Alessandro De Nicola, avvocato e presidente della Adam Smith Society, è intervenuto sulle colonne del quotidiano “Libero” per discutere di un argomento estremamente attuale: i licenziamenti, a suo dire non pericolosi e necessari, anche se, per mutuare la sua stessa espressione, è “troppo semplicistico buttarla giù così. Qualcuno si è reso conto che nell’anno e passa del decreto blocca licenziamenti sono sfumati centinaia di migliaia di posti di lavoro?”. Impossibile, su questo punto, dargli torto: quasi 900mila italiani sono rimasti a casa e in gran parte dei casi si trattava di personale precario.
Non solo: a guardare bene i dati, sottolinea De Nicola, salta fuori che è stata fatta “un’operazione sulle spalle dei più deboli, per di più di dubbia giustizia sociale. E, soprattutto, inefficiente pure dal punto di vista delle aziende. Magari le imprese avrebbero avuto bisogno di confermare i più giovani. Ma vincolate a rispettare i contratti hanno rinunciato agli unici che potevano tagliare”. Torniamo dunque al discorso precedente: a essere lasciati a casa sono stati precari, contrattisti a tempo e lavoratori atipici, soggetti privi di garanzie già prima della pandemia e con ancor meno certezze adesso.
“LICENZIAMENTI NON SONO PERICOLOSI, CI STIAMO FACENDO SOLTANTO DEL MALE”
Alessandro De Nicola, sulla tematica licenziamenti, ha rivelato ai lettori di “Libero” che continuare a
rinviare decisioni già prese serva unicamente a fare del male alla società, in quanto, nel frattempo, sono cambiate le condizioni generali. A suo dire, le dinamiche del lavoro sono le stesse in tutto il resto del mondo e in nessuna parte del globo si è pensato di bloccare per decreto i licenziamenti: semmai, si è immaginato come prepararsi alla ripresa.
“Ma prima o poi i conti con la realtà andranno fatti anche in Italia – ha aggiunto –. È inevitabile. Banca d’Italia, OCSE e Commissione sono unanimi nel ritenere che un blocco prolungato è controproducente
per imprese e occupazione”. Urge allora mutare approccio: non c’è da tamponare l’emergenza, ma da predisporre un sistema che possa intercettare la ripresa che sarà importante. Nei prossimi 12 mesi si stima una crescita vicina al 5% del Pil. Ovvio, “l’impatto sociale ci sarà. Però abbiamo sempre il paracadute della Cig e dei contratti che favoriscono il pre-pensionamento e potremmo sfruttare
i prossimi 12 mesi proprio per tarare il sistema di formazione finalizzato alla ricerca di un lavoro”.