LA “LISTA NERA” DEI LIBRI VIETATI IN REGNO UNITO

Un tempo la Gran Bretagna era la patria dei diritti, della libertà e pure – perché no – del famoso “humour britannico”. Un tempo però, ora c’è la “cancel culture” e le ansie “woke” e così succede che alcuni libri di William Shakespeare, Colson Whitehead, Agatha Christie, Jane Austen, Charlotte Brontë, Charles Dickens vengono vietati nelle università. Sì, avete sentito bene, vietati: proibiti, inseriti nella “lista nera” perché potenzialmente ritenuti “pericolosi” per elementi come razzismo, schiavitù, religione e sessismo inseriti all’interno di quei volumi. Era già successo con le statue di Winston Churchill e con l’ignobile censura dell’Università di Northampton contro “1984” di George Orwell: anche se il Governo Johnson ha lanciato la sua personale “fatwa” contro la cancel culture in auge tra circoli culturali, teatro, tv, scuola e università, il percorso “woke” mette comunque “all’indice” alcuni libri storici della cultura britannica e mondiale .



Riscrivere il passato per poter “sistemare” il presente: l’assunto folle e delirante della “cultura da cancellare” arriva a colpire mostri sacri della letteratura come Shakespeare e Dickens, e con loro molti altri. «In fin dei conti, come facciamo a sapere che due più due fa quattro? O che la forza di gravità esiste davvero? O che il passato è immutabile? Che cosa succede, se il passato e il mondo esterno esistono solo nella vostra mente e la vostra mente è sotto controllo?», diceva Orwell nel denunciare in “1984” il rischio enorme dell’ideologia atta a riscrivere la storia. Il quotidiano “Times” ha svolto un lungo reportage per poter trarre quale sia ormai la nuova “black list” delle università inglesi, impegnate a “sbianchettare” le proprie biblioteche dai titoli considerati più “pericolosi” per gli studenti. Nell’ateneo di Aberdeeen, solo per fare un esempio, sono stati censurati “Sogno di una notte di mezza estate” di William Shakespeare perché «attenti al classismo», Geoffrey Chaucer perché «arduo a livello emozionale», “Oliver Twist” di Charles Dickens per «abusi sui minori» e così pure Jane Austen, Charlotte Brontë e Agatha Christie.



CENSURA E CANCEL CULTURE: ALLARME LIBERTÀ NELLE UNIVERSITÀ UK

Il Times ha mandato 300 richieste ufficiali a 140 università del Regno Unito in merito alle segnalazioni sui libri di testo che sarebbero stati rimossi dalle liste di lettura: ebbene solo due università – Essex e Sussex – hanno risposto ammettendo di aver messo al bando alcuni testi per timore «che potessero essere offensivi per gli allievi». 8 altre università hanno invece reso “letture opzionali” quei testi considerati pericolosi, sempre «per proteggere il benessere degli studenti». L’inchiesta del Times ha fatto scalpore a Londra in quanto diverse autorità accademiche avrebbero fatto pressione sui docenti affinché non rispondessero alle richieste dei giornalisti: «Alcune università non hanno voluto fornire alcuna informazione per paura che queste avessero un impatto negativo sul personale universitario», spiega l’articolo del Times.



Devastante poi scoprire come “The Underground Railroad” di Colson Whitehead, vincitore del Premio Pulitzer, sia stato censurato perché considerato «pericoloso per la sua descrizione troppo incisiva della schiavitù americana». Trevor Phillips, presidente di “Index on Censorship” (un gruppo anti-censura e anti cancel culture) non ci sta e denuncia: «Un tentativo fatuo, paternalistico e profondamente razzista, è un’ondata più ampia di censura esistente nei campus britannici». Il Governo tenta di far ragionare gli atenei e giudica l’indice di alcuni libri anche molto famosi un vacuo tentativo “ideologico”: «è importante che le università non dimentichino la storia, anche se risulta scomoda. Le persone devono capire gli orrori accaduti in passato, i cambiamenti che ne sono derivati, come le cose sono migliorate e quali miglioramenti devono essere ancora fatti», spiega ministro all’Istruzione James Cleverly. Non solo, il politico sottolinea come il fatto di nascondere o cancellare gli accadimenti storici in realtà rende «difficile anche comprendere i tanti progressi che sono avvenuti». È allarme per la libertà di coscienza, di parola, di cultura: conclude il Ministro Cleverly, «gli atenei hanno il dovere di proteggere la salute mentale dei propri studenti, ma allo stesso tempo hanno il dovere di aiutarli a mettersi alla prova, a capire il mondo così com’è e non solo come vorrebbero che fosse».