Da tempo si sapeva che Facebook aveva intenzione di entrare da protagonista nel mondo finanziario, ma quanto descritto nel documento con cui è stato annunciato il lancio di Libra offre la dimensione reale del progetto del gigante dei social. La cryptovaluta, che vedrà la luce nel 2020, sarà garantita da asset reali e alle sue spalle saranno schierati insieme a Facebook operatori come Visa, Mastercard, Vodafone, Booking e altri 24 soggetti di diversa natura. La notizia merita qualche riflessione.



In primo luogo, si sancisce la nascita della prima banca centrale privata al mondo con la propria valuta e le proprie riserve. Un soggetto sovranazionale che rappresenterà una sfida non soltanto per il sistema bancario, ma per gli Stati, dei quali potrebbe scardinare le fondamenta economiche su cui giustificano la loro stessa esistenza. Certo, un singolo soggetto di questo tipo potrebbe non bastare, per “cambiare il mondo”, ma altri operatori – a partire da Google, Apple o Amazon – hanno forza finanziaria pari se non superiore a quella di Facebook e certo sono altrettanto credibili.



Nulla vieta che nei prossimi tre o quattro anni di banche centrali private potrebbero esisterne almeno una decina e allora la questione potrebbe assumere proporzioni tali da essere ingestibile per qualsiasi governo al mondo non soltanto finanziariamente, ma anche economicamente e fiscalmente.

Un secondo tema riguarda l’altro “denaro”, ovvero le informazioni. Il patrimonio di dati a disposizione di questi operatori ibridi richiederebbe di aggiornare un concetto (da Big Data a “Biggest data”) e celebrare le esequie di un altro (la vita privata). Tuttavia questo sarebbe secondario rispetto alle possibilità di controllo a cui potrebbe essere soggetto qualsiasi abitante di questo pianeta in virtù di quanto abbiamo già scritto, e chiunque può facilmente comprenderlo, ma in fondo si tratterebbe di un ritorno al passato.



Credo che pochi rammentino il fenomeno del paternalismo organico di alcuni imprenditori tessili italiani di fine Ottocento. Industriali come Alessandro Rossi di Schio e Cristoforo Benigni Crespi di Crespi d’Adda trasformarono la vita dei propri operai, mettendo a loro disposizione ciò di cui potevano avere bisogno: asili, scuole, spacci aziendali fino ad arrivare alla casa in cui abitare, tutto costruito attorno alla fabbrica. Una situazione di benessere il cui prezzo era proprio il controllo, a partire da quello sullo stipendio, che finiva per rientrare nelle disponibilità dell’imprenditore che era proprietario di tutte le strutture.

Quella era la vita ai tempi dei villaggio operaio, la nostra potrebbe essere non tanto diversa, perché sempre di villaggio stiamo parlando, anche se questa volta è globale.