occidente e l’amministrazione americana». Tripoli risponde subito con una nota molto netta: «non erano previste discussioni, accordi o consultazioni, ma la ministra ha affermato in modo chiaro e inequivocabile le richieste della Libia nei confronti della questione palestinese. Prendiamo distanza dall’utilizzo fatto da parte della stampa ebraica e internazionale» di questo incontro, «e dal tentativo di dare all’accaduto il carattere di un accordo».
LE REAZIONI AL VERTICE: MINISTRA FUGGE IN UK DALLA TURCHIA, ISLAMISTI BRUCIANI BANDIERE ISRAELE E DAGLI USA…
La lista di reazioni e conseguenze al vertice ormai non più “segreto” in Italia è ancora in inquietante aggiornamento: la prima “sacrificata” è stata proprio la Ministra degli Esteri in Libia che è stata subito sospesa dal suo stesso Governo ed è fuggita in Turchia e poi a Londra per evitare ripercussioni sulla sua incolumità dopo le minacce degli islamisti a Tripoli. Al Mangoush avrebbe lasciato la Libia a bordo di un jet privato decollato dall’aeroporto di Tripoli e poi tramite l’intervento del Governo di Erdogan sarebbe volata in Uk: al suo posto è stato nominato Fathallah Zanni, attuale ministro della gioventù.
Per il Times of Israel, dopo la sospensione della ministra anche il ministro israeliano è nell’occhio del ciclone: opposizione e lo stesso Governo critica infatti la rivelazione di Cohen sull’incontro che sarebbe – a questo punto – dovuto rimanere segreto,. «L’incidente con il ministro degli Esteri libico è stato amatoriale, irresponsabile e una grave mancanza di giudizio», attacca il leader dell’opposizione Yair Lapid, con lui anche l’altro leader Benny Gantz (Unità Nazionale), «Quando tutto viene fatto per le pubbliche relazioni e i titoli dei giornali senza alcuna responsabilità o attenzione, questo è ciò che accade». Dalla Palestina, Hamas si era subito spesa per condannare il vertice di Roma tra Libia e Israele e ora con il portavoce Hazem Qassem si dice soddisfatta che i libici abbiano ora respinto «l’incontro tra il ministro degli Esteri libico e il collega dell’entità sionista».
Secondo quanto rivela però oggi Fiamma Nirenstein su “Il Giornale” l’evoluzione della “gaffe” sarebbe più complessa: «le due parti incontratesi a Roma non hanno concordato i tempi di uscita sulla stampa se non con una generica indicazione: stavolta, sì, rendere la notizia pubblica, ma con calma. La storia è però trapelata sulla rete Ynet, che ha ignorato la gravità della rivelazione: il ministro Cohen quindi, temendo interpretazioni sbagliate, ha deciso, senza consultare la controparte, di scrivere un comunicato». La Libia cerca da Israele una difesa dalla continua aggressione dei gruppi islamisti estremi, di contro Netanyahu da Tripoli vorrebbe cercare un’asse per affrontare la sempiterna emergenza palestinese. Tutto questo sotto la “protezione” del Governo italiano che per conto della comunità internazionale e dell’Ue ha cercato di contribuire alla crescita degli “accordi di Abramo” in Medio Oriente: chi non è affatto soddisfatto è invece la Presidenza Biden dopo che in Libia è esploso il caos con il Premier Dbeibah attaccato nella sua residenza, le barricate degli islamisti che proseguono dopo la lunga scia di sangue degli ultimi mesi; si temono ora problematiche sulla normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita, due dei grandi alleati degli Stati Uniti. Insomma, per Washington la “leggerezza” diplomatica del Ministro israeliano potrebbe costare molto sullo schacchiere dei delicati atti diplomatici a livello internazionale.