«Il libro di Michele Santoro è uno sputo in faccia a ogni verità»: non usa mezzi termini Claudio Fava, Coordinatore Nazionale del movimento Sinistra Democratica e figlio di Pippo Fava ucciso dalla Mafia il 5 gennaio 1984, nel giudicare l’ultimo lavoro giornalistico dell’ex conduttore di AnnoZero. In generale è una buona parte della sinistra anti-mafia che non vede affatto di buon occhio il libro di Santoro dal titolo “Nient’altro che la verità”, che tratta le vicende del pentito di Cosa Nostra Maurizio Avola in merito agli attentati dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
I veri mandanti degli attentati dell’estate 1992, il presunto coinvolgimento della politica, l’incessante e mai risolta questione della trattativa Stato-Mafia: insomma, i temi consueti di Michele Santoro vengono posti allo scanner da diversi esponenti della sinistra anti-mafia che però stavolta non giudica positivamente il lavoro del giornalista ex Samarcanda. «Avola sta demolendo molte ricostruzioni dietrologiche. I servizi segreti che intercettano la madre del magistrato, il centro d’ ascolto sul monte Pellegrino… Non c’ è stato niente del genere. Via D’ Amelio è il momento culminante di un’ azione militare a tappeto e di una caccia all’ uomo», spiega Santoro nel suo libro con però diversi elementi che non convincono appieno gli esperti in materia.
LA SINISTRA (ANTIMAFIA) CONTRO SANTORO
Oggi sul Giornale Manti e Montolli ne mettono in fila diversi, a partire dal giorno della strage di Borsellino: il pentito Avola racconta di essere stato lui a riempire di esplosivo la 126 esplosa in Via D’Amelio a Palermo ed aver attivato lui stesso da dentro un furgone l’ordigno. «Dopo aver atteso in un palazzo messo a disposizione da Giuseppe Graviano, avrebbe fatto su e giù da Palermo, finché, saputo dalle vedette che Borsellino sarebbe andato dalla madre, si sarebbe appostato dentro un furgone, da cui sarebbe poi sceso vestito da poliziotto e dato il segnale a Graviano per azionare il telecomando», si racconta nel libro di Santoro. Non torna però il dettaglio fondamentale per cui Borsellino passò dalla madre solo perché era saltata una visita il giorno prima: «I mafiosi dovevano essere certi che Borsellino arrivasse, altro che su e giù tra Catania e Palermo. Fu solo Cosa Nostra?», si chiedono al Giornale.
Altri punti non tornano poi anche nella strage di Capaci che pose fine alla vita di Giovanni Falcone, ed è la sinistra anti-mafia ad obiettare a Santoro: «è un depistaggio (che è un reato)», spiega Enrico Deaglio, così come l’ex Pm Antonino Ingroia, un tempo fedelissimo di Santoro «sono solo depistaggi». Secondo i giornalisti del Giornale, stroncando i racconti del pentito Avola fatto a Santoro, «Troppi pezzi di puzzle diversi non si incastrano, come nella migliore tradizione mafio-‘ndranghetista. Tutt’ altro che la verità. Non una nuova luce ma solo inchiostro. Nero d’ Avola».