Sono giorni – purtroppo, anni ormai – molto difficili in Libia: nella notte appena passata a Tripoli le milizie conosciute col nome “Brigata Al-Samoud” hanno circondato l’ufficio del Premier Abdul Hamid DbeibahTripoli e la sede del Governo ufficiale riconosciuto dall’ONU.

Le prime indiscrezioni di Sky News hanno avuto ora conferma internazionale: le milizie armate vorrebbero impedire il regolare svolgimento delle Elezioni Presidenziali del prossimo 24 dicembre, con il loro leader Salah Badi che ha fatto sapere in una nota «in Libia non ci saranno elezioni presidenziali e chiuderemo tutte le istituzioni statali». Badi è noto alla comunità internazionale in quanto nella lista nera del Consiglio di Sicurezza dell’ONU dal novembre 2018 per crimini contro l’umanità: è lo stesso che ieri, secondo quanto riportato da al Arabiya, avrebbe pesantemente attaccato l’inviata delle Nazioni Unite Stephanie Williams, incaricata di incontrare le autorità locali a Misurata in vista del regolare svolgimento delle Elezioni. «È una presenza criminale in Libia», attacca il leader delle milizie che qualche ora dopo hanno circondato il palazzo del potere a Tripoli.



CAOS IN LIBIA: SEMPRE PIÙ A RISCHIO LE ELEZIONI DEL 24 SETTEMBRE

Stando ai media locali, citati stamane dalla Stampa del Vaticano, il presidente del Consiglio presidenziale, Mohammed al Menfi, i membri dello stesso Consiglio e pure il Premier sarebbero stati trasferiti in un luogo sicuro, dopo aver ricevuto informazioni sull’intenzione delle milizie armate di assaltare le loro case. I media locali parlano dell’azione militare in corso a Tripoli come diretta conseguenza della decisione di Menfi di rimuovere il capo del distretto militare della capitale libica, Abdel Basset Marwan, in quanto sarebbe considerato «troppo legato al periodo della guerra contro il generale Kalifa Haftar». Le milizie della Brigata ritengono invece quel personaggio una “pedina” fondamentale in quanto loro “protettore”: la risultanza è un assedio al palazzo del potere ma anche mezzi blindati nelle strade del centro e quartieri a cui è stata tolta in piena notte l’elettricità (fonte sempre Vatican News). A questo punto risultato sempre più a rischio le Elezioni previste per la Vigilia di Natale che dovrebbero portare la Libia fuori finalmente dalla guerra civile in corso da 10 anni, dalla caduta del dittatore Gheddafi. Già due settimane fa l’Alta Commissione elettorale libica (Hnec) aveva annunciato il «rinvio sine die» della pubblicazione della lista definitiva dei candidati presidenziali spiegando di «dover ancora adottare una serie di misure». Si era così già bloccatala campagna elettorale che vede contrapposti figure tra le più disparate della recente politica libica: Haftar su tutti, ma anche il figlio del colonnello Seif al Islam Gheddafi, il Presidente del Parlamento di Tobruk Saleh, l’ex Ministro dell’Interno Bashaga e lo stesso premier Dbeibah. Probabile a questo punto un ennesimo slittamento del voto, forse nei primi mesi 2022: attesa in questo senso la decisione dell’ONU per capire quale tipo di evoluzione/escalation potrebbe giungere in Libia.



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